Fiaba di Elena Soprano
Illustrazioni di BDB
Abauk era un cucciolo di renna bianca. Quando nacque suscitò nel branco grande meraviglia: “Ma…è di neve?” chiesero le renne in cerchio, senza smettere di fissarla.
“In che branco stupido sono capitata” disse la madre leccando il piccolo “Se fosse di neve, avrebbe la pelliccia di fiocchi. La sua, è di pelo.”
“Ah.”
“Oh.”
“Eh” fecero le renne non sapendo che altro dire.
Abauk era buono, vivace, eppure non amava correre. Se il branco si spostava, per non farlo rimanere indietro la madre se lo caricava sulla schiena.
“Non si è mai vista una cosa del genere” borbottava il capo renna.
“Se è per questo,” replicava la mamma fissandolo seria non si è mai visto un padre che si vergogna di suo figlio.”
Il tempo passava, Abauk cresceva, la sua pelliccia aveva mantenuto il candore dei primi giorni e quando nevicava non lo si distingueva dal paesaggio. La sua caratteristica più particolare però non era il colore, erano i palchi. Tutti furono contenti quando spuntarono.
“Le corna! Le corna!” esclamarono le renne correndo avanti e indietro. Sembrava le stessero vedendo per la prima volta.
“Finalmente, qualcosa di normale” mormorò il capo branco.
“Non ne sarei sicura” disse la madre che aveva un udito finissimo e riusciva a sentire anche i pensieri del padre del suo piccolo “Abauk è speciale, speciale in tutto.”
Nel giro di poco tempo i palchi del cucciolo crebbero forti, larghi e vellutati poi…non si fermarono più. Si alzarono e allargarono sopra la sua testa come la lunga tesa di un cappello, così lunga che poteva dare riparo a tutto il branco. Sotto le sue corna le renne si sentivano al sicuro, protette dal gelo e dai predatori. Ai girfalchi dall’alto sembrava di vedere correre un bosco intero, i lupi vedendo il gruppo così compatto non attaccavano mai. Tutto sembrava andare per il meglio, le renne non avevano mai avuto stagione più felice e in tutta la tundra non si parlava che del branco di Abauk.
“Be’, a dire la verità, sarebbe il mio branco!” ricordava sempre il capo, sebbene nessuno, ormai, gli desse più molta retta.
Arrivò la stagione degli amori e come succedeva a tutte le giovani renne, Abauk si innamorò, ma non di una renna: di una Okkie, una creatura per metà foca e metà albero. La Okkie viveva nel mare e quando in inverno la temperatura diventava troppo fredda usciva dall’acqua per trasformarsi in pianta. Lunghe radici allora si ancoravano nel terreno e lì viveva la sua stagione vegetale. Con l’allungarsi delle giornate e col clima più mite i suoi rami si accorciavano, il tronco si faceva più liscio e bombato fino a che, improvvisamente, l’albero non c’era più: si era trasformato di nuovo in una foca che aveva ripreso la via del mare.
La Okkie era una creatura meravigliosa e sentì di amare Abauk dal primo momento che l’aveva visto dalla punta di uno scoglio, mentre annusava il vento che portava le novità dalla terraferma. Il problema erano le tante renne che vivevano sotto i suoi palchi.
“Hai una gran bella famiglia,” osservò la Okkie “forse un po’ troppo numerosa. Non potremo mai guardare un’alba o un tramonto da soli.”
Abauk ascoltò il suo cuore e senza che lo avesse deciso cominciò a perdere i palchi. Uno dopo l’altro, caddero come foglie secche.
“Dì qualcosa a tuo figlio!” ansimò il capo branco col cuore in gola e le narici tremanti “Torneremo ad essere bocconi per lupi e scarpe di pelo per gli esseri umani!”
“Sii felice, piccolo mio” disse mamma renna in tutta tranquillità. Poi baciò Abauk sul muso prima che questo, insieme alla Okkie, sparisse nella notte artica.
Le renne tornarono alla vita di sempre. Scappavano dai lupi quando c’erano i lupi, tremavano di freddo quando c’era quel freddo da rivestire di ghiaccio ogni singolo ciglio, guardavano con sospetto gli uomini che tentavano di avvicinarle. Alla fine di ogni estate, nel giorno del solstizio d’autunno, la Okkie e Abauk tornavano nel branco per salutare e raccontare le novità. La renna era diventata un’abile nuotatrice, la foca aveva imparato a scivolare sull’erba della tundra come faceva nell’acqua.
Il vecchio capo era sempre un po’ imbarazzato davanti a lei e non capiva una parola di quello che gli diceva. Mamma renna invece sorrideva, annuiva, e consigliava al figlio un bel posticino per quando la Okkie si sarebbe trasformata in albero. Abauk le avrebbe fatto compagnia ai piedi del tronco.
Grazie a questa storia è nata una delle espressioni più belle delle Terre del Nord: “perdere i rami”. È usata quando si vuol far sapere a tutti che ci si è innamorati.
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