Racconto di Alberto Carli

(Terza pubblicazione – 21 marzo 2019)

 

L’ex ispettore Alberto Ferrenaz era stanco, molto stanco. Processato, licenziato dopo oltre trent’anni da sbirro, per quello che aveva fatto e che avrebbe rifatto millanta volte. Aveva evitato la galera, ma altro non sapeva fare: indagare e scoprire verità scomode.

Era domenica, la prima domenica di Settembre, il cielo era terso, con lievi striature bianche. Aveva visto Antonia, la sua donna e con lei aveva fatto l’amore. Erano usciti tardi, entrati al Miles Davis Bar, mangiato focacce imbottite e bevuto caffè. Si erano tenuti per mano, come sempre, come due ragazzi innamorati, e lo erano. Lei, una bambolina bionda dall’accento veneto, imperdibile, lui un uomo oltre i sessanta: Antonia sei di meno. Si erano incontrati dalle sue parti e lei l’aveva seguito, aiutato con la sua dolcezza desiderosa e un amore “senza fine”. Alberto l’amava e mai avrebbe potuto rinunciarvi, anche se avevano deciso di vivere in case separate.

Il vento si presentava all’improvviso e scompigliava mare e alberi. A tratti era impetuoso e invasivo e la biancheria che avevo steso ad asciugare, come si fa con le parole utili, sventolava.

Ieri notte aveva fatto le piccole ore, attardandosi nella lettura. Forse le tre, forse le quattro. Aveva persino scritto una stupida poesia.

 

Le quaglie zoppe non saltano

Le rane in amore non gracidano

Nessuna rondine in cielo

Io mi giudico da me

Voi non guardatevi dentro

C’è chi lo fa

Anche per voi.