Racconto di Ambrogio Bozzarelli

(Decima pubblicazione)

 

CAPITOLO I.

Mezzogiorno. Stavo apparecchiando la tavola quando sento dei colpi che pare provengano dalla porta di casa. Mi blocco con in mano forchetta e coltello che stavo per posare accanto ai piatti.

Penso: “forse mi sono sbagliato”.

No, ecco che di nuovo sento i colpi, è un vero bussare. Poso distrattamente le posate che tenevo in mano e vado verso l’ingresso.

– Toc toc, –

Il suono è costante e sembra sempre più più forte. Osservo dallo spioncino ma non vedo nessuno.

– Toc, toc –

Apro di colpo. Nessuno. Il piccolo rettangolo di piano è vuoto se si esclude lo zerbino posto sull’uscio dell’appartamento abitato dal mio dirimpettaio.

“ Non può esser stato lui, non è tipo che fa scherzi cretini e poi dovrebbe essere stato più veloce di un fulmine per rientrare” e mentre la mente mi rammenta che lui è partito ieri ,mi aveva anche salutato, per raggiungere i suoi in Lombardia per il Natale , l’occhio mi corre subito verso le scale: il nostro è l’ultimo piano , con la scala che salendo dalla destra rispetto all’apertura della mia porta immette sul pianerottolo. Ma la rampa che scende diritta per oltre 15 stretti e alti scalini di questo antica casa di Albissola Marina è vuota, non si sentono passi, impossibile anche che sia qualcuno che poi è scappato veloce.

– Toc toc –

“Possibile?”. Mi giro velocemente verso la mia porta completamente aperta con l’anta che poggia sul corridoio dell’ingresso.

– Toc toc –

“Come .. è possibile? “mentre il mio sguardo passa dal corridoio vuoto alla porta.

– Toc toc –

Come fa… a fare questo rumore?”

– Toc toc –

Arretro di due passi, quanto mi consente il piccolo stretto ballatoio osservando con stupore, misto ad una sensazione di crescente timore la mia porta che incomprensibilmente

“ bussa da sola…”

 

CAPITOLO II

E il toc – toc continua, lento, ora quasi monotono, mi guardo in giro, un po’ sperduto come a cercare chissà quale artificio sia stato messo in atto.

– Toc-

Ma non c’è nessuno. Scuoto la testa come per scacciare un pensiero nefasto.

– Toc toc –

Poi mi decido, e mi avvicino all’anta. Il rumore viene dal centro, appena sotto lo spioncino. Un po’ meccanicamente apro, esco e subito rientro in casa, chiudo la porta con violenza.

– Toc toc-

La riapro, la richiudo. Non ho contato quante volte l’ho fatto, sicuramente tante e sempre con più rabbia e disperazione.

“ Forse è qualcosa che proviene direttamente dalla mia testa”: vagano i miei pensieri.

Ma no, il “bussare” è preciso e …sì, viene proprio dal centro della porta adesso chiusa.

Guardo nuovamente attraverso lo spioncino ma ciò che vedo è solo un pianerottolo vuoto.

Riapro la porta. Mi pare di impazzire.

– Toc toc.

Poi, d’improvviso, senza spiegarmi il perché, con l’anta aperta rientro in casa, quasi di corsa prendo gli occhiali e una lente d’ingrandimento, la più potente, 20x, e senza riflettere, mi posiziono sul pianerottolo e chiudo la porta. Con grande attenzione mi metto a ispezionarla: giusto lì, sotto lo spioncino che quasi sembra, con il suo unico occhio vetroso guardarmi beffardo.

Ho indossato gli occhiali da vista: non vedo nulla. Ma il rumore ancora continua e proviene senz’altro da quel punto, così provo anche con la lente. La tensione è tale che sono in completa apnea, quasi avessi il timore che un mio respiro possa causare una catastrofe.

E osservo e… vedo.

