Racconto di Maddalena Sterpetti

(Quinta pubblicazione – 22 novembre 2019)

 

I – Santiago

“Ciao” gli aveva detto quando lui le aveva aperto l’anta della alta vetrata della facoltà di economia al primo piano dove lavorava sua sorella Claudia.

Era passato da Claudia quella mattina perché dovevano accordarsi per una visita ai loro genitori che vivevano a qualche chilometro da loro e volevano andare a trovarli insieme quel fine settimana; lui, Claudia con il marito e i 3 gemelli di 4 anni, o meglio le tre pesti dai capelli neri e gli occhi verdi. Simone, Federico e Chiara.

Quella donna lo aveva salutato ma lui era sicuro di non conoscerla. No, non l’aveva mai vista altrimenti non avrebbe dimenticato certo quei grandi occhi neri in un volto dalla luce mai vista. Camminando per raggiungere l’auto che aveva parcheggiato a qualche decina di metri di distanza dall’ingresso, cercò con lo sguardo il cappellino viola che la donna indossava sopra una montagna di capelli ricci e scuri, ma lungo il marciapiede che stava percorrendo non ce n’era traccia: teste bionde, more, gente che correva o che si fermava a guardare le vetrine ma del cappellino viola nessun segno.

Peccato pensò Andrea, ci avrei volentieri scambiato quattro chiacchiere: in quel momento si sentiva abbastanza in armonia con sé stesso per poter affrontare una donna. Certo ne aveva avuto di tempo per assorbire il dolore e per cercare di uscire dal tunnel della disperazione dopo che Patrizia, la sua compagna di una vita era morta per un tumore che in cinque mesi l’aveva consumata.

Andrea aveva vissuto la malattia di Patrizia affrontando tutto con la forza e la caparbietà che solo una persona innamorata e legata indissolubilmente a te sa fare. Non si era arreso mai; aveva cercato medici e medicine che potessero dare una speranza. Ma già ai primi consulti, molti degli specialisti non avevano dimostrato speranze; era un tumore troppo aggressivo e non si poteva far altro che operare e sperare nella chemio, ma non era servito quasi a nulla. Patrizia in poco tempo aveva sviluppato metastasi ovunque e infine era deceduta; questo cinque anni prima.

Andrea era passato dalla disperazione alla rassegnazione, infine al dolore più cruento che lo aveva travolto nel momento in cui la sua compagna era entrata in coma. Aveva avuto il conforto della famiglia, certo, sua madre Lucia, una donna in là con gli anni ma vigorosa e forte di carattere, lo aveva sostenuto e aveva insistito perché lui tornasse per qualche tempo in casa con i genitori, con i quali in effetti lui aveva un rapporto splendido e affinché non si sentisse troppo solo nella casa dove aveva vissuto con Patrizia per quasi venti anni. Ma infine dopo due mesi era rientrato a casa. Una bella villetta tutta su un piano con giardino; in realtà era una casa molto piccola ma con un giardino immenso. Pochi metri quadrati ma molto accogliente e confortevole. Patrizia era stata molto brava nello sfruttare ogni angolo della casa per creare ambienti dagli spazi ben arredati.

Cinque anni, pensò, tra due mesi sono cinque anni che sono vedovo. In effetti quello che lo aveva stupito era soprattutto il pensiero che aveva avuto poco prima: aveva sentito il desiderio di trovare quella donna con il cappellino viola e chiacchierarci.  Mai prima di quel giorno aveva provato niente di simile. Mai.

Non solo, era stato certo per tutti gli anni precedenti che non avrebbe mai più provato una curiosità così forte per l’altro sesso; aveva amato troppo la sua donna, per lui era stata davvero la donna della sua vita: il suo grande amore e dentro di sé aveva come la convinzione che sarebbe vissuto vedovo e solo per il resto dei suoi giorni. Invece quella mattina qualcosa era scattato. Gli occhi di quella donna gli avevano fatto vibrare l’anima. Era come se guardandoli sentisse di appartenergli in un qualche modo, non sapeva esattamente quale, ma sentiva di essere parte dell’essenza che componevano quel viso e quegli occhi.

Va bene, si disse, smetti di pensarci tanto probabilmente non la rivedrai mai più.

E così fu per molte settimane.

Riprese il suo tran tran quotidiano: lavoro, palestra e qualche uscita la sera con Luigi, il suo amico fratello come lo chiamava lui.

