Racconto di Martino Contento

(Seconda pubblicazione)

 

Oggi è un giorno importante
Anzi, importantissimo.
Mio padre è tornato. È tornato a casa finalmente.

È arrivato ieri sera con il treno, io non sono andato alla stazione, pioveva. Mi hanno detto che prima aveva preso il vaporetto, poi la corriera. Viene da molto lontano. Però non so da dove. Non mi hanno detto niente.
Era partito un anno fa, mia sorella era appena nata. La vedete è li seduta su quel trespolo, accanto a mia madre. Sorride, sembra quasi capisca quello che sta per succedere.
Mio padre è tornato da quel viaggio di cui nessuno sapeva nulla. Nemmeno mio nonno, suo padre, sapeva nulla.
Anzi proprio lui era quello che tutti i santi giorni veniva a casa e chiedeva a mia madre: “ragazza, nessuna notizia da quel … di tuo marito?”.
Prima di dire marito si fermava, sospirava e faceva una pausa, come se volesse nascondere qualche brutto aggettivo da aggiungere alla parola marito. Altre volte stringeva le dita della mano destra in un pugno e si mordeva le nocche delle dita e diceva: “ragazza mia, meglio che mi sto zitto … zitto”.

Oggi è un giorno importante, mio padre è arrivato con il treno. Finalmente è tornato a casa.
Aveva la barba lunga, i capelli spettinati e un pastrano sdrucito e unto. Puzzava di vapore e di carbone. Pure il viso era sporco di carbone come se quel treno lo avesse guidato lui.
Non parlava, mio padre non diceva nulla anche se tutti gli facevano domande.
Guardava la casa come se non l’avesse mai vista e pure a me guardava come se volesse sforzarsi di capire chi fossi.
Sono tuo figlio. Papà sono tuo figlio, volevo urlare ma rimasi zitto, avevo pure paura di guardarlo. Il suo sguardo era cattivo. Certe espressioni che assumeva aggrottando le sopracciglia nere, mi facevano spaventare. Io, prima non avevo paura di lui, io non me lo ricordavo così com’è adesso.
Mia madre lo ha abbracciato senza chiedergli nulla, per lei il suo ritorno era già un regalo. Una liberazione dalle chiacchiere continue, le allusioni, i sorrisi taglienti e le preoccupazioni di mia nonna. Che poi, mia nonna era l’unica che veramente si preoccupasse della sua sorte. Lo diceva sempre: “… Gesù, Giuseppe e Maria, fatemi la grazia, fatemelo vedere un’altra volta prima di morire, fatemelo toccare il figlio mio”.
Invece, mia nonna era morta. Era morta e non l’aveva più visto quel figlio.
Nemmeno quando lei è morta, tre mesi fa, lui si è fatto vivo; che poi … come avrebbe potuto … come faceva a sapere che la nonna era morta, … o lo sapeva … boh!
Lo ha abbracciato, con forza, mia madre, quasi volesse fargli male, però non ha detto niente, non ha parlato. Ha pianto. Ha pianto tanto. Si è bagnata il collo della camicetta nuova e pure il vestito.
Spesso lei piange, lei che è diventata moglie e poi madre quando ancora era che poco più di una ragazza. Non era proprio felice, per il suo ritorno, diciamo che era serena per aver ritrovato quel marito che pensava perduto.
A lei basta così.

Oggi è festa. Oggi è un giorno importante, mio padre è arrivato con il treno. Finalmente è tornato a casa.

Adesso davanti a questo arnese, in silenzio mia madre sorride e guarda verso quell’occhio nero. Io mi sforzo però non ci riesco proprio a fare uscire i denti. Sembra che le labbra si siano attaccate tra loro. Una con l’altra. Mia sorella è felice, muove le manine, sembra che voglia acchiappare i minuscoli puntini che svolazzano nella stanza aggrappati ai fasci di luce che attraversano le persiane.
Mio padre, invece, sta sempre zitto come il giorno che è tornato. Non ride e non parla. Mi sembra che lì, in quel posto che nessuno nomina, ha lasciato pure le parole. Forse le ha dette tutte quando stava lì, lontano e adesso non ha più parole. Non può dire più niente.

Una testa pelata esce da sotto la tendina nera, lercia e unta.
Una voce roca e melliflua: “allora, siete pronti? … state fermi … fermi e ridete, ridete che oggi è proprio una bella giornata”.
Mia madre, si aggiusta il corpetto e il cappellino e sgrana un sorriso sgradevole. Lui, mio padre è diverso, è sofferente, da quando è tornato ha detto poche parole. Non ride nemmeno adesso. Disubbidisce agli ordini del pelato.
Forse qualche rimpianto ce l’ha pure lui.
E io? sono felice io?
Non lo so, forse anche io come mio nonno avrei da rimproverare qualcosa a mio padre.
E’ sparito, così all’improvviso, senza dire nulla e poi finalmente ora è tornato.
Mi basta che sia tornato, così almeno, insomma non dovrò più mentire con il maestro e nemmeno con i miei compagni.
E’ tornato.
Oggi è proprio un giorno importante.
– … attenzione, attenzione fermi … fermi … guardate l’obiettivo … sorridete … fermi”.
La luce della lampada illumina la stanza.
L’immagine di quella famiglia ritrovata si staglia sulla lastra.
Oggi è un giorno importante.