Racconto di Ilaria Cattani

(Terza pubblicazione)

 

La stanza era in penombra nonostante la lampada a stelo illuminasse la parete color tortora nel soggiorno, e la musica dello stereo fluttuava nell’aria di quel pomeriggio autunnale, predisponendo i sensi a lasciarsi andare e a stuzzicarsi fra loro. Quello era il momento della giornata che lei preferiva, dove ad attenderla c’erano semplicemente seduttivi pensieri mescolati all’aroma di caffè. Irene era tornata a casa dal lavoro, aveva appoggiato la borsa alla sedia e stava già assaporando quella sensazione di pace che sentiva ogni volta che varcava la soglia. Subito si era liberata dei vestiti lanciandoli sul letto e aveva fatto una rinfrescante doccia facendosi scivolare   addosso l’acqua calda con dolcezza, mentre il vapore inondava il bagno come in una serata brumosa. Con i lunghi capelli rossi che sgocciolavano ancora, si era avvolta nel morbido accappatoio e aveva iniziato a ballare sentendo in quel momento una canzone che le piaceva da impazzire. Si muoveva magneticamente facendosi portare dal ritmo e ondeggiando il suo corpo snello con naturalezza.

L’aria si era presto intrisa del suo profumo preferito, speziato e un po’ maschile, così che si respirava solo la sua essenza avvolta come una carezza dalle note avvolgenti della musica. Scalza andò in cucina a prendersi un bicchiere di vino bianco e si andò poi a sdraiare sul letto in camera.

Mentre stava con gli occhi chiusi assaporando la quiete, sentì all’improvviso un rumore che la fece balzare immediatamente dal letto.   Guardinga ascoltò con attenzione ogni minimo fruscio e in punta di piedi raggiunse il soggiorno, nascondendosi dietro la libreria e aspettando, con il cuore a mille, di capire cosa stava succedendo.

Spense tutte le luci restando con il chiarore naturale del giorno che illuminava ancora le stanze, e si rese conto con certezza che qualcuno stava cercando di forzare la serratura della porta d’ingresso. Istintivamente aprì un cassetto del grande mobile vicino a lei ed estrasse la pistola che teneva nascosta là dentro, da prudente agente dell’ordine, sotto una miriade di oggetti buttati dentro alla rinfusa. Era certa che prima o poi ne avrebbe avuto bisogno e in quel preciso momento la supposizione si incastrò perfettamente con la realtà. Irene si acquattò facendosi piccola, la voce era bloccata nelle viscere e le gambe sembravano tremare dall’agitazione ma si asciugò con la manica la fronte e immobile studiò il piano d’attacco senza farsi prendere dal panico.

Dopo pochi tentativi la porta lentamente si aprì e con circospezione entrò un uomo. Giovane ma non troppo, senza dubbio un bel tipo, capelli leggermente lunghi, muscolatura da sportivo, vestito con jeans e t-shirt nera, lo sguardo sicuro di sé e l’incedere spavaldo. Non teneva niente in mano.

Irene pensò speranzosa “Beh spero di cavarmela perché è decisamente più forte di me!”. Senza emettere fiato lo tenne d’occhio da quell’angolo furtivo con l’intenzione di prenderlo alle spalle e mettere in atto il suo lucido piano. L’intruso voltò lo sguardo più volte guardandosi in giro, come se cercasse qualcosa di preciso ma aspettasse a capire dove esattamente potesse trovarlo. Si diresse lentamente verso la camera, dove la luce dell’abat-jour illuminava la parete rosso fuoco dove era appoggiato il letto. In quella camera era permessa solo la passione, aveva deciso Irene quando un giorno aveva accolto con entusiasmo l’estro di dipingerla di quella tinta accesa. La casa divenne densa di aliti trattenuti e battiti sospesi, e i passi felpati scricchiolavano lievi come impronte sulla neve.

