Articolo di Alessio Torelli

 

Il 3 gennaio 1889, un uomo uscì dalla sua abitazione in via Carlo Alberto 6 a Torino. La scena a cui dovette assistere fu per lui sconvolgente: un cocchiere picchiava con inaudita violenza il suo cavallo. Con un impeto di ira e compassione, accorse a tentare di difendere e ad abbracciare l’animale, oramai stramazzato al suolo. A causa dell’accaduto, l’uomo venne anche arrestato per disturbo dell’ordine pubblico; successivamente venne riaccompagnato in casa sua in stato a dir poco confusionale e dopo pochi giorni venne spedito in una clinica psichiatrica a Basilea.

Quell’uomo era Friedrich Nietzsche. Da pochi mesi risiedeva a Torino e durante il suo soggiorno aveva scritto la sua celebre opera “Ecce homo”.

L’autore era affetto da neurosifilide e passò gli ultimi anni prima della sua morte avvenuta nell’anno 1900 in uno stato di follia, a causa della quale perse progressivamente anche la parola e durante la quale scrisse ai suoi amici, ai parenti e a importanti personaggi dell’epoca i “biglietti della follia”, delle lettere in cui si firmava come “Dioniso” o “il Crocifisso”.

Questo famoso avvenimento, che ha ispirato anche il film “Il cavallo di Torino” del 2011, rappresenta il tracollo fisico e psicologico di uno dei più grandi filosofi di sempre.

Nietzsche è il filosofo della follia e del mistero e questo curioso e allo stesso tempo tragico episodio ha suscitato diverse interpretazioni, per alcuni non è probabilmente mai avvenuto.

Una delle interpretazioni più affascinanti è rappresentata dall’identificazione della condizione del cavallo con il dolore universale, con la condizione di vita di tutti gli esseri viventi.

Milan Kundera in “L’insostenibile leggerezza dell’essere” riprende la scena e scrive di un Nietzsche che chiede perdono al cavallo per il modo in cui l’essere umano tratta tutti gli altri esseri viventi.

Non sappiamo come sia andata realmente ma questa immagine seppur densa di disperazione è da considerarsi poetica. Una delle più grandi menti del diciannovesimo secolo, il Nietzsche del superuomo che accetta la sua condizione e affronta il destino a testa alta, è in quel momento l’emblema dell’emotività, dovuta ad una definitiva presa di coscienza.

 

“Perfino Dio ha il suo inferno: è il suo amore per gli uomini.”

Friedrich Wilhelm Nietzsche