Articolo di Doris Bellomusto

 

Non conosciamo il nostro nome e cognome, non contiamo gli anni che indossiamo, non abbiamo alcun indirizzo a cui spedire amore. Siamo bidimensionali, schiacciate su un pezzo di carta che ci ritrae in bianco e nero, è una fotografia del primo ‘900, l’anno e il luogo sono imprecisati, noi siamo in due, giovani donne, nel fiore dei nostri anni sciupati, con noi c’è una bambina di circa dieci anni. Siamo vestite, completamente vestite, ci bagnamo le gambe e

assaporiamo il mare, troppo grande per noi, siamo donne e il mondo non appartiene a noi. Noi non sappiamo pensare, ma sentiamo il mare sulle gambe, ci concede carezze audaci a dispetto della stoffa pesante che ci copre. Da questo spazio senza profondità, noi non siamo vive e non siamo morte, per vivere e morire è necessaria l’identità e a noi il tempo l’ha rubata per sempre.

Siamo sorelle forse, ma non ne siamo certe, siamo qui, inchiodate al frammento di storia che ci contiene da troppo tempo e nessuno sa di noi. Una donna che ha il mare negli occhi ci ha scrutato con curiosità, un’altra, fatta di terra e sale, sta scrivendo di noi. C’è un filo che ci tiene

strette a queste mani e questi occhi, chissà da dove è partito, chissà dove andrà a finire, ci hanno viste con la coda dell’occhio rovistando fra le foto di famiglia, ma noi siamo corpi estranei.

Noi non siamo che fantasmi, ma siamo qui, il mare addosso, il tempo nascosto, l’amore sognato, senza nome, senza tempo. Nuvole.