Racconto di Michele Pingitore

(Terza pubblicazione)

 

Negli ultimi anni, un po’ prima del tramonto, scendeva in spiaggia con i suoi due figli. A quell’ora di solito sulla spiaggia, non c’erano molte persone. I vacanzieri al calar del sole andavano via, mentre i giovani nottambuli dei vari lidi dovevano ancora affacciarsi a quelle latitudini.

Sulla spiaggia spesso in prossimità del mare, librava in cielo un aquilone, complice il vento dello stretto, per farlo svolazzare da un punto all’altro. I suoi figli seguivano entusiasti i movimenti sinuosi in cielo dell’aquilone. Talvolta poteva fermarsi anche qualche passante, rapito da quella visione in cielo.

Una sera, l’aquilone andò a incastrarsi tra alcuni ferri sopra la tettoia di un bar, adiacente la spiaggia, forse per colpa di una folata di vento più forte del solito. Compresa la situazione cercò di dare corda all’aquilone, con la speranza di poterlo liberare. Tentò in più modi, muovendo ora a sinistra ora a destra. Mollò la corda, l’avvolse un po’, ma furono tutti tentativi inutili. Doveva lasciare l’aquilone sopra quel tetto? Ritenerlo perso? Assorto da tutti quei pensieri con i suoi bambini un po’ titubanti sull’accaduto, sentì qualcuno chiamarlo da sopra la via marina. La strada sovrastante la spiaggia.

– Ehi! Ehi!

Un signore piuttosto avanti con gli anni, basso e grosso, si era fermato a guardare quell’aquilone prigioniero sulla tettoia. Faceva dei gesti con le mani, indicando di spostarlo verso un lato.

– Più in là! Più in là! – Gridava.

Aveva deciso anche lui di rendersi disponibile per la causa, dando istruzione di manovra nel tentativo di liberarlo.

– Più in là! Indietro! Avanti!

Per un po’ proseguirono in quel modo, ma senza successo. L’aquilone non riusciva a librarsi in aria.

Il signore allora gli fece cenno di aspettare. Iniziò allora a osservare l’aquilone da diverse angolazioni, spostandosi da una parte e l’altra del marciapiede. Sembrava intento a escogitare qualche piano, oppure lo stava approntando. Osservava e perlustrava la zona dell’impatto con circospezione.

Restò per un tempo impreciso così, poi però la sua faccia diventò piuttosto perplessa. Sconcertato e impotente nel non poterlo liberare.

Poiché si era fatto quasi buio andarono via, lasciando l’aquilone sopra quella tettoia.

Nel frattempo, anche quel signore era andato via, perdendosi tra le persone a passeggio lungo la via marina.

Il giorno dopo scesero di nuovo sulla spiaggia. Arrivati sullo stesso posto del giorno precedente, notarono come l’aquilone non ci fosse più. Probabilmente, il vento della notte l’aveva portato chissà dove. Guardandosi in giro, venne chiamato da suo figlio: – Guarda è lì!

Indicandogli un lampione, poco distante dalla tettoia in cui la sera precedente si era arenato. Se fosse salito sopra verso la via marina soprastante, avrebbe potuto tentare di riprenderlo, pensò. E così fece.

– Torno subito! – Disse andando via.

Dopo pochi minuti aveva in mano l’aquilone. Anche se aveva passato la notte all’addiaccio, era intatto. Per festeggiare l’evento liberò l’aquilone tra le correnti ventose dello stretto. Un po’ lo teneva lui, un po’ suo figlio e un po’ sua figlia.

Giocarci di nuovo tutti insieme, dopo quella pausa forzata del giorno prima, fu ancora più meraviglioso.

– Ehi! Ehi!

All’improvviso si senti di nuovo chiamare. Guardandosi intorno non intravide nessuno. Alzò poi lo sguardo verso la via marina sovrastante. Era lo stesso signore del giorno prima. Sventolava entrambe le braccia in aria. Ballava quasi su sé stesso, tanto era contento. E così per minuti e minuti, osservando le traiettorie nel cielo dell’aquilone liberato.

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