Racconto di Raffaella Legname

(Prima pubblicazione)

 

 

Finalmente ha smesso di piovere. Quando sento fuori della finestra quest’aria frizzante mi viene voglia di serate in giro, passeggiate tra le bancarelle, pizze sul lungomare con la musica che si sente in lontananza e il rumore dei fuochi d’artificio sparati da qualche parte… le mie estati sono sempre state così, fin da quando ero bambino, semplici, fatte di piccole cose che col passar del tempo si sono trasformate in ricordi bellissimi, di quelli che solo a pensarci fai pace col mondo intero… e stasera sono felice, e sorrido, perché mi sono reso conto di averne tanti.

Ma fra tutti, quello più vivo e nitido che mi scalda il cuore da anni è l’immagine di Serenella che mi sorride in bicicletta, bionda e adolescente, ricordo di un agosto ormai lontano in cui per essere felici bastava fare una corsa in spiaggia e respirare il profumo del mare. Era apparsa in un giorno di sole, ospite in casa di suo cugino, aveva indosso un paio di shorts di jeans con l’orlo sfilacciato e una canotta rossa, occhi grandi, capelli lunghi, il viso spruzzato di lentiggini. Mi aveva sorriso presentandosi: quel giorno il cielo era terso, come fosse di smalto azzurro, ma io ebbi l’impressione di averlo visto sempre in bianco e nero, prima del suo arrivo e del suo sorriso.

Non so quale chimica speciale riuscì a legare due anime tanto diverse quanto le nostre, forse il fatto che le nostre caratteristiche si compensavano: lei sempre allegra, solare, chiassosa, bella un fiore appena sbocciato, io silenzioso, goffo, ancora sofferente per il divorzio dei miei genitori e dall’aspetto decisamente insignificante, fatto sta che quella fu l’estate più bella della mia vita.

Divenimmo inseparabili ma ci parve quasi scontato, e starle vicino, per me, era una cosa naturale, come se ci conoscessimo da anni. La mattina veniva a chiamarmi sotto casa, suonava il campanello della bici e gridava a voce alta il mio nome, io mi affacciavo ancora assonnato dalla porta finestra del terrazzo e lei gridava “Sbrigati, ancora stai così? È una giornata bellissima, la spiaggia ci aspetta!” e mi sorrideva come una bambina che aveva appena aperto il regalo più bello del mondo, denti candidi, fossette laterali, occhi in cui mi perdevo.

La osservavo stendersi al sole dopo avere fatto il bagno, socchiudeva gli occhi con aria rilassata, e mi diceva: “Quanto sto bene così, vorrei che questa estate non finisse mai…” e mi pareva una creatura nata dalle onde del mare.

Gli amori più belli sono quelli che nascono per caso, e che si nutrono di piccole cose.

Il mio amore per lei era fatto di cieli azzurri, corse in bicicletta, bagni al mare alle otto di sera osservando il sole che tramontava, libri letti insieme sotto l’ombrellone, io che l’aiutavo a preparare gli esami di riparazione in latino, lei che mi insegnava a suonare la chitarra… a volte basta veramente poco per essere felici. O forse mi sembrava così perché da adolescenti le luci sotto cui tendiamo a osservare il mondo non contemplano i colori della tristezza e della noia, e l’amore ci sembra sempre quello con la A maiuscola.

Dovremmo tutti conservare, da adulti, la spensieratezza e l’entusiasmo con cui a 16 anni si va incontro a questo tipo di amore, e forse la vita sembrerebbe meno dura.

Serenella aveva una Smemoranda 16 mesi rossa dove in inverno scriveva i compiti per il giorno dopo e annotava pensieri e momenti della sua giornata, e in cui conservava fotografie, ritagli di giornale sui suoi cantanti preferiti e tutto ciò che la emozionava di più. Negli anni 90, quando ancora non esistevano gli smartphone, era proprio attraverso i diari cartacei che noi ragazzi amavamo raccogliere quelli che io amo definire ‘pezzi di vita’: una versione riveduta e corretta delle scatole di latta dei biscotti in cui le nostre nonne riponevano foto e lettere d’amore.

A quel tempo però mi piaceva giocare a fare il duro, e non perdevo occasione per sfottere la mia amata ragazzina:

“Il tuo diario è alto almeno trenta centimetri – le dicevo – ma ti entra nello zaino?”

Lei scoppiava a ridere:

“No – rispondeva – ma non me ne frega niente, lo porto a mano, per averlo sempre pronto all’uso!” e lo richiudeva legandolo con una cinta per libri in modo tale da non far fuoriuscire tutto quello che c’era all’interno.

“Mi fai leggere quello che scrivi?” la incalzavo ancora.

