Racconto di Giuseppe Borrelli

(Quarta pubblicazione)

 

 

È successo.

Adesso.

7 miliardi, 412 milioni, 868 mila, 332 anni secondo il calendario del Nazareno.

Il giorno 9 dell’undicesimo mese, seguendo sempre la linea temporale che si fa risalire alla nascita del Cristo di Nazareth.

12 miliardi di anni dopo, invece, se si considera la nascita della nostra meravigliosa stella.

È accaduto proprio nel momento previsto dalla “Tecnomente” della mia nave.

D’altronde essa è parte del mio cervello, ha i miei stessi ricordi ed è collegata a me.

Una piccola parte del mio tessuto cerebrale, integrata nell’apparato bio connettivo della nave e strutturata recependo e riproducendo le frequenze elettriche che costituiscono la mia memoria.

Ora sembra che anche la mia nave sia prostrata dalla malinconia che attanaglia la mia stessa anima.

Cammino fino all’ultimo punto di osservazione, in coda al mio vascello.

La luce dell’ultimo Evento non ci ha ancora raggiunti.

Io lo vedo ancora lì, piccolo puntino lontano in mezzo a milioni di altre luci stellari, ma il magnetoscopio della nave ha già rilevato l’avvento della Singolarità: il Sole è esploso!

Avevano detto che non sarebbe accaduto, che la condizione di Gigante Rossa della nostra stella sarebbe degradata fino ad una Nana Bianca e poi, forse, ad una Nana Rossa.

Eppure io ho sempre saputo che questo non era vero.

Per questo motivo decisi di partire tanto tempo fa, anche se non ricordo più quando questo sia avvenuto.

Non sono diretto ad Alfa Centauri, ove si dice ci sia un mondo che, in passato, fu colonizzato da noi umani.

Le voci dicono di un tempo remoto, però, nel quale l’umanità aveva preso una strada sbagliata e riteneva di dover imporre il suo infausto cammino anche alle sue più remote colonie.

Allora l’uomo si era fuso con la natura e con le sue specie animali, fino quasi a rinnegare la sua stessa identità.

Questo, però, ci aveva resi ancora più arroganti ed aggressivi e ci aveva fatto muovere guerra a quel mondo lontano.

Fino a quando l’umanità di quella nuova Terra aveva, infine, ridestato anche la nostra appartenenza atavica, ed una rinata razza umana non aveva, allora, deciso di lasciare in pace la progenie di quel luogo remoto.

Per tale ragione, sin da quel tempo lontano, Alfa Centauri è spazio precluso ad ogni intrusione della nostra stirpe.

L’età di quel sistema Tristellare, poi, è contigua a quella della nostra stella e le simulazioni circa l’arrivo dell’onda di Super Nova, tra circa quattro anni, in quello spazio, non sono chiare.

Perciò devo cercare altrove.

Si, ma cosa? Forse una casa? Un mondo dove poter vivere? Con chi?

Abbiamo trovato, tanto tempo fa, un altro mondo abitabile nel sistema solare di Gleese, ma la mia vita non basterà a compiere un viaggio tanto lungo.

Tutti gli altri astri sono ancora più lontani e raggiungere gli altri mondi terraformi finora trovati nelle loro orbite, mi è precluso dalle immani distanze.

Sono condannato.

La cosa più giusta sarebbe stato restare sul mio mondo ed attendere la fine della mia razza.

Perché laddove la nostra razza è nata ed è vissuta, lì sarebbe dovuta sparire.

Io, invece, mi sono ribellato al Destino ed ora ne pagherò le conseguenze.

Io, da solo.

Perché non c’è nessuno là fuori.

Noi non abbiamo trovato nessuno negli spazi infiniti.

Seppur di mondi abitabili ne sono stati trovati tanti, infatti, di razze intelligenti non ne sono mai state scoperte.

Solo strani segnali provenienti da luoghi e tempi remoti e dimenticati.

