Racconto di Camilla Baresani
Redazione – L’inganno amoroso sotto il sole di un’estate che lentamente volge verso il suo termine
Di sicuro, lui sta soffrendo più di me. Chiaro che gli manca da morire il mio sorriso, come quando mi implora: “Sorridi subito, perché dentro ho il buio e ho bisogno di farmi abbagliare dai tuoi denti”… E quando giura di vivere perché io gli chieda di allacciarmi il reggiseno, di tirarmi su la cerniera dall’osso sacro fino al collo, di chiudermi un braccialetto? Chissà quanto gli mancano questi gesti! I gesti mancano più delle parole. Poveretto, sarà cupo e triste come non mai.
Va detto che io sono qui a godermi l’orizzonte del mare, adagiata su questi cuscini di spugna blu con profili bianchi, e attorno a me vedo solo giovani, bei corpi sodi, scattanti, e oltretutto c’è questa musica, meraviglioso smooth jazz al volume ideale che non disturba, e ora mi portano anche un estratto energetico di zenzero anguria e cavolo nero… Lui, invece, sarà in una situazione tipo leone in gabbia, si sforzerà di non pensarmi e stare finalmente con i figli e invece avrà addosso tutto il tempo la megera, e penserà a me, al confronto impietoso tra me e la rompiballe, e lei lo avrà recluso in un orrendo villaggio pieno di animatori scemi e bambini frignanti con la diarrea, circondato da papà e mamme che parlano solo di figli – e dove li mandi a scuola, e che dislessia ha il tuo, e che allergia ha il mio -, e attorno solo mariti stempiati con la pancia, mogli già un po’ rifatte, e ovviamente rifatte male…
Isabella si alzò con lentezza, come se temesse di cadere indietro per via di un capogiro. Era sola, sola al mare nel giorno di Ferragosto, stupidamente sola, come del resto era lui, lui pure era solo, solo con la moglie e i due figli, stupidamente solo. Non bisognerebbe mai separare le due metà di un grande amore, si disse sospirando così forte che le tremò il petto. Inciampò nella sdraio – che dolore al mignolo, che dolore! -, e le venne da maledire quel posto, quella sabbia, quella gente. Ma restò zitta, per non farsi deridere dal ragazzo sdraiato sotto l’ombrellone accanto al suo, che tra l’altro la stava guardando.
Speriamo che si diverta, che si rilassi, che trovi interesse in qualcos’altro, uno sport, nuovi amici, andare a ballare. Speriamo che non stia tutto il tempo a rimuginare, speriamo che queste due settimane di distacco e telefoni spenti la calmino un po’. È un anno che non sto così bene. Tranquillo, sereno, dormo senza neanche svegliarmi con lo stomaco in fiamme. Due settimane senza rispondere ai suoi continui messaggini e chiamate di amore ricattatorio, due settimane senza difendermi dai suoi attacchi di gelosia. Due settimane senza cancellare le tracce, senza scusarmi perché non posso portarla a Lisbona nel week-end, senza deluderla perché non posso andare a cena nel ristorante appena inaugurato a un isolato da casa mia, dove mi conoscono tutti, o perché non posso accompagnarla a una delle cento feste di suoi amici rompicoglioni che sembra non abbiano altro da fare che inventarsi party ed eventi ogni santa sera. Che pace la famiglia! Sono proprio un pazzo, cosa ho di maledetto che mi spinge a cacciarmi nei guai? Perché vado a promettere amori e futuri in cui non ho nessuna voglia di impegolarmi? Guarda Anna, invece, quanto è dolce, come si prende cura dei bambini, senza mai chiedere niente! E non pretende sesso compulsivo, e non le devo fare regali ogni due minuti, ed è anche autonoma, organizzata, con la testa sulle spalle, una che sa cosa vuol dire gestire una famiglia… Che donna! Sposarla è la cosa più giusta che abbia mai fatto, si disse Alfredo mentre osservava la moglie mezza sprofondata in una buca nella sabbia, che costruiva con secchiello e paletta un castello sbilenco per i bambini, e ci metteva un impegno come se interessasse più a lei che a loro, che invece si lasciavano distrarre da un ricciolo d’onda, dal guscio di una tellina, da un pezzo di vetro coi bordi smussati dal mare.
Isabella si esaminò nello schermo del telefono: era perfetta, le sue forme evidenziate da un costume intero bianco, bellissimo. Che spreco, pensò. Che spreco! gridò dentro di sé, piuttosto arrabbiata. Così, quando il ragazzo del lettino di fianco le chiese: “Che fai questa sera, vieni a ballare con me?”, lo guardò meglio e poi disse “Sì”. E gli disse “Sì” anche più tardi, al ritorno, quando lui le chiese di passare la notte insieme nella camera che aveva affittato in un Airbnb. Se Alfredo rompe il patto e mi chiama, non gli risponderò, ben gli sta, pensò Isabella, barcollando un po’ per la vodka bevuta e un po’ per il male che le facevano i sandali alla schiava, maledetti, scomodissimi.
Alfredo guardò la moglie che usciva dalla buca, tutta insabbiata. Poi guardò a sinistra della moglie, piantando gli occhi sul corpo di una giovane mamma stupenda, dolcissima con il suo bambino piccolo piccolo stretto al petto, in una morsa tenerissima che faceva voglia di sostituirsi al bebé, tra quei seni. A dire il vero, la osservava da tre giorni. Era sola, lei e il suo piccolo. Non lascio questo posto senza il suo numero di telefono, si ripromise. Più tardi, quella sera, mentre sua moglie metteva a letto i bimbi, agganciò la giovane mamma al buffet dei dolci. “Lei è stupenda, con suo figlio”. E il mio matrimonio è tanto infelice, pensò, senza ancora dirlo, perché ci sarebbe stato tempo di spiegarlo, nei giorni a venire
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