Un piccolissimo affarino, non so come in altro modo potrei chiamarlo, appena percettibile all’ingrandimento sommato degli occhiali e della lente, minuscolo essere dalla forma leggermente affusolata dello stesso identico color marrone rossiccio della porta, quasi come se ne facesse parte integrante o magari, penso, avrà delle capacità innate come i camaleonti. Sembra immobile ma è vivo, e vibra, millimetricamente vibra: ad ogni vibrazione fa seguito quel sordo, ora fortissimo

– Toc toc.

Ci sono proprio sopra, vicinissimo, col naso incollato alla porta. Improvvisamente mi vien da sorridere:

“ Cosa mai mai potrà vedere lui guardando attraverso la lente e gli occhiali a rovescio?”

 

CAPITOLO III

– Toc- toc-

Più lo osservo e più mi rendo che anche lui mi sta guardando.

Non ha occhi, o perlomeno non vedo in quello strano piccolissimo organismo nulla che possa darmi questa impressione , però lo sento, non chiedetemi come, ma è senz’altro così: sento che mi vede, anzi : ora mi sta osservando proprio quasi come io guardo lui.

Sembra composto di tanti piccolissimi anelli uno vicinissimo all’altro : questo perché noto sulla parte superiore del suo corpo delle sottilissime linee, appena accennate , che mi danno l’impressione di essere circolari e quindi di avvolgere tutto quel cilindretto affusolato. Ma è difficile distinguere bene perché lui continua a vibrare.

– Toc- toc.

In ogni caso non mi pare che abbia dei piedi o perlomeno delle estremità che, uscendo dalla parte inferiore o laterale del suo corpo, gli consentano uno spostamento.

“ Forse striscia, come fanno i serpenti”.

Strano: non so perché mi viene in mente questo paragone; ho sempre avuto un sentimento di ribrezzo e di repulsione verso tutti gli animali che strisciano, però sicuramente osservando questo non provo la stessa sensazione, allora perché ho pensato subito ad un serpente?

-Toc, toc.

Immobile, ma vibra.

“ Chissà come farà a stare attaccato così al legno”.

Penso, mentre mi ritraggo un attimo dalla posizione abbastanza innaturale con la quale mi ero messo ad osservare l’esserino. Ho le braccia stanche per essere stato troppo tempo immobile e schiacciato sull’anta della porta mentre tenevo ferma la piccola ma potente lente d’ingrandimento. Sento il bisogno di fare un lungo respiro, ma non vorrei mai che con un soffio o qualche movimento brusco finissi per colpire o far cadere quello, quella… ecco quella bestiolina.

– Toc, toc-

Così arretro, lentamente, silenziosamente, cercando di non sollevare il minimo spostamento d’aria.

Ed è durante questo movimento che avverto in me un certo cambiamento; dopo un iniziale atteggiamento di stupore, ben presto trasformato in un acuto senso di panico sfumato di ansietà da paura irrazionale , in quel momento , mentre, ormai distante dalla porta di un buon mezzo metro, riprendevo a respirare quasi in maniera del tutto normale, sì certamente ancora soltanto “quasi”, il mio animo era pervaso da un nuovo strano senso che, adesso, lo chiamerei di curiosità.

Toc toc.

CAPITOLO IV

– Toc ,toc-

Avevo ripreso il mio sangue freddo e la curiosità mi riportò verso la porta. Mi avvicinai con fare circospetto, quasi fossi un gatto quando punta qualche preda che vede soltanto lui.

Con la mano sinistra inforcai gli occhiali mentre con la destra, con cautela, alzavo la lente d’ingrandimento. Piano, piano, sempre con il timore di spaventare la bestiolina, riuscii ad appoggiare le braccia sull’anta e mi riposizionai in osservazione.

Tutto come la prima volta.

– Toc – toc… toc

“ Caro mio stai bussando troppo. troppo a lungo”.

