Racconto di Roberta La Placa

(quarta pubblicazione – 18 settembre 2020)

 

Il calendario, appeso al muro nella casa di Francesca, è rimasto fermo al mese di marzo con cuoricini che cerchiano le date del sei, sette, otto, disegnati con un pennarello rosso.  Lo aveva fatto appena era tornata a casa con il profumo addosso della promessa fatta da Giorgio, dopo l’ennesimo incontro a fine giornata in una pensione modesta con la tappezzeria a fiori sui muri, a pochi minuti a piedi dalla libreria dove lavorava e cinque minuti in macchina dall’ospedale dove Giorgio svolgeva la sua professione come virologo.

“L’aiuto io signorina”, disse Giorgio allungando la sua mano sinistra con un cerchietto d’oro nell’anulare. Francesca sorrise imbarazzata a quell’uomo con qualche filo grigio tra i capelli neri e rughe sparse su un viso ben curato, mentre cercava di rimettere in piedi l’albero di Natale con il quale una cliente si era scontrata.

“Grazie non ce l’avrei fatta da sola. Posso aiutarla per i suoi acquisti?”, si offrì Francesca.

“Vorrei due libri per i miei figli, di dieci e sette anni”.

“Venga con me, le faccio un pacchetto regalo”, disse Francesca recandosi alle casse con i libri in mano, rivolgendo un vago sorriso di scuse agli altri clienti che aspettavano in coda il loro turno.

Lo guardò andare via con passo indeciso e vide il viso girarsi all’uscita verso di lei. Le sorrise.

Ritrovò quel sorriso ad aspettarla mentre abbassava la saracinesca della libreria con la stanchezza addosso di tanti scontrini battuti e fiocchi argentati stretti intorno a carta luccicante rossa.

“Posso darti un passaggio in macchina fino a casa?”, chiese Giorgio dopo essersi presentato

“Abito a Sestri Levante. Ho il treno tra venti minuti”, rispose Francesca mentre il rossore abbracciava le sue guance.

“Ti ci porto io. Devo solo fare una telefonata”, disse dopo essersi allontanato di qualche metro per non farsi sentire. “Cucciolo mio, sono ancora in ospedale, devo terminare alcune questioni, cosi ci godremo in tranquillità le vacanze natalizie a Zanzibar. Sarò a casa prima di mezzanotte per aprire i regali insieme ai bambini”.

Quel bacio sotto casa con il mare davanti al finestrino della macchina, dopo cinquanta chilometri in un’autostrada vuota, un bicchiere di vino bevuto all’autogrill, con lo stupore nel cuore.  Francesca stringeva forte la mano di lui, mentre gustava la morbidezza delle sue labbra e quel profumo di menta e sigaretta. “Siamo separati in casa, abbiamo scelto questa soluzione per i bambini ancora piccoli. Non facciamo più l’amore da tanto tempo”, si giustificò quando sentì la mano di Francesca premere sulla fede, mentre accarezzava i ricci freschi di lei lunghi fino alle spalle, la pelle liscia priva ancora dei segni del tempo e il seno alto e sodo.

“Francesca che ti succede? Sei cosi distratta da quando sei ritornata al lavoro dopo Santo Stefano”, chiedeva Gabriella, la direttrice della libreria, quando iniziò a notare la distrazione di Francesca, lo sguardo triste, le mani nervose e i clienti bisognosi di consigli che aspettavano troppo a lungo. Francesca non rispondeva. I suoi occhi fissi sulla porta d’ingresso. Giorgio non le aveva chiesto il numero di telefono e lei stordita dagli occhi nocciola, le fossette che apparivano sulle guance ogni volta che sorrideva, si era dimenticata di chiederglielo convinta che l’avrebbe rivisto subito dopo Natale.  Invece dovette aspettare fino al giorno dopo la Befana, quando sentì la sua mano dalle unghie ben curate appoggiarsi sulla sua spalla sottile, mentre abbassava la saracinesca. Giorgio era tornato al lavoro in ospedale dopo le vacanze.

A Sestri Levante non l’accompagnò più, la portava alla stazione del treno dopo aver fatto l’amore inizialmente nella sua ampia macchina con i sedili di pelle nera morbida come il petalo di una rosa, e poi nella camera d’albergo della pensione. Francesca viveva per quei momenti e faceva finta di non accorgersi di Giorgio che guardava nervosamente l’orologio quando erano insieme.

“Non cercarmi più”, provava a dire Francesca che voleva più ore, giorni, settimane, mesi e anni con Giorgio. “I miei figli non vanno a dormire fino a quando non torno a casa” tentava di giustificarsi Giorgio. Rassicurava Francesca continuando a ripetere che dormivano in camere separate e presto avrebbero iniziato le pratiche per la separazione.

“Ho un congresso a Catania. Sarebbe bello se tu mi raggiungessi per il weekend. E poi torniamo insieme Domenica 8 marzo. C’è il volo diretto da Genova”, disse Giorgio tutto di un fiato. Francesca strabuzzò i suoi occhi grandi verdi come il prato, disse “si”, abbracciando Giorgio felice per quella promessa.

Di giorno dal lunedì al venerdì Giorgio scriveva messaggi d’amore a Francesca. Di sera dava amore a sua moglie e ai suoi figli.  Francesca gli aveva inviato un messaggio una domenica mattina con scritto “Mi manchi”, mentre gustava un Prosecco con Alice, sua amica fino ai tempi dell’asilo, in un bar vista mare. “Francesca mia mamma dice sempre che gli uomini sposati mentono quando dicono che non fanno l’amore, anzi lo fanno di più per non destare sospetti”.

“Tua mamma sbaglia, io credo a Giorgio. Si stanno separando”

“Bene. Dai scrivigli”, incitò Alice.

Francesca ricordava il viso di Giorgio adirato, la bocca che si spalancava a dismisura mentre diceva “Non permetterti mai più di scrivermi nei weekend o di sera. I miei figli giocano con il mio cellulare. Amore mio, presto passeremo un weekend insieme e sarà bellissimo”.

Ai primi di marzo il congresso fu annullato. Un vento infetto arrivato dalla Cina, soffiava da fine febbraio inizialmente in alcuni luoghi della Lombardia e del Veneto e poi si allargò in tutta Italia. Il Primo Ministro Conte chiudeva l’Italia, i negozi, le scuole, gli uffici vietando alle persone di uscire di casa. Si poteva uscire solo per la spesa. La libreria era chiusa, Francesca trascorreva le giornate a casa a Sestri Levante a riempirsi gli occhi di mare dalla finestra di casa con Giorgio nella sua testa, sempre. Gli mancava come a un bimbo manca il suo ciuccio. “Tesoro mio, mi manchi e sei nei miei pensieri. Ti prometto che quando passerà questo virus, andremo a vivere insieme. Ho già parlato con mia moglie. Ti chiedo di aspettarmi”, la rassicurava Giorgio in un messaggio tra i tanti che le inviava sempre e solo di giorno.

I giornalisti, a caccia di virologi, iniziarono a cercarlo con insistenza per farlo partecipare a ogni trasmissione.  I collegamenti erano dal suo ufficio in ospedale, e da casa se erano per i telegiornali nelle ore serali. Francesca stava attaccata alla televisione, le tremava il cuore ad ascoltare quella voce preoccupata per il propagarsi del virus, la stessa che con lei aveva parlato d’amore.

E arrivò quella sera dei primi di maggio, l’edizione delle undici del telegiornale aveva vinto sul sonno di Francesca. Mentre Giorgio parlava in diretta dalla sua scrivania in mezzo al salotto di casa sua, Francesca vide la moglie incinta passare sullo sfondo.