Poi un giorno, Claudia gli disse che una persona che aveva conosciuto al tennis club le aveva chiesto se voleva un cucciolo: Luna, una meticcia con diversi incroci aveva avuto sei cagnolini e questa signora stava cercando di farli adottare. Quattro li aveva già dati in pre affido e stava cercando qualcuno per i due maschietti rimasti. Claudia aveva pensato a lui, sapeva che a suo fratello piacevano gli animali, in particolare i cani; con Patrizia avevano avuto un weimaraner, un bellissimo grigione che aveva vissuto con loro per 14 anni e sia Andrea che Patrizia dopo la morte del cane avrebbero preso subito un altro cucciolo se non fosse stato che la donna poche settimane prima aveva scoperto di avere il tumore.

Andrea era fortemente attratto dall’idea. Sentiva dentro sé che riavere tra le gambe un cagnolino, e un bastardino in particolare lo avrebbe fatto star bene. Sentiva che poteva farlo, sentiva che poteva fare proprio al suo momento, avrebbe fatto benissimo al suo attuale stato d’animo. Ora era sereno e iniziava a sentire la solitudine; dare il proprio affetto ad un cucciolo forse era ciò che gli ci voleva per lasciarsi definitivamente alle spalle il passato.

Chiamò Claudia e le disse di prendere un appuntamento con la sua amica per andare a vedere il cucciolo. Claudia fece di più, gli diede direttamente il numero della donna. Andrea conservò il messaggio con il numero, ripromettendosi di chiamare la sera stessa.

Arrivato a casa, tirò fuori dal frigo la cena che Teresa gli aveva preparato, la signora che gli teneva in ordine la casa e gli preparava spesso i pasti serali; un bel piatto di verdure grigliate e condite con olio e prezzemolo e qualche fetta di un polpettone di tonno con le olive.

Si mise in tuta e cercò il messaggio della sorella con il numero da chiamare. “Pronto” disse la voce di un ragazzo nell’altro telefono. “Cerco Sonia”, disse Andrea. “Mi ha dato questo numero mia sorella Claudia, per i cuccioli che la signora vuole dare in adozione”.

“Nonnaaaaaaa”, urlo il ragazzo lasciando cadere il telefono su una superficie morbida.

“Si” disse una voce calda e accogliente.

“Chiamo per uno dei due cuccioli che le sono rimasti come ho detto al ragazzo che ha risposto al telefono, io sono Andrea, il fratello di Claudia.”

“Certo, certo, mi scusi ma mio nipote ha il vizio di non dire mai chi è al telefono. Si, in verità è rimasto solo Macchia, l’ultimo nato della cucciolata; Pluto lo ha preso stamattina un’amica di Claudia e di mia figlia. Se vuole può passare da noi anche domani stesso.”

Si accordarono per il tardo pomeriggio del giorno dopo; Andrea si annotò con cura l’indirizzo perché non conosceva la zona dove viveva la signora Sonia.

Arrivò puntuale alle 18, parcheggiò nell’ampio viale costeggiato da una bella siepe di rosmarino e rose che precedevano la casa. Scese e Sonia le venne incontro con il cucciolo tra le braccia. Era bellissimo, un batuffolo marrone e nero con una macchia bianca tra il naso e gli occhi e qualche spruzzata di peli bianchi anche sulle zampette. Andrea lo prese in braccio e Macchia sembrò apprezzare la forza e la delicatezza delle sue mani. Entrarono in casa, Sonia gli offrì un decaffeinato, parlarono del pre affido e si accordarono per rivedersi dopo qualche giorno in modo che lui potesse rendersi conto se Macchia fosse davvero felice nella nuova casa e per dare a Sonia la certezza che quel bellissimo cucciolo fosse andato a vivere in un ambiente sereno e accogliente.

Tutto filò davvero liscio, il cane sembrava fosse sempre vissuto nella casa di Andrea; dopo aver annusato e zampettato un po’ ovunque la prima sera e il giorno dopo, si era ambientato e non aveva pianto mai. Teresa provvedeva a lui durante la mattina e spesso tornava a giocarci anche nel pomeriggio. E per il resto del tempo Macchia se ne stava in giardino o, se faceva freddo, rientrava in casa dalla porticina a molla che la casa aveva già dai vecchi proprietari che avevano un gatto piuttosto grosso e grasso. Poi se ne stava sulla sua cuccia rivestita in cucina, vicino al camino. Quando Andrea rientrava dal lavoro gli salterellava intorno cercando carezze, leccandogli le mani e portandogli la pallina che lui doveva tirare e che il cucciolo riportava scodinzolando. Sì, pensava spesso, anche questa bella anima era il suo cane, capitato nella sua vita per portargli gioia e una nuova fiducia nell’esistenza.

