Di Otis – redazione

(24 gennaio 2021)

 

 

Parliamo?

Siamo sommersi dalle parole, ma il dialogo è diventato sempre più difficile. Il dialogo è diventato una prova di forza dove è importante sostenere i propri argomenti difendendo ad oltranza il proprio assunto senza mai mettersi a confronto.

L’esercizio della comunicazione ha perso la sua valenza, si assolutizza il proprio piano logico, quello segnato dall’ educazione e dall’esperienza, quello condizionato da un sistema che ha appiattito la capacità critica e quell’esercizio all’ ascolto, alla comprensione.

Le parole diventano le armi attraverso le quali si consuma la lotta per il proprio riconoscimento e per affermare il proprio potere.

Cresciuti in una società che propinava il motto “Sapere è Potere”, assistiamo basiti alla carrellata di saperi privi di dubbi e spesso in contraddizione, schiacciati da fiumi di parole che ormai hanno perso di significato. E l’attenzione si sposta dai contenuti alla forma.

Sono cambiate le modalità espressive non più basate sullo stile, sulla capacità dialettica, ora si osserva chi parla, se è persona di rango o di potere, se veste con ricercatezza e se le sue parole esprimono forza, protervia, ovvero se sono anch’esse espressione di un potere. E spesso non si hanno gli strumenti per qualificare quanto si ascolta.

L’aggressività verbale è riscontrabile in ogni ambito. Sono parole dette o scritte che rappresentano una cultura che va a decomporsi, sintomo di una intelligenza amorfa priva di curiosità, che si conforma al pensiero dominante.

Nella quotidianità la comunicazione diventa un ring nel quale misurare la propria capacità di sopraffazione o ancora la sottile capacità di persuasione. Le parole misurano i muscoli. E i più sprovveduti ricorrono alla violenza fisica. Si perdono di vista i valori fondamentali della relazione comunicativa. Con le parole vestiamo la personalità, ma diamo anche voce al bisogno. Quel bisogno indotto da un sistema consumistico, divoratore di desideri effimeri che impone la raffigurazione del piacere narcisistico del possesso di cose e del “potere”.

Così il potere delle parole, anche attraverso un lessico forbito o prolisso, che spesso capovolge i termini, in quell’acrobatica modalità sofistica che conduce a conclusioni precostituite da cui siamo travolti dalla tv e dai giornali.

Apparire è affermare la propria esistenza, dimenticando che Essere è l’autentica espressione della propria vita. Che cosa significa essere?

Vuol dire esprimere se stessi traducendo il proprio pensiero in parole e le parole in azioni, coerentemente. Vuol dire nutrire il proprio pensiero senza i limiti delle certezze, aprendo varchi alla curiosità e al dubbio con la consapevolezza e l’umiltà di “sapere di non sapere”, rifiutando la violenza e l’aggressività verbale di chi usa ambiguamente le parole per ferire, offendere, manipolare, per affermare indiscutibilmente la propria verità.