Lui non si era ancora accorto di lei rannicchiata, allora Irene sentì che era il momento giusto per uscire dal suo nascondiglio e prenderlo di sorpresa. Quindi, con un movimento repentino, balzò alle spalle dell’uomo e lo inchiodò al muro intimandogli con la pistola puntata sulla schiena di alzare le mani appoggiandole sul muro.

“Ehi, cosa pensavi di fare impunemente a casa mia? Mi sa che ti è andata proprio male, bello mio, io sono una poliziotta e con i ladri non sono mai stata molto carina!” esclamò perentoria Irene. L’uomo provò a reagire ma il calcio della pistola conficcata nella schiena era molto convincente, quindi eseguì senza proferire parola mentre lei incominciava a tastarlo per vedere se aveva armi o arnesi pericolosi addosso. Lo fece con decisione ma molto lentamente, la mano quasi tremava, voleva fargli sentire il pathos risalire palpitante in gola.

“Cosa cercavi…soldi, gioielli, oggetti preziosi? Beh vedi un po’ adesso che sorpresa ti faccio io!!” gli intimò con tono perentorio.

Averlo in proprio potere la inebriò e la situazione si riscaldò in pochi secondi perchè mentre lo toccava si sentì improvvisamente scuotere da una sensazione elettrica, come una reazione chimica di attrazione, scaturita da quel contatto improvviso. Senza accorgersene ebbe una scossa, …e sapeva che questo per lei poteva significare solo una cosa.

Si fermò un momento, aveva bisogno di riordinare le idee ma intuì che stava per perdere il controllo, e in quegli attimi evanescenti il tempo procedeva a spasmi, come se ogni tanto inceppasse per poi riprendere. L’uomo sentiva il respiro e il profumo di lei entrargli pungente dentro le narici, si voltò per incrociare i suoi occhi provando a staccare le mani dal muro   ma lei lo fermò e gli disse “Aspetta, non muoverti, non è ora…”.

Irene decise che l’avrebbe legato per avere la possibilità di usare entrambe le mani, quindi gli intimò di portare le braccia dietro la schiena, e con un rapido gesto prese le manette che teneva nel comodino vicino e gli incrociò i polsi. Poi appoggiò sulla poltroncina la pistola.

“Siediti sul bordo del letto” gli disse col fiato corto. Lui lo fece accondiscendente mentre gli usciva un mezzo sorriso sornione. Irene d’istinto sfilò quindi la cintura dell’accappatoio e lo bendò con delicatezza scompigliandogli i capelli ondulati. L’accappatoio poi scivolò morbidamente a terra. Lei lo scrutò senza censura, sfiorandolo impercettibilmente e respirandogli vicinissimo. Risuonavano i battiti del cuore dal ritmo accelerato. Poi gli alzò la t-shirt fin sulle spalle e le sue mani cominciarono a soffermarsi su ogni parte di quel corpo che sentiva straordinariamente invitante, lasciando che quel tocco elargisse attimi di piacere. L’aria intorno a loro si faceva torbida e stimolava i sensi, e nel tempo di un battito di ciglia l’istinto animalesco si impossessò della sua mente e contagiò lui senza alcuna fatica.

Le pulsazioni di Irene cominciarono a scuotere il suo sesso e con esse il desiderio offuscò piano piano tutta la testa come una dannata sbronza. Con una mano gli afferrò i capelli facendogli inclinare la testa indietro, si mise a cavalcioni sulla sua gamba, strusciandosi e lasciando sulla pelle un’umida scia, e gli passò con desiderio le labbra sull’ogni parte del viso, mordicchiando la pelle. Lui apprezzò ed emise un gemito gutturale mentre sentiva impellente il bisogno di liberarsi dalla costrizione delle manette. Intanto le dita continuavano a scendere addosso a lui con eccitante lentezza, centimetro per centimetro, con una voluta accuratezza e meticolosità, seminando sensazioni tattili profonde che li trascinarono presto in un vortice. La bocca rifece tutto il percorso della mano, come seguendo l’itinerario misterioso di una mappa alla ricerca di un tesoro, e la pelle rispondeva con brividi sempre più intensi. Irene allora gli tolse la benda scoprendogli gli occhi, si inginocchiò davanti a lui, gli aprì il bottone dei pantaloni che implorava libertà, e con la bocca tirò giù la cerniera dei jeans, abbassando l’orlo degli slip e mantenendo sempre il contatto visivo. Aveva così fame di lui, e lo assaggiò.

