Racconto di Silvio Esposito

(Terza pubblicazione 23 dicembre 2020)

 

 

Il Natale si avvicinava e Francesca, una bambina napoletana di dieci anni molto graziosa e vivace, insieme alla madre aveva appena finito di allestire un bellissimo presepe. Ed era uno spettacolo per la vista, ma viste le difficoltà economiche in cui versava la famiglia, anche se la piccola aveva insistito per tenerlo il padre decise di metterlo in vendita. Altrimenti, le aveva detto guardandola negli occhi, niente doni e il cenone sarebbe stato magro. Così poi lo aveva preso ed esposto nella stradina sotto casa.

Francesca, affacciata alla finestra, se lo guardava triste sperando in cuor suo che nessuno lo comprasse. Il cartellino narrava che per la modica cifra di centocinquanta euro il compratore avrebbe fatto un affare. Ma ne valeva molti di più, e anche se era piccola, si era detta che ce l’avrebbe messa tutta pur di trovare i soldi necessari e comprarlo. Poteva fare qualche lavoretto come dog-sitter, pulire gli androni del vicinato e fare le commissioni agli anziani. Era certa che ce la poteva fare con un po’ d’ingegno. Il presepe, in fondo, era una sua creatura. L’aveva fatto con tanto amore e passione insieme alla madre e non poteva finire nelle mani di chi, forse, non avrebbe capito tutto il sacrificio fatto per arrivare a quel risultato. Per mesi avevano riciclato carte e cartoncini colorati ed erano andate anche al mercatino dell’usato dove avevano comprato alcune statuine vecchie e logore a cui poi avevano dato vita nuova. Francesca aveva preparato personalmente la grotta per ospitare il Bambin Gesù, come anche la culla, ricavata con della paglia secca presa da una stalla per rendere tutto il più realistico possibile.

Quel presepe per Francesca era il più bello del mondo. Anche perché alcune delle statuine che gli davano vita erano molto antiche. Quelle che le aveva lasciato la nonna paterna, ora in cielo con Gesù. Napoletana di nascita, la nonna le aveva portate in “dote” e, alla sua morte, le lasciò alla madre. Nonna Benedetta prima di andarsene aveva detto a Francesca che quelle statuine erano opera di artigiani napoletani tra i più bravi al mondo a fare presepi. Botteghe che durante le feste natalizie erano meta di persone che giungevano da ogni parte del mondo per vedere i loro capolavori. E alla piccola piaceva moltissimo una statuina fatta da loro, quella del giovane pizzaiolo che sfornava pizze mentre alcune persone, sedute al tavolo, aspettavano di essere serviti. Forse perché le piaceva tantissimo la pizza, la margherita preferibilmente. Inoltre, la nonna prima di non esserci più con la testa le aveva detto che ogni presepe conteneva un tesoro. Ma Francesca non lo aveva mai trovato così che il padre le disse che quella era solo una favola per tenere buoni i bambini. Ma Francesca ci credeva e ora sperava di trovarlo prima che il presepe fosse venduto.

Il padre, come ogni mattina, esponeva il presepe davanti casa. E fortunatamente finora nessuno si era fermato a comprarlo. Questo perché la piccola Francesca lo aveva convinto ad aumentarne il prezzo e sul cartello adesso c’era scritta la cifra di: duecentocinquanta euro. Sperava che con quella variazione nessuno comprasse il presepe così che restasse suo per sempre. E la cosa sembrava funzionare, molte persone si fermavano ad ammirarlo, ma quando vedevano il prezzo rinunciavano. La bambina ogni volta che facevano spallucce e se ne andavano rideva tra sé contenta che il suo piano stava funzionando. Bisogna dire che dove abitavano la famiglia Esposito c’era solo gente povera e di certo non poteva permettersi di spendere tanti soldi per un presepe.

Tuttavia, Francesca non si era fatta prendere dall’euforia, sapeva che sotto il periodo natalizio la via si riempiva di gente che veniva da fuori e poteva capitare che qualche benestante lo volesse comprare. Così iniziò a fare dei piccoli lavoretti al pomeriggio, al mattino andava a scuola e non poteva. Faceva la spesa alle persone anziane del rione e per loro andava a prendere le medicine in farmacia. Portava i cagnolini delle vecchiette a spasso e qualche volta si era fermata anche a fare le pulizie nei loro appartamenti. Ma alla fine della giornata quello che riusciva a racimolare erano pochi spiccioli e non sarebbero bastati a convincere suo padre a ritirare il presepio dalla vendita.

Il Natale si avvicinava, mancavano dieci giorni e aveva messo da parte solo cinquanta euro. Demoralizzata si era seduta accanto al suo amato presepe e guardava le statuine che lo componevano angosciata. E quando alzò gli occhi e vide da lontano farsi avanti un signore alquanto strano, s’incupì ancor più. Strano nel senso che gli sembrò fuori posto in quel vecchio vicolo dove di solito passavano solo alcolizzati e qualche prostituta. L’uomo, infatti, indossava un completo grigio, camicia bianca, panciotto, e al posto della cravatta un farfallino di colore rosso scuro. Alto e magro come un chiodo, portava capelli e barba curati di un bianco intenso, non giallo ocra come tanti vecchietti del posto. L’uomo veniva avanti deciso e per un attimo ebbe paura e in cuor suo sperò fosse arrivato lì solo per caso, e non per comprare il presepe.

