racconto di Antonio Blunda

(Seconda pubblicazione)

 

Sepphoris, a tre leghe da Nazareth. Ore 15:00, pomeriggio della crocifissione.

 

Alceo Licinio Vettorio non era stato che un semplice centurione di stanza in Galilea, al comando di Tiberio Giulio Cesare Augusto imperatore. Quel giorno aveva guardato la sua terra. Così come ogni cosa lì intorno, essa in un solo giorno era divenuta inspiegabilmente brulla, quasi che fosse stata abbandonata per lunghissimo tempo alla miseria del suo destino.

In quei giorni Alceo si era tirato indietro, ed aveva scelto volutamente di non recarsi sul Golgota, al seguito dei propri compagni, per compiere quel “dovere”. Era rimasto a Sepphoris, contro tutti i comandi e gli ordini, e per questo, forse, avrebbe atteso inesorabilmente anch’egli la sua condanna.

Ma non aveva alcuna importanza. Non avrebbe mai fatto del male, non a Lui. Come si può far del male ad un amico? Come si può togliere la vita, a chi ha scelto di dare la vita per te?

Egli conosceva Yeshua da tempo immemorabile. Erano stati amici, fin da bambini, proprio lì dove Alceo era nato, e dove per alcuni anni Yeshua vi era rimasto con il papà e la mamma.

Ecco l’ulivo più antico, l’albero su cui migliaia di volte erano saliti insieme, felici nei giochi, nella spensieratezza, e della loro immensa amicizia. Quell’albero, adesso, stranamente s’era fatto così vecchio e ripiegato, e raggrinzito, e non voleva altro che lasciarsi andare alla sua fine.

Alceo lo carezzò piangendovi accanto, pensando a Yeshua, e soffrendo per il suo migliore amico, ora lassù, sulla croce.

Yeshua, nel mentre, aveva appena chiuso gli occhi, pregando per gli uomini, ed era morto per amore di tutti, e così per Alceo.

Il cielo s’era fatto spento, ed il mondo era caduto dentro un abisso di indefinibile tristezza e solitudine umana, e nel silenzio e nell’oscurità.

Quel pomeriggio era divenuto uguale alla notte, ed il vento, e la luna, diversi da tutte le altre volte in cui erano s’erano da sempre guardati.

Ma un attimo dopo le tenebre, per via di quelle lacrime, era apparso il miracolo d’un piccolo fiore, proprio su quel vecchio ulivo, ed ogni cosa aveva ripreso meravigliosamente a germogliare, segnando così l’inizio di una nuova vita.

In controluce, fluttuava ancora il fragrante cameo degli ulivi di Sepphoris.

 

“Nessuno ha un amore più grande di questo:

dare la sua vita per i propri amici. ” (Yeshua)

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