Racconto di Silvano Conti

Prima pubblicazione

 

Questa mattina, uscendo di casa per andare a fare la spesa, mai avrei pensato di dover assistere ad un avvenimento aldilà di qualsiasi immaginazione! Vado a raccontare! Ero diretto al minimarket, assorto nei miei “pesanti” pensieri, quando udii un rumore sordo e lontano, sembrava, non so, non sembrava affatto, era un rumore nuovo, sta di fatto che un piccolo freddo brivido scivolò lungo la mia schiena. Ad ogni passo che percorrevo, quel suono diventava leggermente ma inesorabilmente sempre più forte. Mi guardai intorno ma le case non mi permettevano di scoprire la provenienza del suono misterioso. Immettendomi sulla strada che mi avrebbe portato al minimarket vidi a nord le montagne innevate. Sopra le montagne, però, sembrava si librasse e “vivesse” una nube nera nera, una nube in movimento. Non capivo cosa potesse essere o meglio, ho pensato, per un attimo e  con terrore, che potesse essere una nube scura di insetti.  Mi fermai di colpo e anche una signora con il suo cagnolino si fermò impaurita e mi chiese: «Secondo lei cosa può essere?»

«Signora sembra una grossa nube di insetti, grossi insetti che formano come delle protuberanze che escono e rientrano velocemente nella nube scura» le risposi. Mi guardò attenta e terrorizzata, se ne andò con passo spedito verso casa, presumo. Da lì a breve si formò un capannello di persone che a poco a poco diventò sempre più numeroso, le persone erano allibite e spaventate e soprattutto silenziose; chi a piedi, chi in bicicletta, chi in monopattino oppure in macchina, anche l’autista di un camion, con rimorchio carico di materiale inerte, si fermò. Nessuno di noi aveva voglia di parlare, eravamo tutti come ipnotizzati da quella nube scura. Ci guardammo l’un l’altro decisamente impauriti, si ha sempre paura dell’ignoto. Un’anziana signora con un bizzarro cappellino rosso ed un bastone da passeggio disse cupa: «Quella è la maledizione del Demonio! Quella è la nube nera del Demonio! Mio nonno Aroldo mi raccontava, quando ero bambina, che dopo le guerre le anime dei dannati entrano nel corpo degli uccelli e vagano per il mondo per anni fin quando non trovano un posto dove poter riposare per sempre».

Un ragazzo e una ragazza alla mia destra abbozzarono un sorrisino ma di profondo terrore. Ad un tratto intorno solo silenzio. Nessun rumore di clacson, nessun canto di uccelli, sembrava che anche il sole scaldasse meno del solito. Dalle finestre e sui balconi volti pallidi come la morte di gente che guardava a nord verso quella nube scura che lentamente ma inesorabilmente si avvicinava al mio paese. Si avvicinava a Gerenzano.

«Mamma ho paura» disse un bambino dietro di me. Mi voltai e vidi la mamma che lo guardava quasi non fosse interessata alla paura del bambino e ritornò a fissare la nube. Squillò la suoneria del mio cellulare, era mia moglie.

«Ciao, intanto che ci sei prendimi anche qualche fettina di petto di pollo o tacchino che li facciamo alla piastra. Ci sei?».

«Sì, ci sono ma non vorrei esserci».

«In che senso?».

«Sta succedendo qualche cosa di irreale».

«Cioè?».

«Non posso credere a quello che sto vedendo. Non so cosa sia ma abbassa tutte le tapparelle e chiuditi in casa. Non uscire per nessun motivo. Dillo anche ai vicini!».

«Cosa stai dicendo? Se è uno scherzo non mi fa ridere! Cosa sta succedendo?».

« Non lo so ma non mi posso muovere. Qualche cosa dentro di me non mi permette di scappare».

« Torna a casa subito! SUBITO!».

Chiusi la comunicazione! Ero convinto di essere testimone, insieme agli altri di qualche cosa di unico e irripetibile.

