Racconto di Margit Horsky    

(Prima pubblicazione)

 

 

Il piazzale era vuoto ad eccezione di un vecchio Arca. Era ben illuminato e non sembrava dovessero preoccuparsi. Su tre lati, sopra un alto terrapieno, le parti meno nobili di vecchi condomini e un garage multipiano; verso est un panorama sulle colline marchigiane. Erano arrivati a Macerata.

Il proprietario dell’Arca uscì per dar da mangiare a un vecchio cane meticcio che dormicchiava su uno stuoino e li salutò cordiale.

Nell’attaccare il cavo della corrente, Alberto gli chiese se c’erano zanzare, la sua più grande preoccupazione. Lucia li guardò parlottare e si mise a preparare la cena.

«Dice che non ci sono zanzare. Stasera si dorme».

«È solo?» chiese lei riferendosi all’uomo.

«Non ho visto nessun altro. Gli ho chiesto come andare in centro, mi ha indicato la via più veloce. Quella salita sulla destra, la vedi?»

«Dev’essere bella ripida!»

«Non cominciare a lamentarti, sono cinque minuti. Dice che non c’è limite di sosta e si paga solo la corrente elettrica. Non ci sono servizi però è un posto tranquillo. Più che area di sosta è un parcheggio.»

Mentre mangiavano, Lucia buttava l’occhio sul piazzale, sperava arrivassero altri camper. Si sentiva più sicura se c’era gente intorno.

Teneva d’occhio anche l’Arca, sperando di capire se contenesse una famiglia o se l’uomo fosse solo. Ora il camper era illuminato da dentro. Non si vedevano movimenti, solo la luce azzurrina di un televisore. Il cane continuava a dormire sullo stuoino.

Erano stanchi e rimandarono il primo contatto con la città al giorno seguente. Alberto prese un libro e cominciò a leggere. Lucia scambiò qualche messaggino con i figli. Lo stretto indispensabile: erano certamente fuori con gli amici e le risposte si facevano attendere sempre di più. Chiuse inviando un bacio e si mise a leggere anche lei. Ogni tanto buttava l’occhio sul piazzale. Nessun altro camper era arrivato.

Ora il garage multipiano troneggiava sul piazzale, illuminato per tutta l’altezza. Ci aveva guadagnato col buio: la notte nascondeva il grigio triste del cemento e, se non fosse stato per la fredda luce al neon, sarebbe sembrato una torre con miriadi di candele all’interno, pronta ad accogliere una festa. Ogni tanto la silhouette di qualcuno passava davanti a un’apertura illuminata. Una fugace apparizione che interrompeva parzialmente il rettangolo di luce, come una figurina in un cartone animato in bianco e nero. Dopo un po’ scendeva un’auto, rischiarando con i fari il percorso a spirale, apparendo e scomparendo più volte per poi dileguarsi per sempre. Pensò alle persone che tornavano a casa, al calore di una famiglia che le accoglieva o al gattino che si strusciava sulle loro gambe. Guardò verso l’Arca, tutto era immutato. Decise che l’uomo era solo. Non sapeva perché, la cosa la rattristò.

La mattina seguente vide l’uomo incamminarsi verso il garage, un asciugamano sulla spalla e una busta di plastica sotto il braccio.

«Guarda! – disse ad Alberto. – Dove andrà?»

«Userà i servizi del garage».

«Non ha il bagno in camper?»

«Quello non è un turista, è un povero diavolo».

«Dici?»

«Non vedi che il camper è vecchissimo? Non si muove da parecchio».

Quando uscirono per andare a visitare la città, l’uomo li salutò allegro e chiese se avevano riposato bene.

«È un posto tranquillo, l’avevo detto, e conveniente. I negozi di alimentari sono appena su dalla salita».

«Lei è marchigiano?» chiese Lucia guardandolo da vicino per la prima volta.

Avrà avuto sui sessantacinque anni, il fisico segnato da un lavoro faticoso, sguardo sconfitto ma occhi gentili. I capelli scuri mostravano pochi fili bianchi. La canotta scolorita sopra i pantaloncini evidenziava una pancia da bevitore di birra solitario.

«Maceratese purosangue,» disse illuminandosi. «Avevo casa in centro storico, ma è rimasta alla mia ex. Stavo per trasferirmi in Bulgaria quando è arrivato il covid a bloccare tutto, ma la prossima settimana finalmente parto».

«In Bulgaria?» chiese Alberto sorpreso.

«Con la mia pensione lì posso vivere senza pensieri.»

«Conosce la lingua? Ha dei contatti? Non è facile andare a vivere all’estero.»

«Lingua? Macché! Ho qualche amico lì e poi ci si abitua. Ma potrei anche decidere per la Grecia.»

«In Grecia sarebbe meglio,» Alberto non riusciva a non dare consigli. «Sono più simili a noi italiani ed è una terra bellissima».

«Sono aperto a tutte le possibilità. Tanto qui non ho più nessuno. Magari, strada facendo, faccio anch’io il turista: Croazia, Albania, Grecia e, se la voglia di andare persiste, arriviamo in Romania. Non ci ferma nessuno, vero Truciolo?» concluse accarezzando il pelo arricciato del cane, che si era avvicinato.

«Buona giornata. E godetevi la città», disse vedendo che si apprestavano ad andare. «Vedrete che bella la mia Macerata, ci lascerete il cuore.»

«Un bel programma». Sussurrò Lucia, considerando la ripida salita che l’aspettava e chiedendosi se gli infradito le sarebbero rimasti attaccati ai piedi.

«Bel programma davvero. Peccato che dalla parte del guidatore il camper poggi su dei mattoni.»