Poi gli sussurrò suadente “Adesso sdraiati “. Lui si dimenava invano perché era ancora legato ma fece come gli aveva detto. Irene con un rapido movimento salì sul letto, si mise in piedi con le gambe aperte perpendicolare a lui sdraiato in mezzo, così che abbassando gli occhi incontrava quelli di lui in linea retta. Con movimenti accattivanti lei cominciò ad ancheggiare avanti e indietro al ritmo della musica che arrivava dall’altra stanza, scendendo con le ginocchia fino a sfiorare il corpo di lui per poi risalire su, più volte, in uno strategico gioco di tentazione; era così eccitata che dalle gambe aperte scendeva un rigolo bagnato. Lui aveva così sete di lei, e la bevve.

Passarono minuti incandescenti dove era palpabile la scossa adrenalinica che quella situazione inconsueta stava innescando, e dove entrambi si trovavano catapultati in quella dimensione di intrigante seduzione. Le manette stavano lasciando i segni sui polsi e quando Irene gliele tolse le mani di lui uscirono dal torpore e incominciarono finalmente libere a prenderla con ardente impeto, felici di poter irradiare la loro energia finora bloccata. L’uomo sfogò la sua ritrovata libertà e la prese con straordinaria passione, muovendosi sapientemente per toccare il suo corpo nei modi perfetti che la facevano impazzire di piacere. Lui ci sapeva fare, sapeva dove e come toccarla. Bocca e mani danzavano all’unisono, gustavano, stringevano, accarezzavano, plasmavano, accoglievano, penetravano. Lei si abbandonò a lui immersa in intense sensazioni, fluide e abissali.

Con la voce come un soffio caldo lui le sussurrò “Sei una meraviglia!”. La sua voce era da brivido e lei si sciolse felice, in balia dell’odore profumato e pungente che emanava quel desiderio intimo. Le pulsazioni carnali intanto salivano, salivano in un crescendo indomabile, fameliche di arrivare senza freni all’apice.

“Ora!!” implorò allora lei. L’uomo la strinse con veemenza ma senza farle male, la attirò con passione verso sé per entrare finalmente dentro di lei. Il ritmo era strategicamente lento e poi frenetico, ripetuto per aumentare la voglia, e induceva ad andare oltre in quell’intesa febbricitante che li attraversava come onde di uno tsunami. Irene lo accolse inarcando la schiena mentre poco dopo si tappava le labbra per attutire il gemito dirompente che le era partito come una saetta dal suo sesso per uscire esplosivo dalla bocca. Lui venne subito dopo, accasciandosi esausto sulle lenzuola stropicciate.

Dopo un po’ i respiri si calmarono e i loro corpi sudati ed esausti piano piano si ricomposero tenendosi appiccicate emozioni primordiali. Istanti di pace sospesa.

Irene si avvicinò a lui, gli appoggiò la fronte e gli disse con la voce ancora arsa “Andrea, anche stavolta sei stato superlativo!”.

“Anche te, come sempre, dolcezza!” le rispose toccandole teneramente la schiena e disegnando col dito un ghirigoro partendo dalla nuca fino al fondo schiena. Lei risentì all’istante un brivido scorrerle nelle vene. Ora, come tutte le altre volte, in quel gioco segreto che solo loro conoscevano, divertendosi nel tenere sempre accesa quella loro infinita voglia di appartenersi.

I due amanti si avvinghiarono stretti in un dolce abbraccio, rannicchiati di lato, petto contro schiena,

… e si addormentarono nella penombra rossa della stanza.