Articolo di Otis

 

L’ignorante con protervia non alza mai lo sguardo verso il cielo e inchioda i suoi occhi alla miseria di ciò che conosce, perché intende quella miseria come unica, inalienabile e imprescindibile ricchezza in suo possesso.

Il nuovo viene percepito come un’offesa, una violenza, una fatica a cui non si vuole soggiacere.

L’ignoranza è pigra abitudine: come un cerchio che si racchiude nel suo perimetro, senza domande “giustificando se stessa”.

I confini dell’ignoranza arginano in spazi delimitati la vita, quasi che il riconoscersi uomini di limitate capacità demandi con naturalezza ad altri la funzione di “ordinare” e di “controllare” la stessa propria esistenza”!

Superare il muro invalicabile dell’ignoranza, assumendo totalmente la responsabilità dell’esistere, senza la paura di misurarsi con ciò che non conosciamo, diventa l’unica possibilità per vivere e penetrare anche quel che viene definito come il “non senso” dell’esistenza, poiché “conoscere” è un’impresa che non trova mai compimento; al contrario l’ignoranza presenta il falso vantaggio di essere fondata su “verità” assolute e indiscutibili che stabiliscono il confine entro cui pensare,  entro cui agire senza capacità critica.

L’analisi della dimensione in cui si vive, unita alla consapevolezza del proprio limite, imprime forza e curiosa determinazione che si esprime quando la sintesi porta ad una dimensione espansiva del pensiero.

Ma quali sono i motivi che inducono a chiudersi nello stereotipo della propria nicchia culturale e perché qualcuno nasce con lo spirito dell’esploratore indipendentemente dalla educazione che gli viene impartita? È possibile che il condizionamento ambientale provochi una tale chiusura mentale? Quale esigenza interiore stimola la scoperta di nuove dimensioni? Cosa influenza la possibilità di uno sviluppo del pensiero in un senso o nell’altro? E solo una mera questione di intelligenza? Oppure interviene la paura di discostarsi da un mondo conosciuto?

Vivere è misurarsi con prove continue di coraggio, affrontando la paura che paralizza ogni ricerca. O semplicemente vivere è accettare lo stato angoscioso del vivere, limitando la propria esistenza entro insindacabili certezze?

Quante sfaccettature, quante domande su un tema dalle molteplici risposte. Quante forme ha l’ignoranza, e quanti pericoli! Il fanatismo, ad esempio, rappresenta il parossismo dell’ignoranza che in senso religioso o politico, è la più pericolosa forma di arroganza espressa nelle forme più perverse del potere.

È importante scoprire e capire davvero chi siamo e perdersi nei meandri della propria “natura”, per ritrovare e per esprimere la piena potenzialità del nostro essere e del nostro esserci, con il desiderio del risveglio della propria coscienza, con la curiosità di conoscere cosa abita al di là dei limiti che ci appartengono.

Tuttavia, la propria natura non cambia se si asseconda il proprio istinto, la propria genealogia caratteriale, il piccolo io, il proprio Karma, se non troviamo quella spinta emotiva che parte dal cuore, più spesso causata da un dolore e determinata dal bisogno di cercare “altrove” (in ciò che non conosciamo) le risposte alla nostra sofferenza.

Ma è questo che dà l’input, ad una indagine verso noi stessi, nei confronti del mondo, del nostro stesso esistere?

O, per contro, è l’ignoranza che giustificando se stessa, impedisce di scalfire la conoscenza monolitica del nostro sé e quindi del mondo esterno?

O, ancora, è il nostro sistema culturale/sociale, che imprigiona e condiziona il nostro “modus” e impedisce di andare OLTRE …