Continuava , immobile, o per meglio dire, sempre fermo lì , sotto lo spioncino, ma vibrante, perché continuava a vibrare per produrre quel suo ormai interminabile e adesso persino ossessivo rumore.

Tutto era difficile, anche cercare di descrivere quello che lei, quella piccola , strana, persino forse un po’ insulsa bestiolina, stava facendo.

Quanto tempo era passato da quando era incominciata tutta questa faccenda?.

Quanto tempo era passato , poi, da quando avevo iniziato ad osservare quell’esserino con gli occhiali e la lente d’ingrandimento?

Toc— toc

Questa volta mi ritrassi bruscamente dalla porta. Così, forse, qualcosa avrebbe potuto succedere.

Toc. Toc…toc

Nulla assolutamente nulla di nuovo: tutto sempre uguale.

Mi sentii improvvisamente stanco, demotivato. Scossi la testa, e mi lascia cadere, come fossi rimasto completamente privo di forze, davanti a quella porta.

Fu solo un attimo, poi , seppur con animo sconsolato mi ripresi.

Posai occhiali e lente accanto a me, raccolsi le gambe all’indietro ponendole nella classica posizione yoga che prelude alla figura del loto, e , senza peraltro completarla, presi a fissare lo spioncino: così, da lontano, non potevo più vedere la bestiolina , ma sapevo, anzi sentivo , che era sempre sotto quel piccolo occhio vetroso.

Toc– toc._

Chiusi gli occhi e iniziai a muovere la testa al ritmo continuo impresso dalla creatura.

Toc, toc. —toc.

Strano però: seduto in quella posizione, con la mente libera da ogni suono se non quello provocato ossessivamente dalla bestiolina, adesso quel rumore mi pareva diverso.

Toc— toc…toc.

Trattenni il respiro, chissà quante altre volte lo avevo fatto senza neppure accorgermene. Ora stavo più attento.

Ma no, no, era sempre uguale, sempre toc toc pausa toc:

“Parla , dimmi qualcosa, smettila con questo assillante bussare “ avrei voluto urlarlo, ma la frase rimaneva silenziosa, chiusa nella mia mente.

Eppure, eppure sentivo che c’era qualcosa.; qualcosa di indefinibile.

Poi , meccanicamente, con gli occhi sempre chiusi e la testa sempre ciondolante, le mie labbra presero a scandire parole con voce sommessa:

“Toooc, linea

toc punto

toc punto “

Fui preso da una agitazione indescrivibile. Non bussava, la piccola bestiola! Non vibrava a casaccio! Ma comunicava: mi parlava!

“linea punto punto punto. Un alfabeto, l’alfabeto! l’alfabeto morse!”.

Tremavo tutto come colto da improvvisa fortissima febbre. Mi rimisi con fare disordinato gli occhiali, frugai nelle tasche, trassi dal portafoglio un fogliettino tutto sdrucito, presi la piccola penna che tenevo sempre a portata di mano nel taschino della camicia e con smania quasi furiosa e sempre tremante provai a decrittare e trascrivere.

Ecco : linea punto punto

B-…

e così avanti, lentamente, qualche volta tirando una riga con rabbia perché non mi pareva d’aver capito bene.

Avevo appena finito di comporre quella che forse era la decima lettera che il toc toc smise di farsi sentire .

Più nessun rumore.

Non so quanto tempo passai lì, sul pianerottolo, immobile nel silenzio a scrutare con gli occhiali e la lente dapprima sotto lo spioncino e poi in ogni più piccola parte della porta senza poter ritrovare alcun segno della piccola bestiola.

Più nessun rumore, più nessun segno di vita.

Poi, dopo qualche minuto o forse una eternità, abbassai lo sguardo sul foglietto dove avevo scarabocchiato, con diverse cancellature, quello che pensavo , credevo, di aver compreso: un dolce, tenero sorriso si aprì sul mio viso mentre gli occhi scorrevano lo scritto:

-… ..- — -. / -. .- – .- .-.. .buon natale.

-°-

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