Racconto di Mary Mangiarotti

(Prima pubblicazione – 14 aprile 2019)

 

Quella notte Anna Colombi in Comolli dorme male, a dire il vero non dorme quasi. Il marito, Giuseppe Comolli, invece, fresco e riposato, esce molto presto per una questione di lavoro, lei ne approfitta per rimanere a letto ancora un po’. Ma alle 8 in punto il citofono comincia inesorabilmente a suonare: il postino deve consegnare una lettera raccomandata e richiede la firma del destinatario o di persona di famiglia. Lei scende a ritirare la lettera e a firmare la ricevuta di ritorno.

La busta è indirizzata al dott. G. Comolli, è stata spedita dallo Studio Legale “Torquato Ripamonti” della città; il fatto desta in Anna curiosità e inquietudine: cosa può essere successo perché un avvocato invii al marito, al domicilio di casa e non in ufficio, una lettera… per di più raccomandata?

Da quando sono sposati, molti anni ormai, nessuno dei due ha mai aperto la corrispondenza dell’altro. Se è accaduto è stato per sbaglio o dietro reciproca autorizzazione. Ma quella volta lei sente che c’è qualcosa che non torna: non vuole aprire la busta, ma teme che qualche batosta legale venga ad appesantire un momento professionale non facile del marito.

Lo chiama al telefono e lo informa. Lui altrettanto sorpreso non sa cosa pensare. – Quando torno la apro, – conclude sbrigativo.

“Strano”, pensa lei, non è mai successo che le venisse chiesto di consultare corrispondenza che poteva contenere qualcosa di genere legale.

Già si è alzata con il mal di testa per la notte insonne, a quel punto le viene anche il mal di stomaco. Il caffè ancora caldo nella tazzina finisce nel lavandino.

Prende la guida del telefono e cerca il numero dello Studio Legale Ripamonti.  Ricorda che vi lavora come impiegata una sua ex-allieva, Paola Buscofà, una brava ragazza, che, anche dopo anni, prova gratitudine per Anna Comolli. È capitato che si siano incontrate nel bar che è tra l’ufficio del marito e lo studio legale

Alla chiamata risponde proprio Paola, sorpresa di sentire la voce della sua ex-insegnante di italiano. Dopo i soliti convenevoli, senza giri di parole, ma con gentilezza, nonostante il mal di testa e il mal di stomaco, Anna spiega della lettera e chiede di saper il motivo.

– Sono molto preoccupata per mio marito e vorrei evitargli, se possibile, un rialzo di pressione inevitabile in caso di guai legali. Insomma vorrei preparare il terreno – si giustifica con tono tra il patetico e l’ansioso.

Paola promette di aiutarla pur sapendo di venir meno al dovere della riservatezza, ma pensa che “se la lettera è stata spedita può essere letta,  c’è una moglie in ansia, un marito iperteso, tutto rimarrà in famiglia” . Apprezza molto la delicatezza di una moglie che non vuole aprire la corrispondenza del marito.   D’altra parte non dimentica che il suo tema di maturità, di fatto, l’aveva corretto, di straforo, proprio la Anna Comolli, commissario interno quell’anno, eludendo il controllo degli altri membri della commissione d’esame.

Si danno appuntamento in un bar fuori mano, per non destare sospetti.  All’appuntamento Anna arriva in anticipo si siede ad un tavolino in un angolo e aspetta. La ragazza entra con una faccia che non fa ben sperare.

– Mi dispiace davvero Prof., si tratta di una questione un po’ delicata– esordisce la ex-allieva. – Non ti preoccupare, dimmi e basta – incalza Anna.

– Ho letto molto velocemente e solo poche righe della copia della lettera. Riguarda un sollecito di pagamento per l’acquisto di una collana presso la gioielleria del sig. Stefano Reali quella che sta proprio davanti all’ ufficio di suo marito. Il proprietario ha chiesto all’avvocato Ripamonti di provvedere.  – la ragazza è in evidente imbarazzo, ma ha parlato.

– Ti ringrazio, Paola. Stai tranquilla, Noi non ci siamo mai viste – le risponde la sig.ra Comolli riuscendo a non finire sotto il tavolino del bar per la notizia.

