Racconto di Mike Papa

 

 

Fino a pochi giorni fa non avrei confessato neanche a me stesso quello che sto per dire.

Alla soglia dei cinquanta, se mi guardo indietro, vedo una vita tutto sommato regolare, senza nessuna traccia di quella follia che si è impadronita di me da qualche tempo.

Perché di questo si tratta: follia.

Sono il primo ad ammetterlo.

Ma andiamo per ordine.

 

Vado a prendere mio figlio Davide all’uscita da scuola. Non è una cosa che mi capita spesso, di solito se ne occupa Adelaide, ma quel giorno…

Non mi ricordo… impegni extra…

Non è questo l’importante.

L’importante, invece, è che mentre aspetto in macchina mi sciamano davanti gli studenti di terza media.

Quanto avranno? Tredici anni… quattordici, al massimo…

Comincio a pensare a come sia bella quell’età, nessun problema, nessuna responsabilità se non quella di portare a casa bei voti. Le prime cotte, le prime piccole guerre di indipendenza…

È ancora fine aprile, ma già fa un caldo estivo.

Le studentesse che mi passano davanti hanno abiti leggeri, gonne corte e magliette quasi inesistenti.

La pelle scoperta è liscia, vellutata.

Invitante.

Eccitante.

Mi sorprendo a fissare una ragazzina alla fermata dell’autobus, mi ritrovo a immaginare come sarebbe averla nel mio letto, nuda, in totale sottomissione.

Ho un accenno di erezione.

Sdogano la cosa come una momentanea perdita di ragione.

Magari dovuta al caldo.

 

Quella notte faccio l’amore con Adelaide. Dopo quindici anni di matrimonio la passione è un po’ andata, devo ammetterlo.

Mentre sono dentro di lei mi torna in mente la ragazza alla fermata dell’autobus. La mia eccitazione cresce. Immagino di avere lei, sotto di me, e spingo, spingo come un forsennato. Mia moglie ha un orgasmo come penso non abbia avuto da chissà quanto. Anch’io godo come non mai. Ma non con Adelaide.

Con la ragazzina della fermata.

Che potrebbe essere mia figlia.

 

L’indomani mi offro volontario per andare a prendere Davide.

Adelaide non trova nulla da ridire, anzi…

Ancora quelle studentesse discinte. Ancora l’erezione.

Devo fare qualcosa o ne verrò fuori pazzo.

 

Passa qualche giorno.

Mi apposto con la Volvo vicino alla fermata dell’autobus, un po’ defilato ma con una buona visuale.

Vedo mia moglie davanti alla scuola dentro la Ritmo che aspetta Davide, gli occhi fissi sul telefonino.

Cosa diamine avrà da chattare?

Dopo il suono della campanella la fermata si riempie di ragazze. Una in particolare attrae la mia attenzione. Non so se sia la stessa dell’altra volta, potrebbe essere, ma non importa.

La pelle esposta è qualcosa di paradisiaco.

Mi masturbo senza ritegno guardandola, immaginandomela in pose oscene.

L’eiaculazione è violenta e appagante.

 

Di nuovo in quello che ormai chiamo “il mio appostamento di caccia”.

Sono mancato una settimana, il lavoro non mi ha lasciato tempo libero, ma niente è cambiato.

La ragazza è sempre lì.

Sempre più bella.

Sempre più invitante.

Decido che è tempo di passare a una fase successiva.

Seguo la corriera e poi lei, quando scende.

Percorre un centinaio di metri prima di infilarsi in un portone.

Non sono molti, ma me li dovrò far bastare.

 

Ci sono riuscito!

L’ho convinta a salire in macchina.

Mi è sembrato che non aspettasse altro, forse non sono passato inosservato, mentre la spiavo.

Si è invaghita di me.

Questo mi piace pensare.

Adesso siamo qui, nella cascina semi diroccata che era di mio nonno.

Ho dovuto legarla e imbavagliarla, ha fatto la ritrosetta, di sicuro vuole farsi desiderare, come ogni troia che si rispetti.

Confido che tra non molto questi accorgimenti non serviranno più.

Mente mi spoglio ho l’illuminazione: non si tratta di follia.

Si tratta di amore.

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