Racconto di Margit Horsky

(RacconticonFoto2)

 

Era sempre stata la mia zia preferita, la confidente a cui ricorrevo nei momenti bui. Era intelligente e ironica. Da quando era stata malata, cercavo di farle visita almeno ogni due settimane. Abitava in un’altra città e con gli impegni che avevo in quel periodo non era facile trovare momenti adatti. Ma mi dispiaceva saperla sola in quella casa grande e vuota di affetti. Lo zio era morto ormai da un paio d’anni e lei si era lasciata un po’ andare: la solitudine a quell’età non perdona. Erano stati una coppia molto affiatata, innamorati da sempre e fino alla fine, come due ragazzini. Un esempio impareggiabile per noi nipoti dalla vita affettiva movimentata.

Quel pomeriggio dopo le solite chiacchiere, il tè con i pasticcini e qualche reminiscenza, mi chiese se non volessi portarmi via qualche libro. Voleva iniziare a liberarsi di un po’ di cose, in attesa di avere un appartamentino in un residence per anziani autosufficienti. Oramai le sembrava la soluzione migliore. Sapeva della mia passione per i libri e che non mi bastavano mai. Dissi che sarei sicuramente tornata per una scelta più meditata e che per ora mi prendevo qualche romanzo.

La scelta cadde su dei libri di autrici femminili della prima metà del novecento. Alcuni li avevo letti e molto amati da studentessa. Volevo capire se erano resistiti al tempo e ai miei gusti letterari. Me ne tornai a casa soddisfatta del mio piccolo bottino e la promessa di tornare quanto prima.

Quella sera andai a letto presto, decisa a rileggere Il quaderno proibito di Alba de Céspedes. Lo aprii e sulle lenzuola cadde una fotografia che probabilmente era stata usata come segnalibro. Mostrava una barca a remi adagiata sul bagnasciuga di una luminosa spiaggia deserta. Una di quelle foto che ti fanno desiderare di essere lì, che evocano il calore del sole sulla pelle nuda, la musica delle onde che si infrangono regolari sulla riva e, perché no, il grido dei gabbiani. I colori erano leggermente sbiaditi ma questo non toglieva bellezza all’immagine. La girai per vedere se riportava una data, il nome del luogo. Con grande sorpresa vi trovai, scritta in caratteri eleganti, una dedica: “A ricordo di una vacanza troppo breve. Questa barca, che ha accolto i nostri cuori clandestini, basterà a rievocare due giorni indimenticabili?”

La rilessi più volte, dapprima divertita dal tono vagamente melodrammatico, poi incuriosita da quei due cuori clandestini. Chi potevano essere stati? E quale dei due aveva scritto? Non certo lo zio alla zia, non avrebbe avuto senso, visto che erano marito e moglie.   Allora lui a un’amante? Non sarebbe stata all’interno di un libro della zia. Quindi, escludendo fosse di qualcuno che aveva avuto il libro in prestito – improbabile dimenticare così la prova di un possibile tradimento –  la destinataria doveva essere stata la zia. Possibile che avesse avuto una storia con un altro? Ma guarda un po’, pensai, con tutto quell’amore sbandierato per lo zio. Ma in fondo non ci credevo. Ero intrigata però, e decisa a saperne di più.

L’occasione si presentò alla visita successiva, dopo un mese nel quale ero stata via per lavoro.

Non sapevo bene come affrontare l’argomento, così decisi di darle semplicemente la foto dicendole che forse ci teneva a riaverla, vista la dedica.

Un lieve rossore colorò le guance rugose. Non era di vergogna, notai con sorpresa, ma di eccitazione.

«Oh non sai quanto l’ho cercata! Dov’era finita?» chiese con una espressione dolcissima e reminiscente di momenti felici.

«Era tra le pagine del Quaderno proibito della Céspedes.

«Un libro che tuo zio non avrebbe mai letto» disse sorridendo. «Non era tipo da romanzi d’amore, solo saggi, biografie e testi storici. Avrei dovuto pensarci. Non ricordo esattamente quando la nascosi lì, certo fu tanto tempo fa. Poi la malattia di lui e la memoria che a poco a poco se n’è andata… Ma sono contenta di averla ritrovata. Beh, tu l’hai ritrovata».

Contemplò la foto con sguardo amorevole.

«Non c’è firma» dissi sperando di farla parlare.

«Oh non ce n’era bisogno» sorrise maliziosa.

Ero sempre più incuriosita, ormai era evidente che aveva avuto una storia, un amore clandestino, come si intuiva dalla dedica. Però non si sbottonava.

«Ho sempre pensato che lo zio fosse stato l’unico amore della tua vita» la stuzzicai.

«Lo è stato per quasi tutta la mia vita» lo disse con un sospiro di nostalgia.

«Non me ne vuoi proprio parlare?» chiesi quasi esasperata dalla curiosità.

«Non c’è molto da dire, è stato tanto tempo fa. Ero giovane e Arturo mi trascurava un po’ per via del lavoro. Era spesso all’estero per affari. L’ho incontrato all’inaugurazione di una mostra, abbiamo parlato di arte, mi ha invitato a bere qualcosa. Ci siamo rivisti un paio di volte a dei concerti e ho perso la testa per lui, lo ammetto. Ma anche lui era innamorato, sai? Non voleva approfittare di me».

«Ma chi era? Come si chiamava?» chiesi quasi con insofferenza.

«Che importa? È passato così tanto tempo. Non so neanche se sia ancora vivo».

«Potrei cercare di scoprirlo, se solo mi dicessi il nome».

Sorrise e guardò la foto. Poi continuò. «Dell’anno che siamo stati amanti, quella fu l’unica occasione in cui dormimmo insieme. Una specie di fuga d’amore. Sapevamo che non si sarebbe ripetuta, anche se non ne parlammo».

«Non ti ha mai sfiorata l’idea di lasciare lo zio e andartene con lui?»

«Oh sì, ma c’erano così tante complicazioni… Erano altri tempi, non si mandava all’aria così un matrimonio. Forse non ne ho avuto il coraggio. E neanche lui. Aveva moglie e figli. Ma è stato bello».

«E lo zio? Lo ha mai sospettato?»

«Forse ha notato qualcosa, mi avrà vista un po’ distante, perché il suo atteggiamento è cambiato. Ha ricominciato a corteggiarmi come da fidanzati, mi ha portato con lui in qualche viaggio. Ma non mi ha mai chiesto niente e alla fine le sue attenzioni mi hanno curato».

«E non ti sei mai sentita un’ipocrita a non dirgli niente?»

«Molte volte è meglio non confessare. È solo un modo per liberarsi la coscienza e imponi all’altro tanta sofferenza. Racchiudi nel profondo quello che è stato e lo conservi gelosamente come un tesoro. E comunque il tempo ha dimostrato che ho avuto ragione a tacere. Il nostro è stato un matrimonio felice, ci siamo molto amati. E comunque sì, questa foto rievoca davvero due giorni indimenticabili» disse accarezzandola delicatamente quasi a togliere la polvere del tempo.

«E io che credevo lo zio fosse stato il tuo unico amore!»

«Sei abbastanza grande per capire che ci sono tante forme di amore» disse sorridendo.

Ancora una volta mi aveva sorpreso.