Racconto di Gigi Pietrovecchio

(Terza pubblicazione – 29 aprile 2019)

 

Salì a bordo all’improvviso Mìneren Kar, o almeno così sarebbe parso; in realtà la connessione metapsichica tra lei, il Comandante ed Eiréne aveva, ancora una volta, funzionato perfettamente.

Bisogna comunque risalire a molto tempo prima, a quando ebbe inizio l’impensabile ed indistruttibile connubio…

Il Maggiore era in transito sulla luna di un pianeta lontano, completamente fuori dalle rotte abituali, ed insieme al suo Vicecomandante era stato invitato ad una festa, della quale non riuscì mai a capire il significato, frequentata da diversi personaggi cosiddetti importanti, da alti gradi delle Forze Interplanetarie e, a suo avviso, anche da un certo numero di ricercati intergalattici…

Il loro equipaggio era in libera uscita, salvo i pochissimi che stavano assicurando il livello minimo di sicurezza.

Presto i convenuti si sparpagliarono in gruppetti esclusivi formati da elementi dello stesso lignaggio e della medesima estrazione sociale, politica o militare; War Tryar aveva incontrato un suo vecchio amico e, per fortuna, stavano amabilmente conversando tra loro.

Ran Thuryan andò a cercarsi da bere, giusto per ingannare il tempo in quella noiosissima serata; si avvicinò al tavolo delle bevande e, con suo grande stupore, quasi nascosta tra i liquidi e i semigassosi, scorse l’inconfondibile anforetta del succo della miràba. Trovò il bicchiere adatto, alto e stretto, e, proprio quando stava allungando la mano per servirsi, si accorse di un’altra mano… più delicata della sua…  che si tendeva verso lo stesso contenitore. La situazione gli causò quasi imbarazzo: chi poteva mai provare interesse per quel tanto temuto e vituperato liquore?

Ancor più di sprovvista lo colse il sorriso gioioso di una giovane donna dalla pelle rossastra e dai capelli biondo scuri portati sulle spalle. Vestiva pantaloni neri lucidi e aderenti, una canotta dorata di finissima maglia metallica e calzava leggeri scarponcini d’argento. Al fianco aveva una pistola laser grossa e potente, complessa e difficile da impiegare, il che evidenziava le sue notevoli capacità operative.

Sempre sorridendo gli disse: “Prego…” Il Comandante non volle accettare di approfittare per primo, non per orgoglio maschile, ma perché una persona che con lui condivideva la predilezione per quel raro distillato entrava subito nella sua stima e meritava di precederlo in questo piacevole momento.

Lei afferrò perfettamente il senso della sua reazione e, mentre sapientemente riempiva il bicchiere con lentezza quasi esasperante ed inclinando il lungo becco ricurvo dell’anfora, si presentò: “Sono Mìneren Kar…” e le sfuggì un sommesso brontolìo…

Lui lo percepì immediatamente e rispose: “Ran Thuryan, sono il Comandante di astronave Eiréne… e tu… sei transanimale?” “Già, sono una gattona… Ti dispiace?” “No, per niente, vedessi i miei… ce n’è per tutti i gusti…” Nel frattempo anche Ran si era servito, si augurarono reciproca salute e tutto fu molto più chiaro: veniva da chissà dove e la sua indubbia esperienza le permetteva di apprezzare il forte succo della liana gigante.

Quella sera era in libertà Ran; la divisa era rimasta a bordo e l’unico particolare visibile del suo ruolo era il lungo ed acuminato pugnale nanodamascato appeso alla cintura.

Dopo non molto tempo, mentre stavano parlando di tante, troppe cose, una voce arrogante e sguaiata li interruppe.