Purtroppo non era così, il gentiluomo si fermò proprio davanti casa sua ed era molto interessato al presepe esposto. Si chinò a guardarlo con molta attenzione e aveva preso in mano anche una delle statuine, che iniziò a girare e rigirare tra le mani guardandola con una espressione di meraviglia sul volto. Dopodiché la ripose con delicatezza al suo posto per prenderne un’altra ancora e poi tutte le altre.

Francesca nel frattempo tratteneva il fiato.

Quando l’uomo si accorse della piccola i suoi occhi chiari e scrutatori iniziarono a fissarla e, solo dopo averla studiata per bene, le parlò usando un tono calmo e riflessivo. «È tuo questo bellissimo presepe? Ragazzina.»

«Sì! Signore.» Rispose Francesca con un filo di voce.

«Ed è in vendita?»

«Forse! Dipende, Signore.» Disse sperando d’infastidirlo così che se ne andasse.

Cosa che però non accadde.

«E dimmi, piccola impertinente, da cosa?»

«Dipende da quanto è intenzionato a spendere! Sa che questo presepe è speciale ed è molto costoso? Perciò mi dica… quanto è disposto a offrire pur di averlo?» Francesca aveva nascosto il prezzo che il padre aveva esposto così da aumentarlo ancora e far desistere l’uomo dal comprarlo.

«Ah, davvero? E per quale motivo è speciale? Sentiamo.»

Adesso doveva inventarsi una buona storia, perché se l’uomo si fosse insospettito avrebbe chiamato suo padre e sarebbe finita. «Vede, Signore, questo presepe è parte della storia della mia famiglia, da tempo immemore è passato di mano in mano fino ad arrivare a me.»

L’uomo, intanto, continuava a guardare il presepe e sembrava non essere interessato alla storia della sua famiglia. Al che Francesca decise di dire la verità con la speranza di impietosirlo. «Ecco, Signore, vede, la verità è che io non voglio venderlo, è mio padre che vuole. Perché abbiamo bisogno di soldi. Pensi, ho anche fatto dei piccoli lavoretti per evitarlo, ma i soldi che ho racimolato finora non bastano a soddisfare le esigenze economiche della mia famiglia. Ecco perché le costerà molto caro.»

La guardò a lungo con aria seria e poi, preso il portafoglio, l’uomo tirò fuori tanti soldi da farle venire il capogiro. «Non so se bastano, piccolina, ma questo è quello che sono disposto a darti per il tuo presepe.» Le mise in mano venti biglietti da cento euro ciascuno sorprendendola.

Francesca non aveva mi visto così tanto denaro in una sola volta. Non si aspettava una tale cifra e dalla sua bocca uscì solo un semplice: «Ma, sono troppi!»

L’uomo allora sorrise e, prendendole una mano stringendola delicatamente, disse: «No! Il tuo presepe ne vale molti di più, è solo che al momento posso permettermi solo questi, piccola mia. Comunque, puoi tenere per te una statuina se vuoi, qualunque desideri… ma ti prego, devi vendermelo, ne ho davvero bisogno. Ecco, visto che tu mi hai detto la verità ora ti dirò la mia. Devi sapere che ho una figlia che ha pressapoco la tua età e mi ha chiesto in dono, per Natale, un presepe speciale. La mia bambina è molto malata ed è per questo che voglio accontentarla. Ho girato molto per trovarne uno davvero speciale e credimi, ne ho visti tantissimi molto più belli del tuo, tuttavia non avevano quel qualcosa di speciale che ho visto nel tuo. È stato fatto con amore e si vede. Quindi adesso te lo chiedo ancora una volta, me lo venderesti il tuo presepe, per favore?»

Francesca non sapeva cosa dire, aveva tentato in tutti i modi di non venderlo, ma ora quel Signore distinto le chiedeva di venderlo per una buona causa, il suo presepe sarebbe servito a portare un sorriso a una ragazzina più sfortunata e non poteva sperare in meglio. E poi quel Signore le sembrava proprio una brava persona. Al che si era detta che quella era l’unica cosa giusta da fare e, puntati i piedi in terra, con fermezza d’intenti disse: «Il presepe è vostro, Signore. Anzi, di sua figlia, Signore. Portatelo a lei e ditele che l’ho fatto con tanto amore nella speranza di dare un momento di felicità a chiunque si fosse fermato ad ammirarlo. Spero tanto che ammirandolo le dia la stessa gioia che ho provato io nell’allestirlo.»

«Mi chiamo Arturo, bambina mia e sono sicuro che mia figlia appena lo vedrà resterà incantata. Così che il mio cuore si riempirà di gioia, come lo è già adesso perché tu hai deciso di venderlo.»

