Racconto di Vanessa Porqueddu

(Prima pubblicazione)

 

Mai sola con Andrea, mai incrociare il suo sguardo, mai sfiorarsi in sala operatoria. Niente battute brillanti, niente sfoggio di niente. Figurati, l’anestesista di cinquant’anni (ben portati certo) con il più promettente chirurgo di quaranta.

Dieci anni non sono pochi, aveva detto Pietro, il suo migliore amico.

Dieci esatti, aveva detto Andrea quando avevano festeggiato il compleanno di Giulia e il suo nella stanza degli infermieri. Lei aveva brindato e sorriso, ma, come una scheggia di legno appuntita, la precisazione si era conficcata nei pensieri.

Che fine aveva fatto la Giulia libera, aperta, senza preconcetti? La Giulia che doveva cercare il viso per non sbagliare nome? La Giulia leggera che voleva sperimentare, che aveva tolto la verginità a Pietro perché, gli aveva detto solenne, doveva imparare in fretta a far godere una donna visto che aveva già vent’anni?

Dove si era persa? Era prigioniera della sua vita di donna arrivata?

Sola per scelta, si raccontava, ma la verità era che gli uomini facevano sempre un passo indietro quando due io rischiavano di diventare un noi.

Aveva odiato Pietro quando, qualche giorno prima, glielo aveva sbattuto in faccia. Voleva essere chiaro. Era stato brutale. Giulia si era arrabbiata parecchio.

Lo aveva richiamato a notte fonda. Pietro l’aveva già perdonata. Era sempre la Giulia con cui andava al mare per saltare le lezioni di fisica. Quella che negli anni non aveva mai smesso di imitare il suo goffo gloglottio di piacere.

*

Giulia vede Andrea scendere dalla macchina nel parcheggio sotterraneo. Rallenta per non arrivare con lui all’ascensore. Ma Andrea ha dimenticato qualcosa e torna giù. Le porte dell’ascensore si aprono, lei è lì davanti. Andrea è gentile, dice qualcosa e Giulia annuisce mentre si ripete “sei una cretina!”.

Un paio d’ore dopo, lui la blocca agli armadietti. “Al convegno sabato andiamo con la mia macchina?”, Giulia biascica un “non so, ti faccio sapere” e ragiona su cosa inventare.

E ora? Pietro doveva aiutarla, lui aveva una fantasia invidiabile. Ma a quest’ora doveva essere in palestra. Si era iscritto, lui antisportivo per eccellenza, solo perché le notti sono lunghe e i cinquanta sono sempre cinquanta. Invece oggi non era andato. Le aveva detto “non vedo il problema, smettila di fare la noiosa, non ti riconosco più. Ti adoro, però”.

Fine serata. Ecco Andrea con due colleghi alla macchinetta del caffè. Tirare dritto è impossibile. Discorsi, discorsi. Giulia segue il suo pensiero parallelo. “Quando mi chiede del convegno gli dico che vado da sola perché prima di andare devo …”. Vuoto. È stanca. Stanotte bagno caldo, bollicine, musica.

“Giulia, scusa mi hai sentito? Allora vieni con me dal giorno prima? Guarda che il professor Field si aspetta che tu ci sia alla cena. E anche Slimy. Ho capito perché la settimana scorsa a Madrid lo hai chiamato così e non sei venuta a mangiare. Però, sappi che in tua assenza si è consolato e ha sbavato su quella povera specializzanda”.

È vero che aveva saltato la cena, ma la ragione non era Slimy.

*

Alla fine, non ha trovato una scusa plausibile ed eccola in macchina con Andrea. Chiacchierano senza sosta delle relazioni da presentare al convegno e dei colleghi a cui è meglio essere affiancati. Normali conversazioni da viaggio di lavoro. Molto bene.

Mancano trenta chilometri e sono in silenzio, avvolti dalla musica e dalla natura. Si intravedono già le cime imbiancate. Lui inizia a raccontare la sua infanzia dai nonni. Pupazzi di neve, slittino e torta di mele davanti al camino. Lei invece solo mare turchese, nuotate, e pesce sotto il pergolato di buganvillea tra il mirto e il ginepro.

È stato un errore aprirsi. Lo spazio tra di loro si è assottigliato.

*

La sera prima Giulia aveva preparato la borsa con cura.

Solo maglioncini accollati, niente gonne.

Biancheria intima di cotone, brutta, davvero brutta, neanche ricordava di averla, il peggio che c’era nel suo cassetto. Lo aveva svuotato sul letto e le sembrava una vittoria aver trovato quel completo in mezzo alla seta e ai pizzi. Reggiseno chiaro e slip scoloriti neri.

Niente scrub, niente maschera viso, niente smalto.

 

Ora guarda il suo riflesso nello specchio e si piace.

Ha i capelli scompigliati, gli occhi socchiusi.

Andrea continua a baciarla. La sua lingua è calda e sa dove fermarsi.

Giulia non riesce a parlare, neanche per dirgli di non smettere. Ma tanto lui non smette.

Non deve pensare, non adesso.

Lui le sussurra Sei bellissima.

Lei non risponde.

Stanotte niente parole.

Stanotte anime e corpi coincidono senza tempo.