Anzi aggiunge – Vedi che ho ragione di preoccuparmi per la salute di mio marito. La sua memoria comincia a vacillare –

Le due donne si salutano, Paola torna in ufficio, Anna cerca di mantenersi calma, esce dal bar e si dirige verso casa sperando di non incontrare nessuno.

Il pensiero di passare agli occhi di chi sa della faccenda per la moglie di uno che non paga la offende, ma il vero motivo dell’angoscia che la sta divorando è un altro: per chi era quella collana? A lei il marito negli ultimi, diciamo vent’anni, non ha mai regalato un gioiello che fosse uno. Si sente sempre ripetere la solita litania a Natale, per il compleanno e l’anniversario di matrimonio: – Senti Anna, comprati tu quello che vuoi, sai che io non so scegliere –

E guarda caso adesso si scopre   che lui, proprio lui ha probabilmente comprato “una collana di perle a due giri con pendente in oro:” così aveva precisato Paola prima di andarsene, molto scrupolosa e in dovere di dare tutti i dettagli possibili. Che fare?

“Gli salto al collo quando torna a casa e lo faccio confessare o aspetto che leggendo la lettera dia una qualche spiegazione?” si domanda rabbiosa. Sa di avere le mani legate: “non posso aprire la lettera e non posso rivelare la fonte dell’informazione. Non ci sono neppure errori nell’indirizzo: numero civico e via sono esatti. Di altri Comolli nel condominio neppure l’ombra” si ripete disperata.

Ma il pensiero che le divora il cervello è:” Chi ha ora la collana?”. Dopo tanti anni di matrimonio sentirsi preda di un dubbio così dolorosamente atroce è davvero troppo. Si sono conosciuti daragazzi, hanno cresciuto due bravi figli, sono nonni di due splendidi nipotini, cosa può aver spinto suo marito a comportarsi da cretino in quel modo?  Può solo aspettare gli eventi e cioè che Giuseppe torni a casa.

Le ore passano lentissime, anzi sembrano non passare mai, il mal di stomaco e il mal di testa non si piegano a nessun analgesico.

È un sollievo sentire il rumore dell’auto del marito entrare in garage: ancora una manciata di minuti e saprà. Giuseppe entra in casa, il solito saluto e chiede cosa ci sia per cena. Anna, con un autocontrollo davvero da manuale, risponde non tradendo minimamente cosa le passa per la testa.

La cena è in tavola e vicino al piatto del marito c’è anche la lettera dell’avvocato Ripamonti.

Lui la vede, la prende, la apre e la legge. Passano almeno due minuti e poi, cosa mai successa, si rivolge alla moglie e le urla in faccia: – Ma cosa hai combinato? Compri una collana e non la paghi? Ma che figura mi fai fare? –

Anna, al limite delle forze, grida a sua volta: – Non è vero. Io so che il gioiello l’hai comprato tu e non io, non contare balle per imbrogliare le carte! -. Per fortuna sul loro piano non ci sono inquilini che potrebbero sentire quelle voci alterate.

Giuseppe è semplicemente interdetto, la guarda sconvolto perché non capisce cosa la donna stia dicendo. Entrambi decidono di calmarsi e di spiegarsi.

Anna racconta dell’incontro con Paola e di cosa la ragazza le ha riferito. Giuseppe decide allora di leggere ad alta voce la lettera dell’avvocato Ripamonti: è scritto a chiare lettere che al dott. Comolli si chiede il pagamento di una collana  scelta dalla sig.ra Comolli. L’accordo era che il marito, dott.Comolli  sarebbe passato a saldare il conto.

– Io non ho comprato niente, in quel negozio non ci sono mai entrata, fammi leggere la lettera! – si difende con le unghie e con i denti Anna che sta per sentirsi male. La lettera dà ragione al marito.

“Quell’oca di Paola probabilmente ha letto di fretta e saltato qualche riga: le più importanti. Adesso nei guai ci sono io”, pensa disperata “.Anche mio marito  risulta non essersi mai presentato con l’assegno. Che figuraccia su figuraccia! Qui si rischia una crisi coniugale”, conclude sempre più a pezzi.

– Chiamo Ripamonti a casa! Voglio sapere cosa è successo – decide Anna d’impeto. -Tu non chiami nessuno, ci parlo io domani e insieme andiamo da Reali- taglia corto Giuseppe. La situazione è grottesca, paradossale assurda nello stesso tempo.

