Racconto di Margherita Adduci

(Prima pubblicazione – 28 marzo 2020)

 

Non ci si abbraccia più, non ci si bacia, non ci s’incontra.

È arrivato un tremendo virus dalla Cina per poi spargersi per il mondo e soprattutto in Italia.

Il governo ci invita a stare in casa. Si riscoprono le stanze della propria casa. Io sto in affitto nella casa di Pina, la più cara amica di mamma. Ci hanno abitato i suoi genitori Antonio e Livia, persone semplici e buone; sento delle volte il loro spirito aleggiare mentre mi muovo per la casa, come se mi proteggessero e fossero felici che ci sia io qui ora. Pina spesso mi dà ottime marmellate di frutta. Pochi giorni fa, quando era ancora possibile muoversi, Pietro, il marito di Pina, è venuto a sistemare l’orto con la sua solita pazienza, il suo solito cuore sincero e spontaneo.

Nel mio orto sono nate, timide e coraggiose, le margherite, lì in mezzo alle calendule. Sono spuntate fuori all’improvviso e in mezzo a questo dolore tosto di questi giorni, mi danno speranza e luce, come se mi invitassero a sentirmi, a stare dentro le mie emozioni ed anche a imparare a volermi un po’ di bene.

Mio padre non cammina più.

Si chiama Leonardo. Ci siamo fatti la guerra una vita e ora ci sentiamo con le videochiamate, lui mi fa ridere, il suo cinismo che mi ha sempre dato fastidio è diventato la mia stampella, il mio modo di guardare le cose con una certa ironia ed anche una certa distanza.

Papà si fa arrivare le cose dalla Calabria, il suo paese di origine: salsicce, olio, peperoncino.

Anche di questi periodi… sentendo la sua terra vicina anche da lontano.

Ora ha una badante, Gabriela, una donna massiccia e buona che cucina ottimi manicaretti, gli fa la barba e lo tiene pulito.

Lui la chiama Madame ma a volte si incazza e litigano un po’ per poi fare pace. Gabriela fa tante battute, come mio padre e insieme sanno anche ridere fortemente della vita, anche ora, anche in mezzo a tutte le notizie tristi attuali del telegiornale.

Mamma sta sotto, in un appartamento sotto.

Mamma è sempre contornata di giovani nipoti che mettono Mtv a palla ma ora non possono andare a trovarla. Ha bellissimi occhi chiari mia madre ed una paura che si fa forza e diviene coraggio.

Papà ha anche l’ossigeno e il catetere ma non perde la voglia di ridere e scherzare e mi insegna tanto questo suo modo di fare, questa resilienza da anziano calabrese che ha vissuto tante e più situazioni diverse.

Mi sento a volte un dolore tosto nello stomaco, quando vado per comprare il pane o le medicine e stanno tutti bardati con le mascherine, compresa io.

Mi sento che non respiro più, che mi sento in prigione che mi vorrei mettere di nuovo in mezzo alla gente a vedere i sorrisi e abbracciare un‘amica.

Ma penso al sogno che feci con mia nonna Adalgisa dove io le chiedevo: “Nonna che cosa devo fare? “

E lei mi rispondeva: “Piano, piano, adagio adagio “

Sono a casa e cerco di stare bene con me stessa, di farmi piacere chi sono, di convivere bene con i miei sogni e con i miei desideri.

Alessandro, l’uomo che ho affianco è in ferie forzate, si occupa di tante cose a casa ed è sempre pronto a risolvere ogni tipo di incombenza. Non parla tanto ma sento la sua vicinanza, negli occhi che si incrociano, negli abbracci di ogni tanto, nell’ accoccolarci la sera vicini, per aspettare il nuovo giorno e facendolo con una flebile e costante speranza che le cose vadano meglio.

Quando tutto questo sarà finito balleremo per tanto tempo, tutti vicini, insieme.

Adesso nessuno si fida di nessuno, le persone hanno paura anche di guardarsi negli occhi. Dietro le mascherine a volte gli occhi sorridono timidamente nella fila per la farmacia o per il forno.