Racconto di Patrizia Bortolini

(Quarta pubblicazione – 25 aprile 2019)

 

Dopo aver frettolosamente parcheggiato l’auto, mi accorsi subito che quella strada mi era stranamente familiare, alzai lo sguardo a cercare la tabella e la vidi: “Via Leopardi” .

Un attimo di emozione mi prese lo stomaco.

È passata una vita …” pensai sospirando.

Scesi, feci pochi passi decisi ed… eccola là, proprio quella casa.

Grande, bianca, vuota e solitaria, finestroni enormi, serrande chiuse.

Trepidante mi avvicinai al cancello: il giardino un tempo rigoglioso era ora incolto, pieno di sterpaglie, i roseti aggrovigliati, disordinati, il portone del garage arrugginito, i muri scrostati. Un velo di malinconia mi piegò le labbra.

Toccai la fredda maniglia del cancello, provai insperatamente a spingere.

Chiuso. Tutto chiuso, tutto desolatamente abbandonato.

Quanti anni erano passati, quanti! Quante giornate felici trascorse in quella casa con i cuginetti, da piccola!

Risuonarono all’improvviso nella mia mente le voci gioiose di noi quattro bambini, io, mio fratello e i due cugini, che si rincorrevano intorno alla casa, sfidando le piante di rose e le loro spine, nascondendosi e sbucando con urla e risate, saltando tra piante e fiori nelle aiuole amorevolmente curate dalla zia, tra grandi vasi di limoni, e tanti tulipani in primavera!

“Attenti a non pestarli!” urlava la zia.

E quella voliera in mezzo al verde, che ospitava i canarini!  Le corse, gli schiamazzi che spaventavano gli uccelli variopinti, e poi scappare via divertiti, per non sentire i rimproveri della mamma che dalla finestra implorava di smettere!

Inoltrarsi poi in cantina per curiosare tra gli oggetti accatastati, tra scatoloni, scaffali e in lavanderia, con il lavatoio di pietra, il profumo del sapone, i panni asciutti pronti da stirare.

Sempre di corsa salivamo le scale, e al piano di sopra, in cucina, trovavamo zia e mamma con le loro chiacchiere leggere, la tazzina di caffè in mano, il fumo di una sigaretta.

Quando i pomeriggi erano più freddi, invece, restavamo in salotto. Potevo sentire ancora l’odore di cuoio delle poltrone, la “tv dei ragazzi” accesa; rivedevo i libri sistemati alla rinfusa sulla libreria, il tavolo grande dove disegnare, le grandi vetrate, le piante verdi.

Lo zio ed il papà, al lavoro, sarebbero tornati tardi; la mamma e la zia intanto preparavano le verdure per la cena, stiravano e parlottavano tra loro in complicità.

Il profumo di caffè pervadeva perennemente le stanze, le tazzine di porcellana sempre pronte, tanta luce che entrava dai finestroni della veranda, e le violette africane piene di fiori rosa e viola sui davanzali interni. Era un’atmosfera dolce, luminosa e familiare!

Ma il momento più bello era a metà pomeriggio, quando, nel bel mezzo dei giochi, una voce dalla cucina chiamava forte  ”Bambini, merenda! “ e tutti a precipitarsi, affamati e allegri.

Sul tavolo, l’immancabile caffè per i grandi, un piattino di biscotti e un vassoio con tante fette di pane e nutella! Quanta gioia e golosità nell’affondare i denti in quel pane bianco, morbido, spalmato di cioccolata! Mangiavamo in fretta, con ingordigia, ridendo e facendoci dispetti, e poi riscappavamo via, con la bocca ancora sporca, a riprendere a giocare!

Ed i pomeriggi passavano in un baleno per noi!

…Con le mani ancora appoggiate al cancello, a fatica ritornai alla realtà.

Le voci e le immagini si dissolsero, sorrisi malinconicamente dentro di me, assaporando quei momenti spensierati e perduti. La vita poi, come spesso accade, cambia le cose, le situazioni e le persone…

Ormai da molto tempo non c’erano più né genitori né zii, i cugini se ne erano andati lontano, lasciando disabitata quella casa un tempo così viva!

Erano rimasti solo quei bei ricordi di calore, di famiglia, di cose irrimediabilmente passate, e quel nostalgico intenso profumo di caffè …

Mi staccai a malincuore e con un ultimo saluto struggente alla casa, ripresi la mia strada.