Poesia di Rossella Focaccio
(Pubblicata l’11 maggio 2019)

 

 

Ho chiesto al vento:

Cosa ti porta a vagare inquieto,

senza mai fermarti, senza riposo?

“ Un giorno sfiorai il mio perduto amore

L’avvolsi in un tiepido abbraccio

E tutta la rimirai, il suo sorriso

Che nacque dalla mia carezza

Mi conquise per sempre.

La persi in un giorno di pioggia

Le mille gocce la nascosero

E ne smarrii l’odore.

Da allora la cerco ovunque

E corro con rabbia nelle tempeste

Perché non riesco a trovarla,

Procedo leggero e silenzioso per la gioia

Di averla, almeno una volta, incontrata”

 

Ho chiesto al mare:

Perché le tue onde si frangono senza requie

Sulle coste del mondo, alte come giganti

E fragorose come il tuono, o gentili

e tranquille come il dondolio di una culla?

“Un giorno l’accolsi nel mio liquido grembo,

e sostenni il suo corpo lieve e armonioso.

La risata argentina per l’incredulo

Stupore delle meraviglie racchiuse in me

Mi fece suo per sempre. Quando mi lasciò,

Levandosi grondante e felice,

col suo passo tranquillo raggiunse la terra,

ed  in essa si inoltrò: con dolore seppi

che non era più mia. Da allora

cerco di raggiungerla, e di strapparla

alle coste che sono la mia prigione,

ma a volte le lambisco con tenerezza,

perché esse ospitano il mio amore.”

 

Ho chiesto alla terra:

Perché talvolta fiorisci così rigogliosa

e ricca, eppure tanto arido deserto

rende desolate le tue distese?

“Un giorno la sentii camminare

Su di me, era bella

come i raggi del sole di maggio,

con le mani toccava le mie foglie

ed il suo canto giocava con i richiami

dell’usignolo. Seppi da quell’istante

di non poterne più fare a meno,

e per trattenerla mille piante inventai

profumate e mirabili, frutti saporosi

per sfamarla, e rami intricati

per  rallentare il suo cammino.

Ma così non può vagare

in tutte le mie regioni,

ed alcune mai conosceranno

La sua radiosa presenza.

So che non più mi lascerà

Ed in me riposerà per sempre

Anche quando di lei resteranno

Solo fiori e frutti a raccontarmi

Della sua bellezza.”

 

Ho chiesto alla morte:

Perché cogli indifferente ogni vita che sorge

In questo mondo vasto e sorprendente,

a volte prima che il tempo trasformi

la loro gioventù in vecchiezza?

“Il mio ruolo di mietitore

Non può sostare dinanzi alla ragione,

nel fascio di grano anche i fiori

saranno recisi. Ma un giorno

la vidi nascere con un pianto dolcissimo,

e con lei nel mio cuore venne alla luce

un sentimento a me prima sconosciuto:

la nostalgia della sua compagnia,

che potrò godere solo quando sarà

un’ombra senza calore,

 

ed il vento non potrà più trovarla,

il mare ruggirà inconsolabile,

la terra ne serberà solo le spoglie.

Ma non sarò felice, perché conosco il dolore

Di coloro che l’avranno perduta

E di quello che è, io possiederò

Solo un pallido riflesso

senza la sua pienezza.

Eppure non rimpiango questo tormento

Perché ora so cos’è l’amore.”

 

Poi non ho chiesto più nulla

Perché anch’io sapevo la ragione

Di tutte le cose

Della felicità della Presenza

Del desolato sconforto dell’Assenza

Del loro inestricabile legame

Ed ho riso tra le lacrime.

La terra le ha bevute

Il vento ha asciugato il mio viso

E l’ho lavato con l’acqua del mare.