Racconto di Daniela Carmagnola
RaccontiConFotografia
Spesso una foto è solo una foto, in alcuni istanti una fotografia diventa tutto. Osservo il fuoco, si sfumano i ricordi nella mente, mi ci metto lì davanti. Le mani si scaldano, il corpo ne beneficia. I ricordi mi fanno sorridere: il raccogliere insieme la legna, spaccarla, sistemarla, amarsi. Momenti che non bruceranno mai, che il fuoco della stufa ravviva ogni volta viene accesa.
I ricordi insistenti, il crepitio della legna fitto e continuo.
Quando il caldo dalle mani passa al corpo, continuo a stare lì davanti e ne apprezzo il calore che si diffonde in ogni parte di esso. La sensazione sembra banale ma è magnifica e profonda.
Sto lì ancora, non mi sposto, di nuovo il caldo si irradia di più ancora, sempre più all’interno e la sfera dei ricordi aumenta il suo raggio.
Ancora lo faccio come facevamo: recupero i rami secchi per accendere la stufa, li spezzo ad uno ad uno e rivedo le sue mani forti e sicure; li unisco e li sistemo nella cesta e sento la sua mano sul viso. Il calore della legna che brucia si propaga fin dentro le ossa.
Sposto la legna da una parte all’altra della casetta che abbiamo costruito insieme, affinché prenda aria e, negli istanti di difficoltà nel farlo, sembra quasi che una forza che, forse è solo una mia immaginazione, mi aiuti a farlo con la massima facilità.
Ogni tanto mi fermo, osservo quei ceppi. Sono stanca. No, semplicemente lo ricordo e sorrido.
Lo ricordo nella sua forza che aveva nel sollevare me e i grossi pezzi di legna per farmi ridere e non sentire la fatica.
Ritorno alla stufa, apro lo sportello, metto ancora qualche pezzo di legna e sto lì.
Ascolto quel crepitio che ancora sprigiona sempre più caldo e continuo a sorridere stando lì ferma davanti, questa volta a sentirne il profumo. Già il caldo della legna profuma di affetto, che sfiora la pelle come un tenero abbraccio, quel tenero abbraccio che nei miei momenti di paura mi diceva: anche quando verrò a mancare, ci sarò sempre ogni volta che la accenderai e scalderà, lo sentirai, lo ricorderai e ce la farai.
Torno alla casetta, continuo a sistemare la legna incrociandola in modo che si crei un muretto sicuro e la catasta non crolli. Mischio i pezzi in modo da averne grossi e piccoli affinché il fuoco rimanga sempre vivo durando un po’ più a lungo nel loro bruciare.
“Non ti stanchi!” mi viene chiesto.
“Sì” rispondo.
“Perché lo fai?” mi viene chiesto ancora.
”Ricordo” mi limito a dire.
Continuo nel mio sistemare, fare e rifare che fa bene al ricordare, per me buona base sulla quale poggiare il presente. Continuo così finché la stanchezza non mi dice basta e torno a mettere la legna nella stufa e il caldo ormai ha raggiunto ogni angolo della stanza. In questo modo riempio anche quel tempo che a volte sa di nostalgia perché la sua assenza, più il tempo passa, più si fa grande e riempirlo con ricordi di cuore incoraggiano il mio benessere e torno a stare bene.
Non mi stancherò mai di fare tutto ciò. In diversi momenti della stagione fredda, dedico una parte della giornata a raccogliere, ad accatastare, a sistemare la legna per continuare a scaldare quel mio guscio nella quale trovo la sicurezza che a volte mi manca. Potrebbe sembrare banale, ma quel caldo che rievoca alcuni nostri istanti di felicità insieme, mi fa ritrovare le mie certezze.
Certo che la necessità ti porta a saper fare tutto, ad arrangiarti in tutto, a riuscire in tutto; ma l’essermi immaginata e impostata una vita fatta per stare accanto a colui che ho scelto e che mi scelta, e che ora non c’è più, mi fa cercare un pretesto affinché ciò si ricrei nel mio procedere giornaliero. Così fotografo questo angolo di casa che scalda dentro e fuori di me facendo rivivere ciò che esalta il mio benessere.
Scalda i giorni, scalda il freddo che agli 800 metri di quota abita per diversi mesi l’anno il mio piccolo paesino, scalda quel mio corpo che a volte soffre la mancanza del calore del contatto dato dai nostri corpi. Ogni volta la fotografia della mia piccola stufa mi fa vedere e rivivere particolari e istanti diversi sui quali imposto stabilità ed equilibrio.
Quel calore che a volte sa di dolce del vino frizzante del bicchiere di rosso; quel calore che in altri momenti sa di fresco del bianco fermo gustato con gli spiedini di pesce; quel calore che sa di ricordo di noi davanti alla stufa.
Finisco di sistemare la legna perché il lavoro fatto mi stanchi e mi soddisfi allo stesso tempo. Rimango soddisfatta della quantità di legna recuperata e lo sarebbe anche lui, sufficiente per scaldare casa durante tutto il periodo di freddo. Di nuovo torno alla mia stufa e d’istinto aggiungo ancora qualche piccolo ceppo affinché si ravvivi il fuoco, perché quel fuoco sa di vita. Per qualche istante rimango accovacciata davanti allo sportello in vetro finché non rivedo nuovamente il fuoco che torna a scaldarmi la faccia e fa tornare il sorriso sul mio viso, pensandolo.
Mi rialzo, mi volto, incrocio le mani dietro la schiena, come era sua abitudine fare, e lo sento quasi lì accanto a me.
Non so per quanto tempo io stia lì ferma, già perché in quegli istanti mi perdo talmente tanto in me stessa, istanti fatti di noi, che nemmeno mi rendo conto del suo trascorrere. Mi piace e sto lì, in piedi, ferma, immobile.
La stufa torna a scaldare, il telefono mi avvisa dell’arrivo di un messaggio:
“Nei prossimi giorni ti porto un carico di legna piccola che ho tenuto da parte per la tua piccola stufa”. Sorrido e immediatamente ringrazio quel caro suo amico rimasto gentile con me.
Torno a sistemare gli ultimi pezzi di legna rimasti a terra in giardino e constato che c’è ancora un poco di spazio per quella che mi verrà portata.
Mi direbbe: “Hai fatto proprio un ottimo lavoro”.
Alzo lo sguardo al cielo. Grazie gli dico con un sorriso.
Torno alla mia stufa, il fuoco è ancora attivo: è proprio bello caldo.
Controllo il termometro posto all’ingresso: ci sono 25°C.
Direi che si sta fin troppo bene.
-°-
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