Racconto di Marinella Giuni

(Pubblicazione 18 ottobre 2019)

 

 

A volte mi scappa di non essere convenzionale e, di conseguenza, nemmeno il mio letto lo è. Non può essere diversamente.

Nel senso che laddove a molti un incipit come “Il letto racconta” può, magari ,far pensare a passioni, grovigli umani grondanti liquidi corporali e tripudio dei sensi, insonnia o malattia o che barba che noia.. a me no. Non mi viene in mente nulla di ciò.

Io e il mio letto sfuggiamo a tutto, anche agli spunti più maliziosi: noi andiamo oltre.

A meno che un contest letterario specifico non ci richieda dettagli!

Il letto racconta: uhm.

Bene, mi spremo le meningi.

Intanto il mio letto la sa lunga riguardo alle mie capacità di stiratrice.  Già quando stendo le lenzuola devo essere assistita; altrimenti o volo giù dal balcone o me le ritrovo talmente spiegazzate che poi nessuno riesce più a stirarle.

Anche se io ho Manuela! Che, fatto salvo quando si chiude fuori di casa e deve chiamare i Vigili del Fuoco, stira alla perfezione.

Ma quando lo faccio io la faccenda si complica. Le lenzuola presentano pieghe che, ovviamente, non si formano dove metti i piedi, che sarebbe tollerabile. No; si formano proprio dove si adagiano le parti più delicate.

Insomma, per farla breve, se fossi un tipo come la Principessa sul Pisello morirei per le piaghe da decubito.

E poi “ Il letto racconta” ha tanti altri richiami.

Ad esempio, il letto del fiume, non ha forse nulla da raccontare?

E’ il canale del terreno dove il fiume scorre, dunque chi più di lui?

Mi ricordo un brevissimo racconto, scritto anni fa.

“Tondo, ben levigato, grigio. Così era stato trovato sulla riva del fiume. Per anni aveva giocato con i pesci del fondo, aveva riflesso la luce, aveva giocato con i sassi più grandi.

Un’improvvisa piena lo aveva condotto in un lungo viaggio, tra sabbia, piccoli occhi sconosciuti, portandolo sino ad un prato fitto di fili d’erba e margherite, che gli facevano l’occhiolino.

Così una mano bambina lo avevo trovato, pesato, valutato e con gesto preciso lo aveva fatto saltellare roteando sullo specchio d’acqua.

I pesci boccheggiarono parole di benvenuto e la sabbia del fondo non fu più così grigia”.

Se abbiamo la fortuna di avere un letto contenitore, poi, le storie da raccontare sono molte di più.

La trapunta, ogni anno, si lamenta perché la schiaccio sempre troppo in fondo e poi l’anno dopo non ne vuole sapere di uscire.

Per non parlare dello zaino.

Nel momento in cui si è messo l’anima in pace e sa che nemmeno quest’anno uscirà, avendogli io preferito il mare o la piscina, ecco che il destino mi porta in montagna e quindi dopo mesi di ritiro al buio, si ritrova sbattuto sul balcone in pieno sole a prendere aria.

Ma è questione di poche ore, lo attende una nuova destinazione.

Altra casa, altra storia e, soprattutto, un altro letto!