Anna è ora dalla parte del torto e deve difendersi, Giuseppe conosce la moglie e sa che mai avrebbe fatto una cosa del genere, ma carta canta. I coniugi Comolli passano la notte rigirandosi continuamente nel letto senza prendere sonno e senza rivolgersi la parola.

Alle 9,30 del giorno successivo marito e moglie, sempre nel più totale silenzio, escono insieme di casa e si dirigono verso la gioielleria Reali. Entrano, chiedono di parlare con il titolare e gli mostrano la lettera dell’avvocato. Reali ammutolisce: è sempre stato per lui un vanto mantenere la privacy dei suoi clienti. La faccenda della collana di perle è particolare, lo preoccupa che sia a conoscenza di un noto professionista della città e della moglie che ha l’aria di essere inferocita e andrà di certo in giro a raccontare tutto.  Perchè i Comolli colpevoli dell’acquisto e del mancato pagamento non sono i due Comolli che ha ora davanti!

“La Comolli che ha scelto il gioiello non è questa  befana  e il marito , si sa, è un tirchio che non è mai entrato nel mio negozio! Se becco il Ripamonti lo pelo vivo. E adesso cosa faccio?”, mugugna in silenzio. Ma è persona corretta e dichiara subito che la signora non c’entra nulla , anzi si scusa sinceramente.

I coniugi Giuseppe e Anna Comolli sentono il cuore finalmente più leggero, hanno la prova che non sono coinvolti, ma vogliono però capire come sia andata la faccenda. L’unico che può chiarire è Ripamonti.  Insieme al gioielliere si dirigono verso lo studio legale. L’avvocato sta per uscire ma quando vede il terzetto che con aria bellicosa gli fa segno di fermarsi desiste immediatamente.  

Anna mette sotto il naso dell’avvocato la raccomandata. Parla Reali.

– Non è possibile un errore, sig. Reali mi ha chiesto lei di scrivere al dott. G.Comolli-  precisa Ripamonti.

I Comolli non proferiscono verbo, ma Anna che ha passato uno dei giorni peggiori della sua vita non perdona e rompe il silenzio. – A chi dei suoi collaboratori ha chiesto di scrivere la lettera, avvocato?  – chiede in modo perentorio.

Ripamonti si alza d’impeto dalla sedia e urla. – Buscofà venga qua subito!” – . Arriva Paola, vede i presenti e sta per svenire. Si vede già licenziata. L’avvocato le chiede chi ha scritto e spedito la lettera Comolli.

– Sua moglie Enrica che mi ha sostituita quando ho avuto la sinusite la settimana scorsa – risponde con un fil di voce.

Torquato Ripamonti capisce. Ricorda di aver firmato la lettera trascritta dalla moglie e di aver lasciato un biglietto: “dott. G.Comolli. mandare lettera a casa, cercare indirizzo domicilio privato”. 

   DI fatto Enrica Ripamonti leggendo la nota del marito aveva pensato subito al dott. Comolli Giuseppe. Lo conosceva bene, non aveva molta simpatia per lui. “Ma guarda cosa hanno combinato quei due!” aveva commentato tra sé, quasi godendo della figuraccia che stavano facendo.  Aveva cercato solo il numero civico perché conosceva già l’indirizzo. . Non le era minimamente passato per l’anticamera del cervello che ci potesse essere un omonimo.

Torquato Ripamonti, si dà del deficiente per la sua superficialità, si scusa mortificato. “Con Enrica faccio i conti dopo” conclude dentro si sé. “E se dice ancora che senza di lei lo studio non va avanti, qui non mette più piede”.

Giuseppe, in strada si rivolge alla moglie – Senti, vai a sceglierti una collana, non dal Reali però, ti firmo subito un assegno in bianco. Mi dispiace, tutto a causa del mio cognome, così comune qui da noi-. E imbarazzato aggiunge: Colpa anche del mio carattere- L’Enrica Ripamonti, da ragazza mi è stata appiccicata come un polipo per tre mesi perché si era presa una cotta per me. Io le ho detto sul muso che proprio non mi piaceva-

– Ieri si è rotta anche la lavatrice. Quella che ho visto da “Ferrari Elettrodomestici” costa quanto una collana di perle a due giri con pendente in oro ed è meno pericolosa. Dammi pure l’assegno, grazie- taglia corto lei.