“Inammissibile! Veramente inqualificabile! Qui non ci sono più regole di comportamento! Bestie e corsari tra i nobili e le eccellenze!” … in verità lui non era né l’uno né l’altro, ma un Sovrintendente delle guardie spazioportuali…

Mìneren si trattenne a fatica e riuscì a non reagire, ma il Maggiore ribattè all’istante: “Passi per il corsaro, ma dare della bestia a una signora… questo… è troppo!” e rapido come il fulmine estrasse la lama e la fermò di punta sulla carotide dell’importuno. Questi da bianco che era divenne ancora più pallido… Strani segni fiammeggiarono, una sola volta, sull’arma di Thuryan… Poi arrivò velocemente una squadra del servizio d’ordine a smorzare la tensione e tutto si concluse, per ora, con le farneticanti minacce di morte proferite dal vigilante nei confronti dell’ufficiale blu.

Quasi incurante di ciò che era successo, la bella donna-gatta preparò due dosi abbondanti dell’amato elisir, ne offrì una al Comandante, lo prese sottobraccio e lo trascinò fuori sulla terrazza ad ammirare stelle, pianeti, galassie… ed il resto si può anche immaginare…

Quando il Capitano di Primo Cerchio e Vicecomandante Tryar sopraggiunse li trovò abbracciati che ridevano contenti…

Cortesemente, e palesemente consenziente, attese in silenzio; ma i due si accorsero subito della sua presenza e gli vennero incontro.

“Scusa, Ran; e scusa anche tu: forse è ora di andare. Comunque… c’è posto a bordo…”

Uscirono prestando massima attenzione anche alle ombre, ma non ce ne fu alcun bisogno: quattro Kodd del loro equipaggio, alti quasi 3 metri ed armati di pesanti fucili d’assalto, li avevano già attorniati, pronti ad ogni evenienza…

Nessuno, ovviamente, osò avvicinarsi; raggiunsero la spazionave e, con tutti a bordo e senza alcun preavviso, decollarono immediatamente.

Incominciò così, per colpa di una secrezione vegetale, la vita parallela di Mìneren Kar e del Comandante Thuryan, e di tutta l’Eiréne…

Spesso furono insieme protagonisti delle stesse operazioni, altre volte ognuno partecipò ad eventi diversi, ma sempre si ritrovarono per continuare la loro bellissima storia.

Alcuni anni prima lei era fuggita dalla sua terra, nota come il pianeta del Santo,  a seguito di violenti e sanguinosi rivolgimenti, fomentati, come sempre, da forze esterne e destabilizzanti e da allora aveva servito piccole cause di giustizia a vantaggio di poveri esseri maltrattati ed indifesi, ma era stata costretta, ogni volta, ad agire da sola in quanto non aveva mai incontrato qualcuno con cui pensare e muoversi in sinergia.

Ora, finalmente, poteva vivere nel suo modo naturale e godersi anche quell’esistenza che in molte occasioni si era rivelata deludente ed ingombrante.

Intanto il vascello biotronico, pilotato dalle forti, pelose ed abili zampe di Thòran Kray, e coadiuvato dalla rete neurale di tutto lo Stato Maggiore, correva veloce tra le successive distorsioni spaziotemporali verso la meta; avevano ormai superato i primi quattro pianeti dell’Iperbole e sostanzialmente si sarebbero trovati ad un terzo del percorso, se tutto fosse stato sottomesso alle normali leggi dell’algebra classica… ma non era esattamente così…

Dopo un breve stacco avrebbero incontrato altri quattro corpi celesti, di cui l’ultimo era Vénbèn… o, come tutti lo chiamavano, Vombràno, la prigione ghiacciata delle Anime Perdute… ed intorno ad esso si muovevano ben 15 satelliti: passare tra le loro orbite intersecantisi non era chiaramente roba da poco…

Per di più da lì, dopo aver individuato, contattato e, al limite, liberato i reclusi… iniziava la terribile, cruenta ed atroce sfida…

Già, il Corridoio di Vombràno… e la malefica sete di vendetta di un Sovrintendente delle guardie spazioportuali…