La nube si spostava verso sinistra, dopo un po’ verso destra, verso l’alto e verso il basso. Ondeggiava! Sembrava come un lungo manto scuro. Sembrava che da dietro la montagna questo manto non avesse una fine.

Dopo qualche minuto sentii che qualcuno prendeva la mia mano. Era mia moglie.

«Cosa sta succedendo? Cosa sta guardando tutta questa gente?».

«Ciao, amore! Guarda!».

Rimase a bocca aperta. Non l’avevo mai vista così. Oltre la paura era una curiosità terrorizzante. Aveva portato anche il nostro maltesino Lucky.

«Ti avevo detto di chiuderti in casa, non dovevi venire qua» dissi in tono severo anche se devo ammettere che mi faceva piacere avere mia moglie vicino.

«Mi hai messo troppa paura mista a curiosità. Non potevo lasciarti solo».

«Grazie amore!».

«Fammi capire: ma che cos’è?».

«La nube è troppo lontana, ci vorrebbe un binocolo».

Una signora a pianterreno di una villetta mi disse: «Ne ho uno in casa di mio marito, glielo vado a prendere subito».

«Grazie, signora!».

Da lì a poco la signora ritornò con un binocolo militare.

«E’ del mio defunto marito. È un ricordo di quando era in marina. Guardi lei perché io ho troppo paura di guardare!».

Presi il binocolo e lo puntai verso la nube. Intorno a me la gente impaurita e incuriosita si aspettava un mio responso.

Non ci potevo credere, erano migliaia, migliaia e migliaia di uccelli. Passeri, corvi, colombe, cornacchie, gazze, tortore, rondini. C’erano persino falchi e nibbi. A capo di quella nube un’aquila reale in tutta la sua maestosità.

Dissi ad alta voce: «Signori sono migliaia, forse milioni di uccelli». Alcune persone si misero a gridare, altre a imprecare, altre a pregare e altre mi guardarono come fossi un portavoce dagli inferi. Ma nessuno scappò via.

Ormai si erano riversate in strada centinaia di persone. Tutte con il naso all’insù aspettando che arrivasse quell’enorme, infernale stormo.

Mancavano pochi chilometri prima “dell’incontro”. Io e mia moglie ci stringemmo forte la mano e porsi la mano libera al mio vicino. In un attimo centinaia di sconosciuti, senza distinzioni di età e razza si presero per mano. Eravamo una cosa unica. Non c’era il minimo soffio di vento e ormai si sentiva nettamente il grido di milioni di uccelli e noi tutti eravamo lì ad aspettare come fosse arrivato il Giudizio Universale. All’improvviso il sole scomparve come durante un’eclissi totale. Ne arrivarono milioni e inaspettatamente cominciarono a rilasciare quintali e quintali di guano. I tetti delle case, le strade e la chiesa furono ricoperte di guano. Eravamo tutti ricoperti. Era praticamente un diluvio.  Alcuni scapparono cercando un riparo ma scivolarono miseramente! Ci aspettavamo passassero e andassero non che ci ricoprissero. Ormai era troppo tardi. Ogni cosa era un ammasso di guano. Una signora aprì un ombrello per proteggersi, era commovente. Sembrava che colasse la crema pasticcera sopra una fetta di torta. La maggior parte delle persone si lasciarono ricoprire come fosse una giusta punizione della Natura alle nostre malefatte e, forse, lo fu realmente. Dopo poco più di mezz’ora l’ondata svanì e la nube si dissolse. Milioni di volatili svanirono in pochi minuti come fosse un enorme fuoco d’artificio. Ognuno nella sua direzione, ognuno nella sua “casa”. Io e mia moglie guardammo i due fidanzati vicino a noi e cominciammo a ridere, a ridere di gusto e come in un’enorme reazione a catena centinaia di cittadini cominciarono a ridere e sembrava non volessimo più smettere. Ritornammo a vedere il sole, ci salutammo l’un l’altro con una stretta di mano sporca di guano e ognuno ritornò alla propria casa a farsi una doccia calda, a lavare abiti e cani.

Vero Lucky?