Dopo una settimana si incontrò nuovamente con Sonia a casa della donna. Portò con sé Macchia e arrivando nel vialetto della casa notò che oltre all’auto della padrona di casa c’era anche una piccola utilitaria blu scuro. Sonia lo accolse sull’uscio e gli fece strada verso il tinello, seduta di spalle c’era una donna con ai piedi un altro cucciolo. Andrea intuì che fosse il fratellino di Macchia, Pluto. Infatti così era, Pluto assomigliava al fratellino nei colori, ma aveva molto più pelo bianco. La donna seduta di spalle si alzò e Sonia li presentò. Si chiamava Bianca. Andrea restò qualche secondo perplesso ma quella cascata di capelli ricci e neri lui l’aveva già vista. Si rese conto che stava fissando la donna, soprattutto i suoi occhi. Certo i suoi occhi. Ecco chi era: la donna con il cappellino viola che lo aveva salutato quando lui aveva aperto la vetrata della facoltà di economia.

Bianca lo fissò a sua volta e Andrea spiegò il suo sguardo. Certo anche lei ricordava:

“Sei il fratello di Claudia, ti ho salutato quel giorno, anche se non ti conosco, perché assomigli molto a tua sorella e istintivamente ho sentito che potevo fare quel saluto anche se siamo due estranei”.

Chiacchierarono così fra loro dei cuccioli e con Sonia che avendo avuto cani da sempre praticamente, diede ad entrambi buoni consigli. Poi Andrea e Bianca si scambiarono i numeri di telefono per far incontrare ogni tanto i due fratellini pelosi dal momento che si erano anche resi conto di non abitare troppo distanti.

Spinto dalla curiosità e dalla voglia di rivedere Bianca, Andrea dopo quattro giorni la chiamò. La donna rispose al telefono con una voce roca e dal tono spento, non sembrava neanche lei. Andrea si scusò, forse stava disturbando, ma Bianca improvvisamente scoppiò in un pianto disperato e quasi nevrotico.

Andrea aspettò che si calmasse poi le chiese se aveva voglia di parlarne, lui poteva raggiungerla subito.

Arrivò a casa della donna in pochissimi minuti, la trovò in tuta con i suoi bellissimi occhi gonfi e cerchiati, il naso arrossato. Bianca aveva un figlio di quattro anni, Santiago, era compagno di asilo dei gemellini di Claudia, che solo tre giorni prima aveva avuto un malore a scuola ed era stato portato d’urgenza in ospedale. In breve al piccolo avevano diagnosticato la leucemia. Ora era ricoverato e con lui c’era sua madre, Bianca non aveva un compagno; lei aveva avuto un’avventura di una notte con un uomo, era rimasta incinta ma praticamente del padre del bambino non sapeva che il nome di battesimo.

Bianca era disperata perché per salvare il figlio i medici le avevano detto che avrebbe dovuto fare il trapianto di midollo, ma nessuno della sua famiglia era compatibile. Quando si era resa conto che poteva perdere Santiago aveva provato un dolore lancinante, aveva pianto, aveva gridato, aveva guidato in autostrada a forte velocità e infine aveva preso a pugni e calci una porta, ferendosi alla mano e al braccio. Non aveva sentito il dolore fisico, aveva smesso di fracassare la porta quando Pluto aveva cominciato ad abbaiare. Lei lo aveva preso in braccio consolandosi e consolandolo. Ma il dolore dentro l’anima non passava. Si era allora messa su internet alla ricerca di informazioni, pareri, gruppi Facebook che potessero aiutarla, poi era arrivata la telefonata di Andrea. Ecco ora sapeva tutto. L’uomo era sconvolto, per l’ennesima volta nella vita si trovava di fronte alla malattia; certo Bianca era una sconosciuta ma sentiva per quella donna un’attrazione che non era solo fisica: sentiva di avere un legame con lei, che andava oltre la comprensione, o, aveva pensato, anche oltre l’attrazione fisica. Non voleva pensare di essersi innamorato così, all’improvviso, ma era fortemente attratto da lei, dal suo fisico, dalla sua voce, dal modo che aveva di muoversi e parlare. Di sicuro ora era lì accanto a lei e di sicuro voleva aiutarla.

L’abbracciò e le chiese cosa potesse fare per lei. Bianca ci pensò un momento poi gli chiese se poteva prendersi cura nei prossimo giorni di Pluto; nessun problema per Andrea. In fin dei conti i due cuccioli erano fratelli e avevano vissuto nella stessa casa fino alla settimana prima.

