Racconto di Simona Franchini

(Prima pubblicazione)

 

Erano giovani dalle gambe lunghe e forti. Le ginocchia macchiate di lividi per le cadute in bicicletta, le scivolate giù per la collina e gli sgambetti improvvisi nelle partite di calcio. Quel giorno perquisivano i fossi infangati alla ricerca di rane. Gli angoli della bocca mostravano due pieghe increspate ancora sporche della marmellata mangiata a colazione. Le piogge tardive di quella primavera inoltrata avevano invaso la campagna, lasciando nelle narici di chi passava per di lì un odore d’acqua stagnante che diminuiva man mano che si intravedevano i tetti delle case.

«Gigi guarda com’è grossa la mia!» Aveva detto il ragazzo al fratello che era ancora chinato in cerca dell’anfibio da mettere in gara.

Luigi rispose a Piero con l’attitudine di chi è intento a fare altro e non ha tempo da perdere. Le sue scarpe erano impregnate di un fango denso e vischioso che faceva perdere aderenza al terreno.

«Ne troverò una ancora più grande e questa volta vincerò io!» disse con il cuore che saltellava in gola per la frenesia di competere con il fratello.

«Ecco» disse a un tratto, «l’ho trovata» e afferrò una rana dalla pelle viscida e striata che lo guardava attraverso gli occhi enormi attoniti. Con un gesto svelto la infilò dentro al secchio dove Piero aveva riposto la sua, fiero di quel trofeo.

I ragazzi si spostarono dall’altra parte del fosso, dove una carreggiata pianeggiante conduceva fino al vecchio mulino.

Quando ebbero fissato la partenza e il traguardo, appoggiando i loro cappelli a due bastoni che avevano trovato lì attorno, tirarono fuori le rane per iniziare la gara. Non ci avevano giocato molte volte, ma conoscevano le regole. Vinceva chi riusciva a fare arrivare per primo la rana al traguardo, senza che la bestiola perdesse la traiettoria e riprendesse la strada del fosso.

«Questa volta non vincerai» disse Luigi, guardando il fratello di sbieco. Si scostò i capelli incollati sulla fronte sudata, estrasse la rana dal secchio e la mise sulla linea della partenza, cercando di tenerla ferma con la mano.

Piero era già pronto per iniziare la gara. Anche lui teneva stretto l’anfibio che si era gonfiato per lo spavento.

«Sbrigati che non ce la faccio più in questa posizione!» urlò dietro a Luigi, sempre più lento di lui.

«Ci sono!» disse Luigi che anche lui faticava a stare chino con il peso sulle ginocchia.

«Via» gridò forte Piero e nell’udire quel suono uno stormo di uccelli si alzò in volo nel fazzoletto di cielo grigio sopra di loro.

La rana di Luigi fece alcuni balzi in avanti e poi deviò la traiettoria verso il fossato. Piero invece correva dietro la sua che si muoveva con salti più rettilinei. Lui le stava appresso, incalzandola come un segugio, finché arrivò al traguardo.

«Evvivaaa! Ho vinto ancoraaa!» e afferrò svelto la rana per riporla nel secchio.

Luigi lo raggiunse con il naso infangato e gli occhi sul punto di piangere. Scosse la testa desolato con in mano la sua rana che era riuscito a recuperare tra le sterpaglie.

Piero gli diede una pacca sulla spalla.

«La prossima volta sarai più fortunato» e gli strizzò l’occhio, senza nascondere una certa soddisfazione per la vittoria conseguita.

Luigi bofonchiò tra sé qualche parola confusa, digrignando i denti, ancora incredulo per la vittoria del fratello. Provava un sentimento viscido, che a tratti sgusciava via, ma gli muoveva i succhi gastrici dentro stomaco.

«E adesso che ci facciamo con queste due rane?» disse Luigi. «Io la mia mica voglio lasciarla andare, con tutta la fatica che ho fatto per riprenderla.»

«Le portiamo a casa e le mettiamo nel nostro lago» disse Piero con la voce sicura di quando gli balenava in testa una buona idea.

«Affare fatto» disse Luigi e si avvicinò al fosso per prendere un po’ d’acqua da mettere nel secchio. «Mi allenerò ogni giorno e la prossima volta ti batterò. Stanne certo!».

I ragazzi si avviarono verso casa. Il silenzio era interrotto dal gracidare delle rane dentro al secchio.

«Adesso basta!» disse Piero guardando gli animaletti che impavidi rumoreggiavano sul fondo tentando una via di fuga. Quella di Luigi azzardò un salto alto, ma il ragazzo fu pronto a rimetterla dentro. Lui camminava con la testa dritta, orgoglioso degli ostaggi confinati sul fondo e ogni tanto lanciava qualche occhiata di controllo.

Furono di ritorno che ancora non era mezzogiorno. La nonna aveva apparecchiato sotto il porticato.

«Ehi, stavamo per venirvi a cercare. Che avete combinato questa mattina?» Lo disse mentre con le mani tirava fuori le posate da mettere in tavola.

«Abbiamo fatto una gara di rane» disse Piero e le porse il secchio con gli anfibi dentro. La vecchia s’illuminò sul volto segnato da rughe diffuse.

«Rane?» esclamò come fosse sorpresa e afferrò il secchio per portarlo nell’atrio della casa.

Luigi e Piero, intanto, si andarono a lavare. La testa persa nei pensieri adolescenziali. Cantavano a squarciagola mentre a turno si sciacquavano sotto la doccia della lavanderia. Piero era rilassato, Luigi invece aveva il corpo più rigido, la bocca che si apriva e chiudeva contraendosi a tratti in una smorfia amara.

Quando furono lavati e con indosso vestiti puliti si misero a tavola.

Dovevano aspettare che tutti fossero seduti e il padre era ancora nei campi.

Intanto la nonna era sparita in cucina. Tornò sorridente con un vassoio di alluminio.

«Uno stuzzichino per ingannare l’attesa.» disse con voce orgogliosa.

E porse loro due impanature dalla forma inconfondibile.

I ragazzi guardavano allibiti i due corpicini imbalsamati. Piero toccò uno dei due fritti con la forchetta e poi scoppiò in una fragorosa risata.

Luigi invece batté un pugno sul tavolo facendo tremare la superficie.

«Che vi prenda la varicella cronica!» urlò e con un gesto rapido della mano buttò il vassoio per terra.

Le sagome fecero l’ultimo salto e poi rimasero immobili sul pavimento. Erano rinsecchite e innaturali nelle loro pose aperte.

La nonna era rinchiusa in un silenzio tagliente, i suoi occhi fissavano la punta aperta delle ciabatte dove sbucava un dito da un calzino bucato.

A un tratto Luigi si alzò e spostò rabbioso la sedia. Gli altri lo osservarono nei suoi movimenti rapidi mentre le sue gambe era già verso la campagna. Nella testa la voglia dei fossi e delle rane che dentro avrebbe trovato.