Racconto di Lucia Marcone

(Quinta pubblicazione)

 

 

  • Signora, ma è sicura di voler veramente mettere fine a questa vostra storia?

La voce dell’avvocato era determinata e allo stesso tempo comprensiva come se mi volesse fermare, e consigliare.

L’ho ringraziato per la sua premura, l’ho guardato attentamente negli occhi, ho pensato ma che cavolo di avvocato è questo… io mi voglio separare e lui mi fa perdere tempo, vuole che io rifletta.

-Avvocato, mi ha distrutta, mi ha fatto morire dentro, se n’è andato nel più meschino dei modi, non ne voglio più sapere.

Ora i suoi occhi sono quasi sorridenti, con una lieve penombra attorno, fermi addosso a me, mi scrutano. Mi prende una specie di ansia e imbarazzata comincio a guardare dentro la mia borsetta in modo affannoso senza sapere cosa cercare, cosa tirare fuori.

-Se vuole fumare…qui non si può- mi dice e il sorriso dagli occhi è passato sulla bocca, una bella bocca e in un attimo è come se fossi in un altro mondo perché la mia testa girava vuota e frastornata.

Cominciai a morire di vergogna chiedendomi cosa ci facessi davanti a quest’uomo, capace di confondermi la vita più di quello che mi era toccato in questi giorni inconsueti e dolorosi.

-Non voglio fumare-.

Era la prima volta che mi sedevo a un tavolo largo, lucido, con un uomo di fronte decisamente elegante che mi scrutava dentro come se volesse farmi una radiografia.

-Mi dica da quanti anni eravate sposati? Avete la comunione dei beni? Abitualmente litigavate? Lei ha avuto sentore di qualche disattenzione sessuale da parte di suo marito negli ultimi tempi? Il conto in banca era intestato a tutti e due?

Non smetteva di fare domande e per questo mi sentivo a disagio.

Credevo che tali richieste fossero troppe e inutili visto che doveva pensare a risolvere direttamente il mio problema. Mi fissai sulle sue mani mentre tamburellavano sul tavolo. Continuava a fissarmi e in me cresceva il turbamento, al punto da portarmi a stringere inavvertitamente sul petto la borsetta mezza aperta e disordinata.

-Avvocato- gli dissi – sono confusa e addolorata, non so come uscire da questo labirinto, cercherò di risponderle come posso, ma lei mi deve risolvere il problema, rivoglio la mia libertà.

-Cara signora, il primo dovere di un buon avvocato consiste nel consigliare alcune riflessioni al cliente, prendersi il giusto tempo per evitare pentimenti successivi. Attenda, sono passati appena quindici giorni, aspetti che si faccia sentire, che le dia un segnale. Lei è stanca e confusa, si vada a fare una vacanza, si allontani dalla casa dove ogni angolo, ogni oggetto le ricorda suo marito.

Stavo per piangere, lui lo ha capito, si è alzato ha aggirato la scrivania, mi è venuto vicino, mi ha tolto la borsetta che stringevo tra le mani, ha spinto le cose dentro, ha tirato la chiusura lampo e mi ha sollevata dalla sedia spingendomi verso il suo petto. Abbracciandomi.

L’ho lasciato fare.

Mi sono vergognata della mia debolezza, della mia confusione.

-Resti con me- mi ha detto con dolcezza.

-Mia moglie è fuggita con un suo alunno da quindici mesi.

-Mal comune mezzo gaudio… andiamo nel mio salotto a fumare… se gradisce ho anche un grappino.