Lei non voleva ridarlo indietro: gli animali non si riportano mai, è un tradimento alla propria anima e a quella dell’animale, disse Bianca e poi era sicura che, una volta che Santiago fosse uscito da quel tunnel, perché lei avrebbe lottato con i denti fino allo sfinimento e lo avrebbe portato fuori dal tunnel della malattia, Pluto sarebbe stato una risorsa meravigliosa per il bambino, e poi i due già si adoravano; dal lettino di ospedale, il bambino aveva chiesto foto e video del suo amico a quattro zampe.

Andrea ad un certo punto ebbe un flash nella mente e ricordò di un ragazzo che aveva conosciuto in palestra un sabato mattina di qualche settimana prima e che gli aveva raccontato alcune cose di sé, su tutto che aveva avuto un linfoma e che dopo le cure dovute avevano scoperto che nessuno della sua famiglia era compatibile per un trapianto di midollo e che aveva ricevuto il midollo da una persona che non era un suo famigliare, per la precisione, da un perfetto sconosciuto.

Raccontò a Bianca la storia.

– “Chiedi ai medici in ospedale se possono farmi il test di compatibilità, vorrei aiutarti e magari posso concretamente: so che la percentuale è molto bassa che un non famigliare possa donare il midollo ma tentiamo, piuttosto che stare soltanto qui ad aspettare che la banca dati degli ospedali dia un esito positivo.”

Bianca chiamò subito la mamma in ospedale affinché si informasse presso gli infermieri quando sarebbe stato possibile parlare con il primario del reparto o con il suo assistente.

Mentre attendevano la chiamata di Giulia, si fecero un tè e Andrea cercò di distrarre Bianca raccontandole delle tante curiosità che aveva scoperto sui cagnolini che avevano, sugli incroci di sangue che avevano sicuramente nel DNA e perché avevano alcune manie, come quella di afferrarti con la bocca la mano appena rientrato a casa come a volerti portare da qualche parte. Squillò presto il cellulare di Bianca e la mamma le disse che l’indomani mattina Andrea aveva un appuntamento con l’assistente del primario per un primo colloquio e poi eventualmente fare il test.

Bianca si lasciò cadere sul divano vicino al caminetto acceso e l’uomo gli si sedette vicino cingendola con le braccia; lei appoggiò la testa nell’incavo della spalla di Andrea e si lasciò andare in un pianto triste e consolatorio; grosse lacrime le rigarono il volto, Andrea la accarezzò e cercò di parlarle con dolcezza. La donna dopo molti singhiozzi si calmò ed evidentemente sfinita dalla sofferenza e dalla stanchezza fisica degli ultimi giorni si addormentò. L’uomo si sentì confortato, era riuscito a farla addormentare, non sapeva per quanto, perché di certo l’ansia della donna di tornare in ospedale dal figlioletto era forte e pressante, comunque lui non aveva nulla da fare, era domenica pomeriggio e era felice, estremamente felice di essere esattamente dove era e soprattutto era felice di poter fare qualcosa per Bianca: ancora non sapeva bene quanto sarebbe stato grande l’aiuto che le avrebbe dato, ma era sollevato dall’idea che un piccolo spiraglio si stava magari aprendo per Santiago e per sua madre.

Bianca, come Andrea aveva intuito, dopo una mezz’ora si svegliò, scusandosi. Ma Andrea non volle sentire ragioni e si preparò per tornare a casa. Si sarebbero visti il mattino successivo nell’ingresso dell’ospedale.

Andrea fece alla fine il test di compatibilità che si rivelò più che positivo: l’uomo aveva una compatibilità altissima, come fosse il padre o un fratello gemello del bambino. Bianca era rinata all’improvviso, il volto contratto e rabbuiato divenne luminoso, con evidente tracce di stanchezza e apprensione ma molto più sereno. Il bambino sarebbe stato sottoposto a trapianto dopo una settimana e il primario stesso del reparto rincuorò la giovane mamma, tutto sarebbe andato per il meglio, ora dovevano preparare il bambino al delicato intervento e far seguire ad Andrea tutte le procedure affinché niente potesse andare storto.

 

II – La vita.

“Santiago non correre, non puoi correre così per tutto il pomeriggio, finirai per prendere un malanno”. Non c’era nulla da fare quel bambino era davvero innamorato dei due cuccioli e Macchia e Pluto lo adoravano. In giardino, seduti sulla panca di legno vicino alla fontana Andrea e Bianca lo guardavano giocare divertito, Bianca con una qualche preoccupazione per la sua salute ma fortemente convinta che quel bambino felice era davvero suo figlio tornato a splendere dopo quattro mesi di convalescenza.