“Noooo!!! Top Secret! – esclamava stringendo la Smemo al petto – Se vuoi ti posso mostrare i disegni!” e allora la apriva in determinate pagine e mi faceva vedere i personaggi dei Manga che disegnava velocemente a mano libera usando una biro.

La notte di San Lorenzo andammo in spiaggia a vedere le stelle cadenti: in realtà fu lei, come al solito, a trascinarmi, perché io, che volevo dimostrarle a tutti i costi di non essere una femminuccia, le avevo detto che guardare le stelle cadenti mi aveva sempre portato sfortuna.

“Ma che dici!!! Anzi, se guardando cadere una stella esprimi un desiderio questo si avvera! – mi aveva detto lei convinta mentre stendeva l’enorme telo da mare dove mi invitò a sedermi – mi raccomando occhi al cielo!”

L’avevo accontentata e mi ero messo supino con le mani incrociate sotto la testa. Poi mi ero accorto che lei invece stava scrivendo sul suo inseparabile diario:

“Ma tu non guardi le stelle?!” le avevo chiesto.

“Controllale tu anche per me – aveva risposto senza togliere gli occhi dalla Smemo – finisco di scrivere ed arrivo subito”.

“Allora come minimo dopo mi fai leggere ciò che hai scritto”.

“Ok, ma tu intanto non ti distrarre e non mi distrarre.”

Un paio di minuti dopo, la voce chiara e dall’accento romano di Serenella iniziò a leggere:

“Spiaggia di Ostia, 10 agosto 1990: Per chi stasera sta guardando il cielo in cerca della sua stella. Per chi la sua stella l’ha già trovata. Per chi l’ha rincorsa ma l’ha vista cadere. Per chi ce l’ha già accanto ma ancora non lo sa. E per tutti coloro che, guardando all’insù, hanno ancora la voglia e l’entusiasmo di esprimere un desiderio, uno qualunque. BRAVI, CONTINUATE COSI’, RAGAZZI, QUESTA NOTTE E’ TUTTA VOSTRA, BUONA NOTTE DELLE STELLE!”

Penso che se fossimo stati adolescenti al giorno d’oggi e al posto della Smemo di Serenella ci fosse stato un telefonino di ultima generazione, probabilmente ciò che aveva scritto quella ragazzina lentigginosa e piena di vita sarebbe diventato un post virale. Ma non mi avrebbe dato la stessa emozione.

“Ma sei bravissima!” le dissi stupito.

“Stelle cadenti ne hai viste?” mi chiese.

“No, io sono uno di quelli che la sua stella l’ha già trovata.” risposi, e lei mi guardò sgranando leggermente gli occhi.

Allora mi avvicinai a lei, le scostai i capelli dal viso e le diedi un bacio. Fu un momento molto romantico, col profumo e il rumore del mare come cornice e le voci in lontananza di ragazzi come noi che erano in spiaggia di sera a caccia di stelle.

“Io invece ce l’avevo accanto ma ancora non lo sapevo. Ma ora lo so.” Mi disse lei con un sorriso. Quel bacio innocente aveva sancito che finalmente eravamo una coppia.

Non me ne vogliano le ragazze che ebbi in seguito, ma il ricordo di quell’amore estivo è quello che maggiormente mi scalda il cuore quando ripenso al passato: sono passati tanti anni, ma Serenella non l’ho mai dimenticata. Il nostro idillio finì, come tanti amori estivi, i primi di settembre, quando lei tornò a Roma per gli esami di riparazione ed io a Firenze con la mia famiglia.

Non ci siamo più sentiti né visti.

Però ho con me il suo diario, dal 28 agosto del 1990: ero sceso allo stabilimento dove le nostre famiglie avevano l’ombrellone, e Mirko, il bagnino, un mio amico palestrato di cui ero stato geloso tutta l’estate perché pensavo che prima o poi Serenella mi avrebbe mollato per lui, me lo aveva consegnato:

“Serenella è partita – mi aveva detto – e mi ha detto di darti questo. Ha detto pure che alla fine c’è un messaggio per te.”

Rimasi stupito dal suo comportamento, visto come ci era rimasto quando mi ero fidanzato con Serenella non pensavo che avrebbe fatto da tramite per il diario.

Lo ringraziai e andai a sedermi dietro alle cabine. Quella era la parte dello stabilimento in cui tutti noi adolescenti ci recavamo quando non volevamo essere disturbati.

Lo aprii all’ultima pagina e trovai un foglio di carta da lettere, era quella che aveva anche mia sorella e che regalava Cioè, il giornale per cui tutte andavano pazze.

Serenella mi aveva scritto una lettera:

“Ciao Cri,

 

Purtroppo i miei zii hanno deciso di anticipare la partenza, anche mio cugino ha gli esami di riparazione e deve portare tre materie (latino, greco, italiano) quindi gli ultimi giorni di agosto hanno detto che non deve avere distrazioni.

