Racconto di Serena Nancioni

(Prima pubblicazione – 3 febbraio 2019)

 

Era in preparazione la festa di Halloween, come ogni anno. Il ragazzo Stefan Stern non amava molto certe cose, ma erano comunque una buona occasione per far nuove conoscenze, dunque alla fine si prestava volentieri, ogni tanto. Pure se organizzata dalla scuola, infatti, era aperta anche agli esterni, a patto che fossero amici e/o familiari degli studenti. E sembrava che i suoi compagni avessero un sacco di amici.

Si tenne sul classico, indossando un vecchio vestito che un tempo era stato da cerimonia e truccandosi un po’ il viso. Come mago o come vampiro – stava all’immaginazione di chi guardava – sarebbe andato benissimo.

Lui e il suo amico Olivier si presentarono insieme nella palestra addobbata per l’occasione. Negli anni precedenti anche loro si erano prestati per offrire aiuto, ma non questa volta. Del resto Olivier era un inguaribile pigrone, quindi visto che Stefan si era tirato indietro per altri motivi, lui era stato ben felice di seguirlo. Comunque non aveva avuto importanza, c’erano stati molti altri volontari.

Le luci erano state sistemate ad arte, così da conferire zone di penombra anche nei punti più luminosi, e questo non permetteva di vedere bene gli altri ragazzi. Si intravedevano però i costumi più strani, cappelli da strega, mantelli svolazzanti, ali da diavolo e angelo. Nell’aria si diffondevano le note di colonne sonore di film horror e suoni di altri tipi.

“Senti? Questa è la colonna sonora di L’esorcista!” esclamò Olivier al suo fianco. Lui aveva una vera passione per l’horror, e anche a Stefan non dispiaceva. Annuì.

“Sembra”

“Ma tu conosci qualcuno di questi ragazzi? Secondo me sono tutti esterni”

“Come fai a dirlo? Sono tutti in maschera”

“Guardati intorno! Le ragazze, poi… non ce ne sono mica di così carine nella nostra scuola”

A Stefan venne da ridere.

“Sì che ce ne sono”

“Ma queste sono più grandi!”

“Ah sì, forse sì”

“Vado a conoscerne qualcuna. Vieni con me?”

“Ti lascio andare”

“Allora a dopo!”

Sparì fra la gente. Stefan sospirò. Non gli interessavano allo stesso modo le ragazze, non ancora, almeno. Non aveva ancora compiuto quattordici anni: tutti gli dicevano che aveva tempo per pensare alle donne. E lui era d’accordo.

La serata trascorreva tranquillamente. Olivier non era tornato, ma Stefan era riuscito a godersela comunque, facendo qualche ballo e un salto al rinfresco. Aveva visto un paio di volte da lontano il suo amico, sempre in compagnia di una ragazza diversa. Anche lui se la stava decisamente godendo.

E poi si voltò verso una delle finestre, e vide la ragazza.

La creatura osservava curiosamente tutti quegli strani esseri umani. Aveva sempre avuto il desiderio di vedere da vicino quella che loro festeggiavano come la notte di Halloween, e finora le stava piacendo. Sapeva leggere nelle loro menti, e aveva capito che in loro non c’era malvagità, non esisteva cattiveria. Per loro era come quell’altra festa, quella che si organizzava a febbraio, quando tutti si mettevano in maschera: un innocuo divertimento, niente di più. Nessuna messa satanica, nessun richiamo agli spiriti o peggio al diavolo. Le veniva da ridere pensando a chi credeva il contrario. Come mai si poteva caricare di significati così negativi una ricorrenza che fondamentalmente consisteva nell’intagliare una zucca e infilarci dentro una candela, per poi metterla fuori dalla finestra?

Se solo avessero saputo che i demoni vivevano fra loro da sempre, anche vestiti di panni che credevano inoffensivi… non come lei. Lei era soltanto in visita.

Decise di avvicinarla. A dir la verità il suo costume non era niente di speciale, anzi pareva piuttosto vestita normalmente, con un abito nero lungo e un ampio mantello. Doveva sicuramente rappresentare un vampiro, come si deduceva dal filo di sangue disegnato all’angolo delle labbra.

Si avvicinò un po’ impacciato. Non sapeva trattare molto bene con il sesso femminile, e non sapeva nemmeno perché lei lo colpiva tanto. Forse il fatto che se ne stesse là tutta sola, come se non conoscesse nessuno. Eppure qualcuno doveva averla invitata.

Appena le fu vicino gli occorse qualche altro secondo per prendere coraggio. Poi

“Ciao…”

Lei lo guardò, e i suoi occhi gli parvero senza fine tanto erano scuri e profondi. Certo, poi con quella poca luce era difficile dirlo.

“Ciao”

“Sei… amica di qualche studente?”

Gli sembrò che esitasse, ma poi annuì.

“Sì. Però mi ha… dato buca. Credo si sia ammalato all’ultimo”

“Ah, sì? Che peccato”

“Già… ma ormai ero qui, e ho deciso di rimanere lo stesso”

“Bè, se ti chiedono qualcosa puoi dire che sei amica mia”

Stavolta lei sorrise.

“Va bene”

Lui raccolse le idee. Poi

“Che bel vestito. Dove l’hai preso?”

“Ah, l’ho fatto io. Non è stato difficile”

“Sei davvero brava. Ah… io mi chiamo Stefan”

“Io Miriam, piacere”

“Piacere, Miriam. Ti va… fa caldo qui. E c’è una gran confusione. Ti va se usciamo un po’?”

