Racconto di Valentina De Nart

Seconda Pubblicazione

 

 

Prima che gli ospiti dell’hotel aprano gli occhi, il giardiniere, come di consueto, all’alba rastrella il prato e l’acqua azzurrina della fontana, in modo da rendere tutto immacolato. La calura estiva non perde occasione per innescare nel cielo i tipici acquazzoni, e così fogliame di vario genere galleggia in bella vista ai bordi della piscina. Lavoro in più per l’uomo che, retina alla mano, inizia a darsi da fare. Per l’ora della colazione di solito ogni cosa è a posto; c’è solo una donna che, come ogni anno ad agosto, osserva la scena di quell’uomo indaffarato.
Nonostante sia in vacanza, Eva ama mantenere l’abitudine di alzarsi presto: sorseggiare il suo Earl Grey Tea all’aperto la riempie di linfa vitale per l’intero arco della giornata, e ovunque ella si trovi non vi rinuncia.
‘Dopo il temporale l’aria è così tersa, pensa. Mentre i clienti iniziano a riempire i tavolini, lei si è già spostata più in là; occhiali da sole, capelli argentati raccolti in una coda morbida, taccuino alla mano pronto a raccogliere la sua vena poetica, qualora faccia cenno di uscire. Intanto, con la coda dell’occhio, sbircia i presenti, intenti a ordinare caffè e cornetti caldi: giovani facce assonnate reduci da qualche party, famiglie alle prime armi coi figli, coppie attempate e..
E poi è un attimo. Il suo cuore ha un sussulto, alla vista di una giovane ragazza con indosso un abito bianco. Bionda, esile, gli occhi chiari persi nello sguardo dell’uomo che le siede di fronte. Visibilmente più grande di lei.
Come un tuffo, la mente corre indietro a ritroso negli anni e quella ragazza è lei. Trent’anni prima. L’università, i compagni di alloggio, viaggi interminabili fatti di chiacchiere e musica; sullo sfondo Trieste, il molo, la Bora e lui.
Non vivevano nella stessa città. Si vedevano nel week end, quando lei tornava a casa e portava un po’ di brezza triestina tra le sue familiari montagne. Non era mai stato a trovarla a Trieste, eppure ad ogni passo, ogni via, statua, targa era impregnata di qualcosa di lui. Tanto era presente nei pensieri di Eva.
Mentre lei dava esami, lui dirigeva un esercito.
Si amavano di nascosto. In caserma. Con fare da prestigiatore oscurava le telecamere di corridoio, per portarla nel suo appartamento. ‘Non è da tutte andare a letto con un comandante’, solo questo pensava prima di crollare, rientrata nella sua cameretta. La sua voce, le mani, il suo calore. Niente l’aveva mai fatta sentire così viva. Quando non aveva l’intera notte da dedicarle, andavano in un parcheggio della zona. Sesso e zanzare, tra Vigorsol e salviette intime. Complimenti, allusioni, lusinghe.
-Eva come la prima donna. –
Era l’incantatore di serpenti al mercato arabo; e lei una povera serpentella ipnotizzata. Ma no! Guai a farglielo notare. Perché lei si sentiva la moderna Lolita dei suoi romanzi preferiti, la modella scoperta per caso mentre guardava le vetrine. Non l’ancella sacrificale a cui per cena vengono date briciole d’amore avvelenate. Bastava un messaggio.
-Ciao figa, stasera passo a prenderti- Ed era estasi, la giornata si tingeva di note psichedeliche, shampoo alla tecno e drum and bass, mentre decideva quale tanga indossare per la serata. Un giro alle montagne russe non le avrebbe fornito il medesimo impatto. A vent’anni sentirsi desiderate è importante, e il gioco della seduzione può dare veloci profitti. Ma a quale prezzo?
Otto mesi dopo era finita. Una sera un sms scritto all’ultimo momento, -stasera non riesco mi spiace-. Quella notte non aveva chiuso occhio, mentre lui era nel letto di un’altra. Era già la terza volta, ma non bastava a farla smettere di farsi del male, e così aveva chiuso lui. Dopo un’ultima scopata naturalmente.
Eva aveva passato l’estate più brutta della sua vita. Per poi andare avanti, come ogni essere umano programmato per vivere. Sbatte le palpebre.
Il sole, intanto, si è alzato e i raggi da tiepidi iniziano a farsi più caldi. Qualcuno è diretto in piscina, per altri è già l’ora di rifare i bagagli. Ironia della sorte, restano loro, sospesi ai tavolini: quei due, ed Eva ad osservarli. L’ uomo accarezza la mano delicata della ragazza, lei sorride maliziosa, lui le ripone una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Eva socchiude le labbra, l’aria vi entra e poco dopo torna fuori. Abbassa lo sguardo al taccuino, il ritratto di un gatto nero filiforme la ricambia altezzoso.
‘La giostra della vita continua e si ripete, sospira fra sé, poi torna a guardare la giovane biondina – e io ti auguro di essere baciata dalla fortuna, più che da quell’uomo.