Racconto di Francesco Castellucci

(Terza pubblicazione)

 

Spostò i capelli a lato del viso, costrinse lo specchio ad un sorriso ampio, passò la mano sui capelli rasati lateralmente, ancora uno sguardo alla lastra e piroettò verso la città assolata che solitamente la accoglieva. Il passeggiare veloce e attento incontrava i passanti per qualche secondo, le strade le appartenevano stanche, ancora il coraggio di scegliersi le ritornava alla mente come ciò che la aveva salvata dal panico, una , due, tre volte.

L’incontro con Hermann la tirò in un bistrot. Lo zaino concesse il suo contenuto allo sguardo interessato di Hermann. Erano le foto del suo ultimo viaggio. Quando arrivò il pranzo tra le mani di un cameriere, Hermann notò l’interesse di questi rivolto verso quelle immagini stampate su carta fotografica.

“Le ho stampate!” versò il vino e continuò, “ti ho chiamato ieri, quando la stampante mi ha costretta ad un lavoro assurdo.”

Hermann le raccontò la giornata di intenso studio che aveva trascorso nella biblioteca di quartiere.

“Anch’io avrei voluto vederti ieri, ma l’intensità del mio lavoro sta assorbendo tutte le mie energie. Ho lasciato la biblioteca alle 22, quando mi hanno invitato ad uscire per la chiusura.”

Annie prese la forchetta con la sinistra e iniziò il suo pranzo. Hermann sfiorava le foto con la mano destra, per scorrerle e incartarle nella mano sinistra.

“Cosa ne dici?” chiese Annie.

“Sono le dieci foto che presenterai al giornale? Cerco tra i dettagli qualcosa che non ho notato sul monitor giovedì.”

Attraversavano la città vicini, a casa di Hermann tutto era stato risistemato da poco, la coperta verde scuro le ricordò l’ultima volta che si erano incontrati in quella casa, e poi quando in giro per le vie del mercato avevano deciso per l’acquisto della coperta. Ricordarono insieme il viaggio verso casa con la coperta tra quattro mani, quando Hermann pensò che ormai era fatta, che avrebbero dormito insieme, forse quella notte, forse, per molte notti.

Annie accese il proiettore, Hermann lo collegò al computer, la parete si illuminò di visi e espressioni facciali, primi piani davanti a paesaggi remoti, tra le mura di città antiche e strade cosparse ancora del fango dell’ultima stagione di piogge.

E quei colori superarono le pareti dell’immobile quando Annie lasciò l’appartamento, decisa ad incedere e strappare alla città le energie necessarie al suo attraversamento. Così Annie si accorse degli sguardi che il suo muoversi sontuoso attirava, in fondo alla strada, veloce attraversò per penetrare nel centro storico, e lì, la sua presenza impreziosì il vociare degli abitanti. Gli alberi della piazza conservavano i colori dell’autunno mentre nubi basse all’imbrunire si avvicinavano alle sue spalle e sarebbero arrivate a ricoprire la città al momento del suo arrivo a casa. Chiuse la persiana al buio del tardo

pomeriggio, illuminò lo studio con le lampade basse, si gettò sul letto, sorrise ancora e ancora, dormì.

Hermann rimasto solo, si sentì vuoto, attraversò ancora il tempo del suo incontro con Annie, e i sospiri riempirono nuovamente quella stanza. L’ombra di Annie sulla parete continuava a muoversi ritmicamente, mentre le sue mani le toccavano i fianchi, ancora i baci raggiungevano il suo petto e ancora la sua schiena vibrava energica.

L’avvolgeva ancora con le braccia, mentre il verde della coperta ricoprì le forme sinuose dei due corpi insieme, fino a coprirli e nasconderli, fino al sospiro esausto, fino al ridere felici, prima di un bacio altro ancora.

Ricominciarono i fianchi a muoversi, le carezze e i tocchi decisi, si sfiorarono le labbra con i muscoli tesi, ancora le energie si diffusero dalla mente alla schiena e le gambe tremarono ancora. Si versò un bicchiere di brandy, per poi rivestirsi velocemente dopo la doccia. Uscì di casa e inforcò la bici deciso a raggiungerla. La città era tutt’altro che familiare, immerso in un mondo soltanto guardato trasformò quelle strade e le sue ore di solitudine.

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