Racconto di Maria Francesca Cantacessi
(5 gennaio 2021)

 

La notte della Befana era per me la notte più lunga. La mamma mi mandava presto a letto e mi raccomandava di dormire, perché se non l’avessi fatto, la Befana sarebbe passata dritto senza fermarsi a casa e non mi avrebbe portato nessun dono. Io cercavo di dormire anche se ero molto emozionata, ma la curiosità mi toglieva il sonno.
Avrei voluto incontrare quella vecchina coraggiosa e forte che, nella notte più fredda dell’anno, a cavallo di una scopa volava nei cieli con un sacco magico e pieno di doni e giocattoli, per esaudire i desideri di tutti i bambini del mondo.
A quei tempi i giocattoli erano un lusso, almeno per chi, come me, apparteneva ad una famiglia modesta. I giocattoli potevamo permetterceli solo in quella unica notte magica e solo grazie alla coraggiosa e forte nonnina.
La mamma però, in quella notte, spariva ed io mi chiedevo se non fosse “quello” il prezzo da pagare per ricevere i regali. Lei mi raccontava che la Befana portava i doni solo ai bambini buoni; solo chi avesse conservato il cuore puro e innocente avrebbe potuto vederla nel giorno in cui sarebbe diventato adulto.
La notte era lunga e il sonno tardava a venire, quante volte nel letto della mia piccola cameretta immaginavo la vecchina forzuta e severa che andava in giro di notte!
Quello che mi affascinava di più era il mistero che scendeva in casa in quella fatidica notte! “Metti i biscotti e un bicchiere di latte, che la vecchina arriverà stanca e infreddolita!” mi diceva mio padre. Fingevo, così, di chiudere gli occhi nella speranza di sentirla arrivare! Durante la lunga la notte mi assalivano dubbi atroci: – Mi avrebbe regalato quello che avevo tanto desiderato? Ero stata abbastanza buona? Se mi avesse portato cenere e carbone? Se si fosse accorta che non riuscivo a dormire e fosse volata via lontano? –
Stremata dalla tensione cadevo, così, in un sonno profondo e sognavo… sognavo la sala da pranzo calda, luminosa e piena di zucchero filato, con tanti dolciumi, cioccolata. Quella bambola che parlava e muoveva la bocca, che tanto avevo desiderato, era lì sul tavolo ed io ero felice. Aprivo gli occhi ed era già mattino e in pigiama correvo a guardare se LEI fosse passata da casa. Ogni volta trovavo il viso rassicurante di mia madre sorridente, l’abbracciavo forte e ogni anno i miei desideri venivano esauditi; scartavo il pacco dove c’era il mio giocattolo preferito, a volte accompagnato da pezzettini di carbone dolce, perché forse quell’anno tanto buona non lo ero stata!
Quella felicità pura, incosciente, spensierata, forse non l’avrei più ritrovata durante il corso della mia vita.
Cara Befana portami tanta felicità, come quelle mattine in cui mi bastava poco per amare la vita.