“Certo”

Si fermarono fuori, subito nel cortile, davanti alla palestra. Stefan sospirò. Faceva caldo davvero dentro, non se ne era accorto.

“Accidenti… che caldo anomalo per essere ottobre. Vero?”

“Già”

“Di chi sei amica? Forse lo conosco”

“Ah… non credo. A vederti così direi che è più grande di te”

“Perché, quanti anni dimostro?”

“Quattordici?”

“Quasi”

“Allora sì”

Lei sorrise. Adesso, alla luna piena, gli sembrava molto bella. Doveva davvero essere più grande, o forse era solo il trucco a farla apparire tale. O non ne portava?

Mentre la ragazza alzava la testa la osservò cercando di non apparire indiscreto. Aveva degli occhi troppo perfetti per essere trucco. Ciglia lunghe. Forse erano proprio così, bellissimi naturali.

“Posso chiederti… da dove vieni? Non sei francese”

“Non ti sembro francese?”

“Eh… non esattamente”

“L’accento mi ha tradito” lei sorrise ancora “Sono del nord Europa”

“Romania?”

“Sì. Esatto”

“Dicono… che le rumene siano molto belle. Forse per questo ho pensato…”

Non se la cavava bene coi complimenti, ma lei lo colse lo stesso. Gli sorrise.

“Grazie”

Parlarono di moltissime cose per tutta la sera, senza nemmeno pensare di tornare alla festa. Per quanto li riguardava non c’era più nessuna festa, c’erano solo loro due, a conversare come se si conoscessero da sempre. Miriam era diversa da qualsiasi altra ragazza avesse mai incontrato, e si disse che l’unica spiegazione era questa.

E infine Stefan guardò l’orologio, e non credette ai suoi occhi.

“Accidenti, ma sono già le tre del mattino!”

“Ah sì, davvero?”

“Ormai la festa sarà finita. Tu non devi tornare a casa?”

“Io no. Posso stare fuori fino all’alba”

“Così tanto? Io non…”

“Tu non puoi? Devi rientrare?”

“Io…” lanciò un’occhiata dentro la palestra “Credo che nessuno ci baderà se mi assento per un po’”

“Allora andiamo da un’altra parte, ti va?”

“Dove?”

“Dove vuoi”

La scuola si trovava fuori città, ma insieme arrivarono al centro di Parigi. C’era ancora qualcuno in giro, la maggior parte gente che usciva dalle varie feste, oltre naturalmente a gruppetti impegnati nel Dolcetto o scherzetto. Tutti rigorosamente in maschera. E Miriam sorrideva e osservava tutto, incuriosita.

“Che costumi strani! Certo che voi umani siete proprio…”

Stefan si voltò verso di lei, confuso.

“Noi umani… perché, tu cosa sei?”

“… Ma un’umana! Che sciocchezza. Voglio dire che certa gente è davvero strana”

“Ah!” ogni sospetto si dissipò “Sì, questo è certo”

Miriam sorrise ancora.

“Già!”

Arrivarono ai piedi della Tour Eiffel, nel Camp de Mars. Sedettero sull’erba soffice, anche se era fredda, ma la notte era tiepida nonostante si fosse ormai a novembre. Miriam stese con cura il suo mantello, e poté farci sedere anche Stefan.

“Oh, uao. Anche il mantello lo hai fatto tu?”

“Sì. Ma alla fine, non è che un grosso pezzo di stoffa”

“Che stoffa è? Raso?”

“Sì”

“Ma allora si rovinerà. Forse dovresti…”

“No, non importa”

Si stesero insieme a guardare le stelle. Il cielo era incredibilmente limpido e la luna luminosa: la notte perfetta per festeggiare Halloween.

Sicuramente un altro ragazzo, pure della sua età, avrebbe colto quell’occasione per tentare ben altro. La notte avanzava e in giro non c’era nessuno: certo non sarebbe rimasto lì con una bella ragazza a guardare le stelle. Ma Stefan non sentiva il bisogno di fare nulla, era con lei e si trovava in uno stato di completa beatitudine. Non gli serviva altro.

Il cielo cominciava appena a schiarire. Le stelle erano ormai sbiadite, e Miriam si alzò a sedere. Stefan la guardò senza capire, ma immaginò che fosse ormai davvero tardissimo e lei dovesse rincasare… come lui, del resto.

“Devi andare?”

“Sì, tra poco sorgerà il sole”

Si rimisero in piedi. Si ripulirono dall’erba.

“Allora ciao. È stata una bellissima serata”

“Aspetta, ma… ti rivedo? Dimmi come si chiama il tuo amico. Forse…”

Lei sorrise, come se si fosse aspettata che a quel punto lui avesse già capito. Stefan insistette.

“Quando ti posso rivedere?”

Il sorriso di Miriam si fece più luminoso, e lui credette di scorgere lo sporgersi anomalo di due canini.

“Forse l’anno prossimo”

Gli posò un leggerissimo bacio sulle labbra, poi si voltò e letteralmente sparì. Stefan si stropicciò gli occhi, e poi pensò… a volte nella notte di Halloween gli spiriti trovavano un passaggio per il mondo dei vivi, ma erano poi costretti a ritirarsi prima che l’alba sorgesse. E lui non riusciva a crederci. Aveva trascorso la notte con… un vero vampiro?

“… Oh, cavolo”

Ma poi ripensò a quello che lei gli aveva fatto provare, e le sue labbra si sollevarono in un sorriso.

“Ma forse l’anno prossimo…”

Si voltò e si incamminò a passo veloce verso la scuola.