Racconto di Valeria Paci

(Seconda pubblicazione)

 

 

-Dove lo facciamo a destra o a sinistra? –

-L’ultima volta l’ho fatto a sinistra. –

-Allora lo facciamo a destra. –

-Ma io con la destra scrivo, mangio, mi gratto la testa. –

-Mi dica lei, per me possiamo farlo di nuovo a sinistra. –

-Va bene, facciamolo a destra. –

Passarono i fatidici 15 minuti. D’improvviso un calore pruriginoso si impadronì di tutto il braccio fino all’omero e alla scapola.

Il braccio cominciò a lievitare leggero leggero fino a toccare il soffitto.

-Scusi dottore, non mi sento più la spalla-.

-Strano, signora, non vedo omero e la scapola non si sa dove sia-.

-Eppure io l’ho sempre amato Omero, per me è lo scrittore più grande di tutti i tempi. Forse sono due in realtà gli autori, oppure erano tanti i cantori dei poemi più belli dell’antichità. Mi ero completamente dimenticata di lui-.

-Signora, non quell’Omero, l’òmero, l’òmero… Non vedo più neanche la scapola-.

-Si sbaglia, non mi sono mai sposata né mai lo farò, le dirò che mi piace essere chiamata scapola, mi sa di antico e di tutte le cose buone e semplici di un tempo. Sono orgogliosamente scapola-.

-Signora, forse è meglio che lei si riposi. Credo che il siero le abbia dato alla testa-.

 

Uscita incredula dal centro vaccinale, tre militari la scortavano sospettosi, trainando quell’ingombrante braccio.

-Dove lo mettiamo? –

-Dove lo mettiamo a me lo dite? In macchina non ci entro, mi è diventato il braccio come quello di Hulk-.

 

Cominciò a piangere senza sosta, per giorni non toccò cibo e provava risentimento verso tutti perché tutti tranne lei avevano le braccia normali. Poi, stanca del suo stesso pianto, una mattina uscì. Comprò dei fiori senza dare importanza agli sguardi maliziosi. I fiori la facevano stare bene, erano colorati e profumati. Pensò di donarli alla vicina e si sentì subito ritornare il braccio in vita.

Piantò tanti fiori sul davanzale e più ne piantava più si sentiva scorrere di nuovo il sangue in corpo.

Decise in quel momento che avrebbe affrontato il mondo con un braccio solo e che per stare bene le sarebbe bastato.

E più aiutava, più stava bene più il braccio si rimpiccioliva, fino a tornare alle sue dimensioni di un tempo.

La donna riprese la sua vita normale, avrebbe potuto pensare che fosse stato tutto un sogno, se non fosse che quel braccio gigante le aveva insegnato a non aver paura di niente, né degli altri né di sé stessa. Tutte le mattine all’alba leggeva Omero guardando i gatti che dormivano agli angoli del suo corpo. E fu così che visse per sempre scapola, felice e contenta.