Racconto di Liliana Vastano

(21 febbraio 2021)

 

 

 

Abitava in un basso situato nel grande cortile dell’antico palazzo Termini di via Pasquale Scura dove vivevo io negli anni Cinquanta. All’epoca avevo otto anni e frequentavo la terza elementare presso la Scuola De Amicis che distava pochi minuti da casa. Via Pasquale Scura era il primo tratto della famosa Spaccanapoli che attraversava sia i Quartieri Spagnoli che Montesanto, abitati da una varia umanità molto “folkloristica” ragion per cui mia madre mi accompagnava a scuola ogni mattina e veniva a riprendermi alle dodici e trenta. Fu proprio rientrando dalla scuola che la vidi per la prima volta: stava fuori casa e sistemava le ultime cose che un furgone aveva scaricato poco prima e che noi avevamo incrociato all’ingresso del grande portone. Era alta, capelli corti biondissimi, occhi chiari bistrati, labbra rosso vermiglio, un seno enorme. Io quasi m’incantai nel vederla tant’è che mia madre dovette strattonarmi per condurmi verso le scale di casa. Fu amore a prima vista. Qualche giorno dopo seppi da un amichetto di scuola del secondo piano del mio stesso palazzo che si chiamava Marilyn come quell’attrice americana che si vedeva spesso sui manifesti pubblicitari del Cinema Ariston. Fin quando durò la scuola la incontrai poche volte, scoprii, però, che la mia stanza da letto affacciava proprio sul lato del cortile dove c’era il suo basso così, ogni tanto, davo una sbirciatina. Mi sentivo molto attratto, non avevo mai visto una donna così. La maestra, la mamma e le sue amiche avevano tutte un viso al naturale, acqua e sapone, i capelli erano scuri, legati a coda di cavallo o fermati con un frontino, e poi erano magre e non indossavano vestiti attillati. In poche parole, nel mio piccolo mondo di allora, Marilyn non solo era la più bella di tutte ma aveva un qualcosa in più che non vi saprei spiegare. La sognavo spesso: a volte la maestra aveva il suo volto, addirittura vedevo lei al posto di mia madre quando andavamo ai giardinetti oppure la vedevo accanto a me quando stentavo a fare i compiti. Finita la scuola, andando frequentemente in cortile a giocare con gli amichetti, ebbi modo di vederla più spesso e anche di parlarle perché, di tanto in tanto, ci regalava dei biscotti buonissimi che preparava lei oppure comprava i ghiaccioli al bar di fronte per tutto il gruppetto di noi bambini. Diceva sempre che a lei sarebbe piaciuto tanto avere dei figli ma il Signore non aveva voluto Io continuavo a sognarla e mi chiedevo sempre dove andasse tutte le sere, elegante e profumata, insieme ad alcune amiche che l’spettavano appena fuori il portone. Mi sarebbe tanto piaciuto uscire con lei e andare in uno di quei bei chalet di Mergellina a prendere un bel gelato o una fetta di spumone invece dei soliti ghiaccioli del Bar Sofia. Con l’inizio del nuovo anno scolastico gli incontri si diradarono. A volte la incontravo di sfuggita quando tornavo da scuola oppure la domenica mattina quando andava anche lei alla messa delle undici di Don Pierino. Non avevo mai modo di parlarle innanzitutto perché ero sempre con mia madre e poi perché lei si fermava a parlare con tutti, teneva banco e se pure io fossi stato da solo, non avrei osato disturbarla senza contare che l’emozione mi avrebbe tolto la parola, Mi accontentavo, come sempre, di guardarla da lontano e di sognarla ogni tanto. Una domenica mattina, poco prima di Natale, andando a messa. vidi che le porte del basso erano ancora chiuse. Rimasero chiuse per tutta la giornata ed io cominciai a sentirmi preoccupato anzi, angosciato. La mattina dopo, quando scesi per andare a scuola, le porte del basso erano aperte e davanti era ferma una volante della Polizia. Mi venne un colpo al cuore e non riuscii a trattenere le lacrime. La mamma se ne accorse e mi raccontò che Marilyn, il sabato sera, aveva avuto un brutto incidente. A scuola tutti sapevano e tutti erano assai tristi perché lei era molto conosciuta nel quartiere e tutti le volevano bene. Le esequie si tennero dopo qualche giorno nella Chiesa dei Pellegrini stracolma di fiori e tutta Spaccananapoli, dai Quartieri a Forcella, vi partecipò. Sui manifesti funebri, affissi un po’ dappertutto, c’era scritto: Mario Esposito detta Marilyn. Fu il primo grande dolore della mia vita. Non vi nascondo che ancora oggi, dopo tanti anni, ancora mi ricordo di lei e quando porto in giro per Spaccanapoli amici forestieri arrivo fin su, a Via Pasquale Scura ed entro nel cortile di Palazzo Termini dove c’è ancora il basso di Marilyn che è uscita un attimo a comprare i ghiaccioli al Bar Sofia ma tornerà presto.