L’uomo aveva stampato sul volto un sorriso radioso e, come le aveva detto, prima di portarlo via fece scegliere a Francesca una statuina. E indovinate quale aveva preso? Il giovane pizzaiolo che sfornava pizze margherita. Poi, Arturo la salutò e si avviò lungo la strada da cui era arrivato portando via con sé l’amato presepe. Francesca seguì il suo andare con lo sguardo fino a che non lo vide sparire dietro un angolo.

Entrata in casa. Francesca pensò che quest’anno il Natale per loro sarebbe stato meraviglioso. La mamma aveva preparato l’albero con tante lucine colorate che riempivano il cuore di gioia e, a guardarle scambiarsi di ruolo passando dal rosso al verde al blu e poi ancora al rosso, sorrise al pensiero che tra poco sotto ci sarebbero stati tanti regali e cibo abbondante sulla tavola per tutti. Avevano un sacco di soldi ora. E grazie a quella vendita per un po’ sarebbero stati una famiglia felice, allegra e spensierata.

Era arrivata la vigilia e Francesca, stanca per aver aiutato la madre a preparare il cenone, se ne stava seduta fuori casa in attesa che il padre rientrasse. Ma invece del padre si faceva avanti il postino con un grosso pacco in mano e, giunto a un passo da casa sua, disse: «Abita qui la Signora Francesca Esposito?»

«Veramente sono una signorina e lo sarò ancora per molto tempo, Signore!»

«Capisco, allora chiami un suo genitore, ho da consegnare un pacco indirizzato a te ma per farlo ci vuole la firma di un maggiorenne.»

La madre di Francesca sentita la discussione era uscita e, firmata la ricevuta con una nota interrogativa sul volto, come a dire vorrei sapere chi l’ha mandato, preso il pacco, piuttosto pesante, lo portò dentro. Così che il postino andò via borbottando: «ma quanto sono strane quelle due, arriva un pacco enorme e invece di gioire sono preoccupate. Manco fosse una bomba.»

Francesca e la madre poggiarono con attenzione il pacco sul tavolo. Entrambe erano curiose, soprattutto la madre, si chiedeva chi poteva aver mandato un pacco alla figlia, non di certo il padre, pensò, non era solito fare gesti così eclatanti per recapitare un regalo.

La figlia, invece, era eccitatissima. «Un pacco per me, madre. Non ci posso credere. E chi mai può avermelo mandato?» Esclamò euforica.

A questo punto la madre intervenne. «Beh, allora cosa aspetti? Aprilo e scopriamolo!»

Prese le forbici, dopo non poca fatica riuscii ad aprirlo e, tale fu la sua sorpresa nel constatare cosa vi fosse dentro, che scoppiò a piangere: il suo amato presepe era ritornato più bello di prima. E non c’era solo quello, ad accompagnarlo una lettera, ed era indirizzata a Francesca.

La piccola Francesca prese la lettera con mani tremanti e, dopo averla aperta, la lesse ad alta voce, così che potesse ascoltare anche la madre. «Cara dolce Francesca, questa missiva per dirti che il tuo meraviglioso presepe ha reso felice le ultime ore di vita di mia figlia. Come ti avevo accennato, la mia bambina era molto malata, ma nonostante il dolore che non la lasciava mai, con il tuo presepe è riuscita a provare finalmente un po’ di quella gioia che a lei tanto mancava. Se avessi potuto vederla nel momento in cui glie l’ho mostrato, ebbene, il suo volto ha preso a illuminarsi ed era da tanto che non la vedevo così radiosa e felice. Quindi non ho parole per ringraziarti, il tuo presepe è rimasto di fianco al suo letto fino alla fine, mia figlia non si stancava di guardarlo e mi ha detto che quello era il più bel regalo della sua vita. Ragazzina, tu non puoi immaginare cosa abbia significato per me sentire quelle parole. E adesso che la mia piccola è andata a stare con gli angeli suoi simili, ho pensato bene che fosse la cosa giusta restituirti ciò che era tuo, anche perché sono sicuro che la mia piccola da lassù sarà d’accordo. Il presepe è di nuovo tuo e mi raccomando, tienilo sempre con te, è importante che tu lo tenga fino a quando non lo cederai a tua volta mantenendo viva questa bella tradizione popolare. Ti abbraccio forte Francesca e grazie per la gioia che hai dato a mia figlia e di riflesso a me. Post Scriptum: dimenticavo di dirti che mia figlia si chiamava Margherita, proprio come la pizza che a te piace tanto.»

Finita la lettera Francesca scoppiò a piangere e a quel punto la madre l’abbracciò commossa.

Le lacrime della ragazzina scendevano lungo le sue guance lasciando solchi lucenti che parevano stelle cadenti. Era molto triste per la piccola Margherita che non c’era più, ma anche contenta per averla resa felice e, guardando il presepe, capì quale fosse il tesoro nascosto in esso. Aveva donato un momento felice a una persona che ne aveva bisogno e che, se le avessero dato in dono tutto l’oro del mondo in cambio, era certa che lo avrebbe rifiutato.