Racconto di Kenji Albani
(terza pubblicazione – 18 maggio 2020)
Patrick era un professionista nel suo lavoro. A lui non piaceva fare gli shooting in studio, lui andava in giro in motorino a cercare le star. Era stato lui a fotografare per primo Melita Toniolo con il pancione oltre che l’ultima fiamma di Vittorio Sgarbi. Aveva un fiuto, un sesto senso, per dove i VIP si trovavano. Bastava conoscere i ristoranti più in e aspettare. Alle volte non amava attendere troppo e abbandonava la postazione; era sicuro che rimanere lì sarebbe stato infruttuoso. Una volta all’anno andava a Sanremo per il Festival e i colleghi che perdevano tempo a scrivere di guerre, crisi economiche e colpi di stato lo bollavano con una parola.
Paparazzo.
Secondo loro era dispregiativo, per Patrick era uno stile di vita. Era orgoglioso che i fratelli Vanzina avessero fatto un film su quella professione voyeuristica. Perché poi, la gente, voleva sapere. Sapere, sapere, sapere. Per Patrick sarebbe stato un colpaccio fotografare Lady Diana agonizzante in quel tunnel di Parigi o Jackie Kennedy che prende il sole nuda, ma finora si era dovuto accontentare di foto rubate a Flavio Briatore sul suo yacht ed Emilio Fede che cercava di fondare un movimento politico.
Era ambizioso, Patrick.
Ma adesso c’era il Coronavirus. Per legge, la professione di Patrick era sospesa. Tutti volevano sapere dell’epidemia, della pandemia, mentre delle ultime veline di Striscia la notizia o della fuga in Francia del Cavaliere nessuno era interessato. Patrick era frustrato. Per sfogarsi guardava i programmi Mediaset e sfogliava le riviste scandalistiche. La De Lellis, i tronisti, gli attori famosi per essere comparsi in un film a luci rosse… Prima del lockdown aveva in programma di andare a Budapest con l’obiettivo di paparazzare i figli di Rocco Siffredi, ma si era dovuto fermare. Chissà cosa stavano facendo quei giovani rampolli del pornodivo… Patrick avrebbe voluto sapere. Per ingannare il tempo si consumava gli occhi sulle foto di Gerry Scotti nudo e le ricette proposte dall’ennesimo tabloid, ma non leggeva mai nulla. Secondo Patrick contavano solo le immagini e leggere più di tre righe gli faceva lacrimare gli occhi.
Nell’ennesimo giorno di chiusura, Patrick guardava una rivista e si stava dicendo: «Devo dare una spolverata alla mia Nikon. È lì da troppo tempo, è quasi ricoperta di ragnatele…». Ma poi trasalì.
Corona.
La rivista diceva che il suo beniamino, il suo ispiratore! Fabrizio Corona, era stato denunciato perché aveva portato in casa sua il personal trainer che in tempi normali lo seguiva in palestra.
Non era possibile.
Patrick ebbe un moto di frustrazione ancora più forte. Corona sì, lui no?
Allora Patrick decise. Gettò sul divano la rivista, prese un pezzo di microfibra con cui ripulì la Nikon dalle ragnatele e raccolse il casco. Di lì a poco uscì di casa e disse: «Il paparazzo sta tornando».
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