Racconto di Giulia Criscione

(Seconda Pubblicazione – 8 maggio 2019)

 

Era già passato un anno.

365 interminabili giorni dal momento in cui tutto era cambiato. 

8.760 ore di polvere accumulata sul mio corpo. 

3.153.600 secondi di semi solitudine. 

Perché okay, nessuno dei miei amici mi aveva completamente abbandonato, ma da quando avevo fatto quel volo nel vuoto e mi ero spezzato una gamba mi sentivo spesso come se la mia esistenza fosse diventata totalmente inutile. Divisa da un solco profondo rispetto a quella degli altri miei compagni di vita. 

-Ciao Hans! Come va oggi? Hai una cera pessima stamattina- 

Era stato Berry a parlare, destandomi così dai miei più tristi pensieri. Si stava avvicinando a me con passo spedito, e qualcosa mi suggerì che sapeva già il motivo del mio turbamento. 

– Un anno oggi eh? – 

-Già- risposi increspando le labbra. 

-Non ti preoccupare, laggiù nessuno ti ha dimenticato, solo che alcuni di noi non riescono a salire fin qui…- 

Berry fece un paio di passi in avanti posizionandosi sul bordo del ripiano in legno e io mi sentii avvampare solo guardandolo.

– Non ti sporgere ti prego! – gridai. 

-Hans, sta calmo, non succede niente- 

-Dillo alla mia gamba se hai coraggio- replicai furioso indicando il pezzo mancante del mio corpo. 

-Se solo tu riuscissi a… – 

-Non scenderò mai da questa mensola!- sovrastai la sua voce non facendolo finire. 

-È passato un anno Hans. Non puoi continuare a stare relegato qui sopra. So quanto ti manchiamo, ma soprattutto so quanto tu manchi a noi-

-A voi, ma non a Chris- mormorai facendo calare il silenzio. 

Da quando mi ero rotto la gamba, la mamma di Chris mi aveva completamente abbandonato a me stesso relegandomi su quella mensola, ch’era ormai diventata la mia fissa dimora. 

Mi aveva inconsciamente imprigionato lassù.

Potevo biasimarla? 

No. 

A nessuno piacevano i giocattoli rotti. 

Non ero nient’altro che quello ormai. 

Un piccolo robot senza una gamba e con un terrore folle per l’altezza. 

-Sai benissimo che i bambini sono così. Anche noi verremo dimenticati prima o poi- l’alieno di plastica mi fissò abbozzando un sorriso. 

-Voi perlomeno potete ancora godere della sua presenza Berry- replicai stizzito.

-Non puoi stare qui sopra per sempre, Chris o non Chris – mi sfiorò la spalla, dopodiché si calò giù dalla mensola lasciandomi di nuovo solo con i miei pensieri.

Quando Chris quel pomeriggio tornò da scuola mi sentii più triste che mai. Giocare con lui mi mancava. Berry comunque non era l’unico che veniva a trovarmi e mi pregava di scendere da là sopra, ma in fondo, che differenza avrebbe fatto?

Anche se avessi avuto il coraggio di calarmi giù per tornare nella cesta dei giochi Chris non mi avrebbe comunque considerato, e oltre a quello si sarebbe chiesto come ci fossi finito di nuovo lì dentro.

No. Scendere era senz’altro un’idea stupida.

Calò la sera. Chris dormiva già da qualche ora quando sentii un rumore che mi fece voltare. Era Beck, il caro e vecchio Beck. Mi veniva a trovare ogni notte, ma lui, a differenza di tutti gli altri giocattoli che mi facevano visita, non aveva mai provato a convincermi a scendere.

-Ciao- mormorai.

-Ciao Hans-

Beck era una scimmietta di pezza e per lui non era difficile piegare le gambe per sedersi. Si accovacciò di fianco a me e rimase in silenzio.

C’erano state volte in cui eravamo stati tutta la notte vicini, senza parlare. La sua presenza era confortante. Mi faceva sentire un po’ meno abbandonato, ma purtroppo neanche questo era riuscito a restituirmi la voglia di vivere.

