Racconto di Monica Giovanna Binotto
(Prima pubblicazione)
Sta succedendo qualcosa, lo sento. Non capisco cosa sia, ma mamma è agitata e papà sembra sull’orlo di una crisi di nervi. Continua a correre avanti e indietro per la casa. Sembra aver perso qualcosa, forse le chiavi della macchina. Gli succede spesso ma di solito non ne fanno un dramma. Non capisco proprio che gli prenda a tutti e due.
Eppure oggi è stata una giornata tranquilla, come tutte le altre. Qualcuno potrebbe dire che la nostra sia un’esistenza noiosa ma a me piace e, spero davvero che questa non sia l’ultima notte della mia vita.
Mi sono sempre sentita circondata da un immenso affetto da quando riesco a ricordare. Mamma mi ha sempre parlato con dolcezza, raccontandomi moltissime storie. E quante canzoni mi canta. Qualcuna l’ho anche imparata a memoria. A volte anche se sto giocando a fare le capriole che è il mio passatempo preferito, bastano le prime note di una di quelle canzoni per farmi fermare e mettere tranquilla ad ascoltare, facendomi cullare dall’abbraccio di mamma.
Anche papà mi vuole molto bene sia chiaro e, quando non è in ditta, gli piace sedersi a parlare con me. Lui non mi racconta storie però. Mi parla del suo lavoro. Dice che quando sarò grande potrei andare a lavorare con lui, dopo aver finito l’università ovviamente. Io non lo so cos’è l’università, ma se papà dice che bisogna la farò, perché lui sa come funziona la vita e io mi fido di lui.
Papà non mi canta le canzoni, anzi, prende in giro mamma e le dice che è stonata. Invece non è vero. Mamma canta benissimo. A volte quando lo fa ascoltando la radio, penso che sia più brava lei di alcuni cantanti. Ma, certo, io sono un po’ di parte lo ammetto.
Insomma questa è stata la mia vita fino a questa sera. Eravamo andati a letto dopo aver visto uno di quei film di Natale che a mamma piacciono tantissimo, e dormivamo tranquilli quando la mamma ha chiamato papà dicendo che stava male. Anzi gli ha detto proprio che le faceva molto male. Ma lo ha fatto sottovoce per non svegliarmi senza accorgersi che invece io ero già sveglia e un po’ spaventata dalla confusione attorno a me. Ecco in confronto al mare tranquillo in cui siamo soliti navigare, adesso sembra di essere su una barchetta in balia di un mare stravolto da un ciclone. E papà non è certo un capitano che infonda coraggio. Non adesso almeno. Si è infilato i pantaloni e un maglione rosso con le renne bianche, un calzino blu e uno verde, e le scarpe lucide che usa per andare in ufficio. Mamma, piegata in due, gli dice di cambiarsi. Io mi sento davvero sottosopra. Non so cosa sia ma sembra quasi che il mondo mi stia precipitando addosso. Ci sono momenti che mi sento come se mi stessero strozzando. Forse non è mamma che sta male, forse lei si è accorta che sta succedendo qualcosa a me. In alcuni momenti mi manca il fiato ma poi passa per un po’ e allora mi rendo conto di quello che accade.
Ecco siamo usciti di casa. Papà ci aiuta a salire in macchina e parte di corsa. Mamma, stranamente, non lo rimprovera e lui corre e suona il clacson. Perché non mi dicono nulla? Sembra quasi che io non ci sia. Invece sono qui, come sempre. Eppure nessuno mi parla, nessuno mi canta una canzone, niente. Eccolo di nuovo che mi stringe la gola e mi toglie il fiato, ma cos’è? Mamma, papà, aiutatemi ditemi cosa sta succedendo.
“Dai piccola tieni duro, vedrai che finirà presto e poi staremo di nuovo tutti bene.”
Mamma mi ha sentita. Meno male. Ora mi sembra di sentirmi meglio. Se lei mi dice che andrà tutto bene io le credo. Papà rallenta, non so dove siamo ma vedo luci rosse e blu che girano. Mi mettono con la mamma su una sedia con le ruote e ci spingono veloci lungo un corridoio che sembra non finire mai.
Papà ci raggiunge di corsa brontolando perché ha dovuto parcheggiare lontano. Stanno facendo un sacco di domande alla mamma. Io mi sento sempre più debole. Ci fanno sdraiare su un lettino strano e stretto. Papà tiene la mano di mamma e le accarezza i capelli. Mamma è strana: passa dallo scherzare con il papà e il dottore a fare degli urli spaventosi dicendo loro delle brutte parole. Di nuovo sembra essersi dimenticata di me.
Ed io continuo a sentire qualcosa che mi stringe il collo e poi mi lascia andare e riesco a malapena a respirare ormai.
“Dottore, c’è sofferenza, bisogna intervenire.”
“Ok, signora stia attenta, ora conteremo fino a tre e poi dovrà mettercela tutta e fare una bella spinta.”
Ma che sta facendo? Perché mette il braccio sopra la pancia della mamma?
Uno, due, tre… mamma fa un urlo tremendo ma non succede niente.
“Ancora, su brava, non ceda ora.”
Uno, due, tre…. urlo spaventoso della mamma, botto tremendo del papà che è svenuto e, finalmente, mi stanno togliendo il cordone che mi stringeva il collo.
Poi mi lavano bene e mi avvolgono in una coperta calda. Perché qui fuori fa freddo e c’è una luce strana. Mamma, dove sei?
“Signora, ha visto che è finito tutto? La bambina aveva due giri di cordone attorno al collo ma ora sta bene, e anche suo marito si sta riprendendo. Direi che lei è stata molto brava.” Dicendole così il dottore mi appoggia sul cuore di mamma. Ne riconosco il battito e mi piace. La guardo negli occhi. È bellissima. Lo sapevo.
Ecco anche papà, ha gli occhi lucidi e con una mano accarezza prima mamma e poi me, con l’altra, invece, si tiene la borsa del ghiaccio sulla testa. Anche lui non è male ma la mamma, la mamma è davvero speciale.
E, quindi, questa non è l’ultima ma la prima notte della mia vita.
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