Andrea prese la mano della donna, la strinse forte e le girò delicatamente il volto. La guardò dentro quegli straordinari occhi neri e le disse con una voce dolce, come non pensava che mai più avrebbe sentito da sé stesso:

“Ti amo ragazza del cappellino viola”. Bianca sorrise e contraccambiò con un lungo e appassionato bacio mentre gli prendeva il volto tra le mani.

Spinti dal desiderio di stare sempre più tempo insieme, Andrea aveva messo in vendita la sua casa e da un paio di mesi era andato a vivere con la donna e il bambino, che lentamente ma tenacemente si riprendeva dal trapianto e tornava a splendere. Ora erano praticamente una famiglia, Santiago adorava Andrea, praticamente pendeva dalle sue labbra, di qualsiasi cosa l’uomo parlasse, lui lo stava ad ascoltare come un ometto grande e curioso. Bianca era come sospesa, sentiva di amare quell’uomo che aveva salvato suo figlio, lo amava di un amore sorprendentemente passionale. Sentiva dentro sé un po’ la stessa sensazione che aveva Andrea, come di un filo che li legava, forse anche da prima che si conoscessero. Parlando avevano compreso che per molto tempo avevano frequentato gli stessi luoghi ma per uno strano caso non si erano mai incontrati, per non dire che Bianca era amica di Claudia, sua sorella, da almeno dieci anni. Comunque ora si erano trovati e non si sarebbero più separati. C’era qualcosa però che inquietava Andrea, non era certo Santiago, ma qualcosa nel volto di Bianca: la donna cambiava espressione e le scompariva la luce dal volto, così all’improvviso. Perdeva il suo sguardo oltre un orizzonte invisibile e per qualche minuto non parlava; Santiago stava bene e non c’erano preoccupazioni di sorta. Ma lei riguardo questo suo assentarsi con i pensieri totalmente altrove e con il volto rabbuiato non aveva mai detto nulla nonostante Andrea le avesse chiesto più volte cosa la preoccupasse.

Alla fine Andrea si spazientì e cominciò a tempestarla di domande, con dolcezza cercò di farle capire che qualsiasi cosa fosse che la disturbava così fino a farle perdere la serenità, a lui poteva dirlo, perché oramai erano una famiglia e lui si sentiva talmente unito a lei e a Santi che non si sarebbe mosso di lì neanche se lei lo avesse cacciato. Lei sorrise a queste frasi, lo abbracciò e cominciò a parlare.

– “Qualche anno prima di conoscere il padre di Santiago ho avuto una relazione, breve solo qualche mese”.

– “Tesoro non mi importa, io voglio Bianca del presente, non mi interessa il tuo passato, a meno che tu non abbia ucciso il tuo amante!” Scherzò Andrea.

– “No, non ho ucciso nessuno, solo che…”

– “Bianca, amore mio non mi spaventerà nulla. Puoi dirmi tutto, io posso comprendere, io voglio comprendere. Ti amo, tutto il resto è solo passato.”

– “Va bene, ti dirò tutto. Ho conosciuto un uomo molto più grande di me, ci siamo frequentati e amati profondamente ma lui era malato, aveva una malattia che lo ha portato alla morte, io non so però come e quando è morto, prima che peggiorasse definitivamente mi ha allontanato ed è sparito dalla mia vita. Non sai quanto mi sono disperata; volevo essergli vicino, amarlo fino alla fine ma non sono riuscita a dissuaderlo. Voleva essere solo, so che non ha voluto neanche i suoi familiari vicino. Io ho cercato in tutti i modi anche perché…”

La donna si interruppe e cominciò a piangere, silenziosamente, sommessamente. Lacrime copiose le scendevano sulle guance inondandole tutto il viso. Andrea l’abbracciò forte. Poco dopo riprese.

– “Ho avuto una bambina da quella relazione, una bellissima bambina dagli occhi azzurri uguali a quelli del padre. Ma una bambina con la sindrome di down.”

Andrea capì immediatamente l’angoscia della donna.

– “Dov’è ora?”

– “Cristina è in centro per bambini disabili. Io ho avuto paura, tanta paura, di non essere pronta per prendermi cura di lei. Ma ora ci sei tu e vorrei averla con me.”

– “Certo tesoro, andremo a prenderla e io l’amerò come fosse mia figlia. Io l’amo già come fosse mia figlia. Io amo te e amo Santi, voi siete tutto per me, io sono qui e non mi sposto di un passo.”

Bianca lo guardò dritto negli occhi e comprese che quell’uomo dagli occhi con un’espressione sempre un po’ triste ma con la profondità dentro, era proprio l’uomo che aveva sempre voluto e cercato.