-Pensi che io sia uno stupido a non scendere da qui? – domandai dopo un po’.

-No, in fondo ognuno fa quel che vuole della sua vita-

-Ho troppa paura di calarmi giù dopo ciò che ho vissuto-

-Lo so, è normale. Credi che tornare tra noi ti renderebbe felice? –

Ci misi un po’ a rispondere.

-Credo che potrei stare meglio, ma l’unica cosa che mi potrebbe far tornare felice è Chris-

Questa volta fu lui a prendersi il suo tempo.

-Sai Hans, non vorrei sembrarti brusco, ma…-

-Ma? – mi voltai a fissarlo incuriosito.

-Ma il fatto che tu sia stato felice con qualcuno, non comporta che tu non possa più essere felice senza quel qualcuno-

-Ah no? E dimmi, secondo te come faccio a sentirmi felice? Sono relegato quassù senza una gamba, Chris non giocherà mai più con me e non riesco a tornare da voi perché sono terrorizzato dall’altezza dopo esser volato giù da quello stupido balcone l’anno scorso! Come potrei mai fare a sentirmi felice? – dissi tutto d’un fiato mentre le mie mani si muovevano qua e là nervosamente.

A nessuno degli altri giocattoli era mai capitata una cosa simile, e il fatto che sparassero sentenze e mi trattassero come uno che si era arreso mi dava sui nervi.

-Ognuno è il destino che si sceglie Hans-

-Noi giocattoli non abbiamo destino-

-Questo lo dici tu. Sai come sono capitato nella cameretta di Chris? –

-Ti ha trovato sua madre nel vialetto-

-Esatto, e secondo te è stato un caso che io mi fossi reso esanime proprio qui fuori? –

-Che intendi dire con questo? Non ti avevano buttato via i tuoi precedenti proprietari? –

-Sì, ad isolati da qui, ma io ho camminato per tutta la notte e mi sono fermato solo quando mi sono reso conto che quel bambino che avevo osservato dalla finestra per un pomeriggio intero poteva amarmi come volevo…-

-Chris? – domandai, conoscendo già la risposta.

-Già. E non fraintendermi Hans, perché un sacco di cose potevano andare storte. Sua madre poteva gettarmi nel bidone a sua volta, oppure sarei potuto non piacere al bambino, ma il punto è che…-

-Che ci hai provato- mormorai sapendo già dove sarebbe andato a parare.

-Esatto. Ho questa nuova vita perché me la sono scelta-

Le sue parole mi fecero riflettere e continuarono a rimbombarmi in testa finché non sopraggiunse l’alba. Quando finalmente mi voltai verso di lui mi resi conto che se n’era andato, lasciandomi solo a trarre le mie conclusioni.

Il pomeriggio seguente sentii dei gran schiamazzi provenire dal piano di sotto. Era il compleanno di Chris e sicuramente sua madre gli aveva organizzato una festa con i fiocchi. Nessuno quel giorno mi venne a trovare. Gli altri giocattoli non potevano certo rischiare di esser visti in movimento dato tutto l’andirivieni che c’era stato nel corridoio durante i festeggiamenti.

Quella notte mi ritrovai a fissare nervosamente il bordo della mensola. Attendevo Beck, perché dopo un pomeriggio passato in totale solitudine il bisogno di parlare con lui era più forte del solito.

Quello che mi ritrovai davanti però mi lasciò senza fiato.

A pochi passi da me, illuminato solo dalla luce tenue della luna piena, c’era un giocattolo che non avevo mai visto prima.

-Ciao Hans! – esordì.

Era una lei.

-Mi ha mandato qui Beck per fare le presentazioni. Io mi chiamo Olivia e arrivo dal negozio di giocattoli qui a fianco. Reparto robot di ultima generazione-

Sorrise. Era bellissima.

I lunghi capelli neri ad incorniciarle il viso dipinto in maniera impeccabile. Si mosse sinuosamente verso di me, le generose forme nascoste dalla tuta blu e nera. Reggeva in mano un bazooka, il che me la fece piacere ancora di più.