Con te ho passato un’estate meravigliosa, ma penso che siamo ancora troppo giovani per fidanzarci seriamente e continuare anche in inverno la nostra storia. Poi tu abiti a Firenze e io a Roma, sarebbe troppo complicato. Però per dimostrarti che il nostro amore non è stato solo una bolla di sapone, ti lascio la cosa a cui tengo di più in assoluto, il mio diario. Così finalmente potrai leggere tutto quello che scrivevo. La maggior parte delle cose che ho scritto da quando ci siamo conosciuti riguarda te, ma dal vivo mi vergognavo un po’ a fartele leggere.

Per il resto, ti auguro l’allegria di un giorno di sole, la tranquillità di un cielo azzurro e quel leggero rumore delle onde del mare che sussurrando in lontananza ti fa apprezzare quanto sia favoloso guardarsi intorno e sorridere di tutto ciò che di bello esiste a questo mondo. Tu sei stata una delle cose più belle che mi siano capitate. Sono sicura che un giorno ci rincontreremo, e spero che accada da adulti, quando secondo me la vita e l’amore saranno più facili.

Ti abbraccio forte.

Serenella”

L’amarezza della partenza improvvisa di Serenella venne compensata dalla presenza del suo diario: era come se fosse rimasta con me. Pian piano lessi tutti i suoi pensieri, le sue frasi, e rimasi piacevolmente colpito dallo scoprire che quelle che mi riguardavano erano tantissime e che Serenella provava per me le stesse sensazioni che provavo io per lei.

Oggi, 2 settembre 2017, ho deciso di raccontare la nostra storia, un amore giovanissimo e semplice, fatto di piccole cose e di quelle che io chiamo grandi emozioni ‘inchiostro su carta’: visibili solo a una cerchia ristretta di persone, non spiattellate a un pubblico virtuale morboso ed egocentrico e proprio per questo più preziose. Ricordi di quando non si viveva davanti a uno schermo, ma si viveva e basta, quando tutto ciò che si condivideva era a livello umano ed esistenziale e non social.

Adesso che la pioggia è finita e sto sfogliando per l’ennesima volta la Smemoranda di Serenella seduto a un bar, mi imbatto in due quindicenni seduti poco più in là: lei è molto carina e alla moda, i capelli lunghi con lo shatush e il rossetto rosso cupo, lui è magro come un chiodo e cerca di imitare Fedez nel look e nei tatuaggi. Penso che potrebbero notarsi e piacersi, se solo togliessero gli occhi dall’I-phone e si guardassero intorno, ma continuano ad ignorarsi, scorrendo col dito sullo schermo del telefonino presi da tutto ciò che accade agli altri sul web e ignari di tutto ciò che di reale c’è in giro, compreso l’amore e l’amicizia. Vivete, per la miseria, ma non fatelo soltanto nel mondo virtuale, è bello avere ricordi da raccontare, ma se continuate così rischierete di custodirli nei telefonini, e non nel posto più adatto a loro: il vostro cuore.

Vorrei dirglielo, ma sono distratto da un rumore di scarpe da donna. Alzo gli occhi dal diario e la vedo: Serenella, bionda, sorridente e lentigginosa, un po’ diversa dall’adolescente di tanti anni fa, più donna ma sempre bellissima. E’ lei che con la sua intraprendenza e il suo entusiasmo dopo tanti anni è riuscita a rintracciarmi nonostante io non stia sui social, è lei che stavo aspettando, non da mezz’ora, ma da una vita intera.

Mi viene incontro:

“Sono venuta a riprendermi il mio diario!” dice a voce alta mentre mi corre incontro abbracciandomi.

I due quindicenni ci guardano come fossimo pazzi, ma almeno siamo riusciti a distoglierli dallo smartphone. La ragazza guarda la Smemoranda sul tavolo del bar, e Serenella le sorride porgendole il diario:

“Scommetto che anche la tua mamma ne aveva una – le dice, e la ragazzina annuisce – questa è la mia di quando avevo la tua età. E dentro ho conservato tanti ricordi.”

I due ragazzi posano i telefonini sul loro tavolo e iniziano a sfogliare la Smemo. Di tanto in tanto si guardano, studiandosi e sorridendosi.

Serenella ed io iniziamo a raccontarci, da quel 28 agosto 1990 ad oggi. Ora siamo due adulti che guardano al passato con tenerezza e non con nostalgia.

E se è vero ciò che mi scrisse Serenella tanti anni fa, e cioè che da adulti la vita e l’amore sono più facili, io sono pronto. E finalmente lo è anche lei.

 

 

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