Racconto di Lori Marchesin

(Seconda pubblicazione)

 

 

Lia, seduta accanto ai cugini, scartò i pacchi variopinti; c’era tutto quello che aveva scritto nella lettera a Babbo Natale. Un libro di racconti, una sciarpa azzurra, un biglietto senza scadenza per Disneyland e anche il cellulare che aveva chiesto quasi a sfidare il vecchio barbuto. A dieci anni, tutti erano contrari a comprarle un telefono ma, una volta, mesi prima, si era persa tornando a casa da scuola. Il tragitto era breve e sicuro e non sapeva spiegare come si fosse trovata in un angolo sconosciuto. L’avevano cercata per ore con ansia crescente. Non era spaventata; si era seduta sul bordo di una fontana guardandosi intorno curiosa, come in attesa di qualcosa o qualcuno.
Era sicura che quello fosse stato il motivo del regalo: lei lo aveva suggerito nella lettera con un punto interrogativo aggiungendo – per non perdermi ancora ~.
Erano regali bellissimi, ma lei si sentiva triste. Aspettò con ansia che le risate, gli auguri, gli abbracci terminassero per salire in camera sua prima del pranzo.

Seduta sul letto, sfogliò il libro ricevuto quando sentì un leggero bussare alla porta.

“Preferirei restare un poco da sola.” gridò Lia.
“Il tuo papà non può entrare?”
Lia corse e spalancò la porta. Lui la strinse tra le braccia accarezzandole i capelli, mormorandole tutto il suo affetto.
Lei, il capo appoggiato sulla spalla, inspirò il profumo del dopobarba, quello che lei gli aveva regalato, mentre la tristezza si dileguava.
“Ho visto che eri triste, Lia. Perché, piccola? La mamma ti adora, tutti vogliono vederti sorridere e hai sempre adorato il Natale.”
“Solo adesso sono felice perché con te.”
“Vuoi che andiamo a fare una passeggiata? Sta nevicando con fiocchi leggeri e lievi. Ti porterò in un posto tutto nostro.”
Lia non riusciva a contenere la gioia. Prese il cappotto rosso foderato di lana: lo aveva comprato il suo papà per lei. Lui le mise il berretto sui riccioli neri e le avvolse la sciarpa rossa intorno al collo.
“ Sembri cappuccetto rosso, Lisa.” le disse ridendo.
“non ho paura di niente e nessuno quando sono con te.”
Non prese i guanti. Una mano in tasca e l’altra stretta nella mano grande e protettiva di suo padre.

Uscirono dal retro della casa. Fuori il paesaggio era magico: i leggeri fiocchi di neve le accarezzavano il viso e si adagiavano lievi sulla strada, dove le loro orme sparivano sotto altri fiocchi. Le luci delle case, gli alberi infiocchettati nei giardini e loro due i soli passanti in quel mondo incantato.

Lia non chiese dove stessero andando, non le importava; con il suo papà poteva andare ovunque, sempre. Lui le strinse la mano e le raccontò di come avrebbero incontrato i folletti della neve se si fossero avvicinati senza far rumore e pronti ad ascoltarli, a credere.
Lia, che pur si considerava matura per i suoi dieci anni e non credeva a Babbo Natale o fate e gnomi o folletti, non commentò. Se lo diceva suo padre, era vero.
Camminarono a lungo: i fiocchi ora cadevano fitti, si posavano sulle loro mani, sulle ciglia, sui cappotti rendendoli figurine in un presepe vivente.

Il padre si fermò; erano giunti a destinazione le disse.
Lia guardò la fontana, guardò gli edifici intorno: era il luogo dove si era persa mesi prima.

“Riconosci il posto, Lia?”
“Sì. Dove mi sono trovata mesi fa senza sapere come vi fossi giunta.”
“ Questo è il posto dove ci fu l’incidente. Ci sei arrivata da sola senza sapere, Lia. Quel giorno non sono riuscito a raggiungerti, ma sapevo che non eri in pericolo, c’ero io che ti osservavo da lontano e i miei amici folletti che ti sorvegliavano. Quando ti senti triste, come oggi e tanti, troppi giorni, devi pensare a me ed io arriverò. Insieme verremo qua, il nostro posto segreto.”
“Davvero è possibile? Davvero potrò stare con te, camminare con te quando sono troppo triste?”
“Certo” E dopo i nostri incontri dovrai cercare di essere serena. C’è tanto amore intorno a te. Io ti raggiungerò ogni volta che il dolore sarà insopportabile. Prendi questo, ti sarà di conforto. Ora dobbiamo tornare.”

Lia sentì che la chiamavano dal pianterreno. Doveva scendere. Si guardò intorno. Tutto era come prima eppure diverso. Aprì la mano e sorrise vedendo la piccola cornice con il ritratto del suo papà, il suo talismano. Ora era un Natale perfetto.