-P-piacere, io sono Hans- balbettai imbarazzato.

-Quindi? Che ci fai qui tutto solo? –

-Ho paura dell’altezza- replicai pentendomene un secondo dopo. Non volevo certo apparire ai suoi occhi come un debole.

-Beh? E qual è il problema? Se non te la senti di scendere posso aiutarti- mi disse tendendomi la mano libera.

-No. Scusa ma preferirei di no-

-Come vuoi, allora vorrà dire che tornerò a trovarti io- disse prima di sparire esattamente come era apparsa.

Tesi l’orecchio abbastanza da sentirla atterrare sul pavimento sottostante. Se n’era appena andata e già morivo dalla voglia di rivederla. Passai tutta la notte con un sorriso stampato in volto e una sensazione di serenità che non provavo da tempo.

Scorrevano i giorni e le ore diurne sembravano sempre più interminabili. Olivia poteva venire a trovarmi solo durante la notte poiché Chris aveva una vera e propria fissa e passava tutto il suo tempo libero giocando con lei.

-Ciao Olivia- le dissi sorridente non appena arrivò sulla mensola in quella fredda notte invernale.

-Sai Hans, ho pensato ad una cosa- mormorò.

-Cosa? – ero curioso, ma non mi aspettavo di certo ciò che lei stava per dire.

-Dovremmo scappare da qui. Tu ed io…-

-Sei per caso impazzita? –

-No, voglio solo vivere con te, e visto che in questa casa non posso farlo ho pensato che andarcene sarebbe una buona idea- mi osservò in attesa di una risposta.

-Non ho nessunissima intenzione di scendere da questa mensola. Sai benissimo cosa mi è successo e sai anche che a Chris si spezzerebbe il cuore non trovandoti più! – sbottai agitando le braccia.

Lei non disse niente. Si alzò e un secondo prima di voltarsi potei leggere la delusione sul suo viso. Mi sentii sprofondare in un buco nero di tristezza. Quando se ne andò senza neanche salutarmi mi resi conto che se non fosse più tornata a farmi visita, non solo avrei dovuto convivere con la triste realtà del non aver più la gamba, ma anche con quella di non avere più un cuore.

Di nuovo.

La mattina seguente la sveglia di Chris suonò più del dovuto. Sua madre dovette venire a tirarlo letteralmente giù dal letto. Dopo qualche protesta da parte del bambino la camera venne lasciata libera e tutto calò nuovamente nel silenzio. Quando anche la porta d’ingresso del piano di sotto emise un rumore sordo chiudendosi, capii che in casa non c’era più nessuno.

Mi avvicinai titubante al bordo della mensola e mi sforzai di guardare giù ma non ce la feci. Mi dovetti afflosciare contro il dizionario tanto tremavo dalla paura. Lasciandomi cadere all’indietro la mia mano venne a contatto con un qualcosa di ruvido che era nascosto chissà da quanto tempo tra il libro delle favole dei fratelli Grimm e quello dei dinosauri del giurassico. Tirai l’oggetto verso di me e tanta fu la sorpresa quando mi resi conto di cosa si trattava.

Ci vollero solo due minuti per farmi venire un’idea e 240 secondi per metterla in atto.

Ci ero riuscito!

-Hans! Hans! – gridarono Beck e Barry correndomi incontro.

Beck mi sfilò di dosso l’imbracatura fatta di spago che avevo improvvisato poco prima di calarmi giù dalla mensola e mi abbracciò felice mentre Barry mi batteva pacche sulle spalle.

-Te l’avevo detto che potevi scegliere! –

-E avevi ragione Beck! Bastava avere la motivazione giusta- replicai con un largo sorriso.

-E qual è stata la tua motivazione Hans? Cosa è cambiato? – si intromise Barry aggrottando la fronte.

-Io sono cambiato, e la mia motivazione è lei- risposi fiero indicando il giocattolo che era appena uscito da sotto il letto, ignaro di tutto ciò che era appena successo.

Olivia.