Racconto di Silvia Taccagni

(Seconda pubblicazione)

 

Si girò un po’ nel letto, sprofondando nel tepore delle coperte.
“Goditi ancora un attimo questo paradiso, mia cara, che tra poco inizia il bello” si disse mentre infilava la testa sotto il cuscino.
Ma non riuscì a rilassarsi; di lì a poco avrebbe sentito quella vocina delicata e ancora un po’ assonnata, da essere quasi impercettibile.
Infatti, dopo qualche minuto, eccola che la chiamava.
Aspettò un paio di secondi seduta sul bordo del letto, stropicciandosi gli occhi e solo dopo il terzo richiamo, quando iniziava a mugolare, entrò nella sua camera.

“Eccomi, tranquilla, sono qui” le disse.

Infilò la mano tra i cancellini del letto e le fece una carezza aggiustandole i capelli. Poi le dette un bacio sulla fronte.

“Adesso andiamo a fare colazione ma prima ci cambiamo. Sarai tutta bagnata”, le sussurrò all’orecchio. Lei le regalò uno dei suoi più bei sorrisi che le scaldò il cuore.

Erano proprio questi piccoli particolari che la riempivano di soddisfazione e che non le facevano rimpiangere di aver lasciato temporaneamente il suo lavoro per occuparsi di lei finché ce ne sarebbe stato bisogno.
Al tavolo della cucina, mentre facevano colazione, la riprese un po’, perché non aveva mangiato niente; aveva solo giocato, tuffando i biscotti nel latte.

“Guarda che se non mangi un po’ al parco non ci andiamo” le disse con tono severo. Allora lei mangiò un paio di biscotti.
Una volta arrivate al parco la lasciò vicino allo scivolo insieme agli altri e lei si sedette su una panchina. E, mentre parlava con qualche nonna ed un paio di mamme, la teneva d’occhio.

Dopo qualche ora erano di nuovo a casa. Si sedettero a tavola per il pranzo che, come al solito, non fu per niente breve, a suon di “apri la bocca che arriva l’aeroplano”. Poi si misero a giocare.

Naturalmente, lei sparse in giro tutti i suoi ninnoli, dedicandosi ad ognuno di loro per non più di cinque minuti. Quando ebbe perso interesse per ognuno di quei passatempi, la cambiò di nuovo. Adesso, pulita e profumata di talco, si appoggiò al divano e si addormentò profondamente, come se le avessero fatto un’anestesia totale.
La guardò e sorrise.

” Che meraviglia, a quell’età dormirebbero anche sui sassi” pensò.
Aveva appena finito di sistemare tutto il disordine che c’era, che lei era di nuovo sveglia. Le preparò una cena leggera ma nutriente e, dopo essersi sedute a tavola, interpretò di nuovo il ruolo del pilota di aereo mentre la imboccava.

La vide stanca, per l’intensa giornata appena trascorsa; così si sedettero sul divano a guardare in dvd quel cartone animato che lei adorava.
“Finalmente ci rilassiamo un po’” pensò.

Lei le si appoggiò addosso a dimostrazione di tutto il bene che le voleva.
Poi, dopo l’ennesimo cambio della giornata, le infilò il pigiama, quello rosa con tutti quei fiocchetti disegnati, la mise a letto, le rimboccò le coperte e le cantò quella dolcissima canzone della buona notte che sua nonna cantava a lei quando era bambina. In pochi minuti era già tra le braccia di Morfeo.

Prima di uscire dalla sua stanza, infilò di nuovo la mano tra i cancellini del letto e le accarezzò i capelli. E, mentre le baciava la fronte, le sussurrò: “Buona notte mamma. Ti voglio bene”.