Racconto di Silvano Conti

(Seconda pubblicazione)

 

Era un giorno soleggiato di inizio primavera quando il mio cuore affaticato dal tempo provò un sussulto come avesse per incanto sessant’anni in meno. Seduta su di una panchina del parco vidi Mirella o meglio mi sembrava fosse lei. Sessant’anni sono tanti ma il profilo del suo volto era unico, non potevo essermi sbagliato. Mio Dio, il mio primo Amore me lo ritrovai davanti all’improvviso. In un attimo rividi la mia giovane mano nella sua, il suo profumo di gioventù, le nostre parole sussurrate piene di affetto e di passione. Quanti ricordi, quanti momenti felici e quel terribile momento quando tu mi dicesti, con le lacrime agli occhi, che da lì a poco, saresti dovuta partire con la tua famiglia per il Sudafrica, a Pretoria. Tuo padre, per questioni di lavoro, fu trasferito là per un tempo indefinito. Ricordo che passai un periodo di profonda tristezza e disperazione. Ogni mia lacrima era piena di ricordi, di baci, di carezze. Mirella, quanto ti ho amata!

Dopo di te non ho amato più nessuna. Nessuna ti poteva assomigliare perché tu eri il mio Paradiso, la mia Vita. Ho passato tutti questi anni nella speranza di rivederti e all’improvviso eri a pochi metri da me. Non sapevo cosa fare e se svelarti la mia identità. Con tutto il coraggio decisi di sedermi sulla tua stessa panchina. Mi sforzai di avvicinarmi con passo sicuro ma la mia mente era un tornado di ricordi e non riuscii ad essere lucido. Stavi leggendo un libro e sotto la panchina, vicino ai tuoi piedi, c’era un maltesino, che non so per quale motivo, pensai tu avessi chiamato Lucky. Eri ancora bellissima, con quella tua eleganza semplice e raffinata. Mi sedetti vicino a te e ricordo che ti dissi un banale: “Buongiorno” e tu mi rispondesti con un sorriso. Con quel sorriso che non se n’era mai andato dalla mia mente. Usavi ancora la stessa marca di profumo che ti regalai per il tuo diciottesimo compleanno. Chissà quante boccette avrai consumato in tutti questi anni! Mi scese una lacrima, una lacrima d’amore. Il mio cuore stava esplodendo ma ero paralizzato. Non sapevo cosa fare! Il tuo cane mi si avvicinò e mise le sue zampe sulle mie ginocchia. Tu dicesti: “Lascia stare il signore, lo scusi!”. Riuscii solo a dire: “Non importa, ci mancherebbe”. La tua voce dopo tutti questi anni era rimasta così dolce così… mio Dio, Mirella!

All’improvviso chiudesti il libro, ti alzasti e mi facesti un segno di saluto. Ti gridai: “Mirella non andartene!” e tu mi dicesti: “Ma quale Mirella mi chiamo Luciano e sono un trans”. Ricordo che ci rimasi male, molto ma molto male e fissai subito un appuntamento con l’oculista e uno con l’otorino!