Forse scaturiti da fenomeni naturali sconosciuti o, forse, da disperati ultimi vagiti di civiltà che stavano scomparendo.

Ci fu solo un episodio, in un passato lontano, sulla Terra che diede i natali alla nostra stirpe.

Accadde, in un luogo chiamato Braxton, in una regione chiamata New Mexico, in quella che era la più importante delle antiche nazioni nelle quali era divisa la umanità primordiale: gli Stati Uniti d’America.

Si narra di due oggetti volanti sconosciuti, di una città distrutta e di un oggetto che lasciò la Terra.

Però nessuno è mai riuscito a stabilire cosa sia realmente accaduto.

Se quell’incidente sia stato causato da un fenomeno naturale, da un esperimento militare o da esseri di altri mondi.

Le distanze in questo Universo sono un limite invalicabile, anche per la Luce e per il Tempo; io continuo a vedere la luce del nostro Sole, eppure esso non esiste più, è esploso nella sua infinita gloria di Super Nova.

Questo perché anche lo stesso Tempo, seppur di un evento tanto immane, fa fatica a colmare le distese eterne della incommensurabile trama dello Spazio-Tempo.

L’appartenere a luoghi diversi significa, di fatto, appartenere a dimensioni temporali infinitamente distanti tra loro.

Perciò la possibilità che due razze intelligenti si possano incontrare è una illusione anche in termini percentuali.

Perché l’Universo è questo, è solo questo: solitudine.

Immane, immutabile ed immensa solitudine.

La stessa solitudine che ora ha avvolto la mia esistenza.

O ciò che ne rimane.

Per una insana e vacua vanità, poi, ho raccolto tutto ciò che noi siamo stati, fino alla nostra estinzione, nella sconfinata memoria della Tecnomente del mio vascello.

Ultimo atto di supponente superbia dell’ultimo membro di una razza che si è si ritenuta padrone di tutto, e che ora è divenuta polvere cosmica.

Davvero, solo, uno spreco di risorse della memoria della mia nave.

A cosa è servito portare con sé tutta la storia della mia razza? Le sue opere, le sue invenzioni, la sua arte e la sua filosofia.?

Chi mai ascolterà quei suoni? Chi ammirerà quelle immagini? Chi mai potrà leggere quelle parole?

Ora, davvero, mi rendo conto che la Natura ha una sua logica.

Noi siamo nati ed abbiamo vissuto nello Spazio che ci ha ospitati, riscaldati dal Sole che ci ha illuminati.

Consumando ciò che era utile ed adatto a noi.

Ora quel luogo non esiste più. E con esso doveva sparire ogni traccia del tempo che è stato.

Un giorno lontano, quella stessa forza che ora ha distrutto ogni cosa, ritornerà ad essere materia e sostanza.

Una nuova stella si accenderà e nuovi mondi nasceranno.

In essi forse sorgerà una nuova razza che percorrerà il suo cammino e scriverà la sua storia.

Così è. Così è sempre stato. Forse così sempre sarà.

Io, però, mi sono ribellato a questa legge universale.

Solo io non ho accettato la stessa sorte del mio mondo e della mia razza.

Ed ora sono qui, davanti alla camera di conservazione dove è rinchiusa lei.

..Zana…

L’altra metà della mia anima. La mia compagna.

Non ricordo quando sia morta. Ormai è passato troppo tempo.

Nessuno poteva saperlo, nemmeno uno scienziato come me.

Ma il viaggio così lungo le ha, praticamente, consumato i globuli rossi fino a farla spegnere.

Ho inutilmente provato a trasferire la sua coscienza nella Tecnomente della nave.

Se ci fossi riuscito, mi sarei addormentato anche io ed, entrambi, avremmo vissuto nella dimensione che il vascello avrebbe creato per noi.

Magari in quella che fu la nostra meravigliosa Ganimede, dove siamo nati e dove abbiamo vissuto, sotto la gargantuelica magnificenza di Giove nel cielo.

Fino al giorno della infausta decisione di intraprendere questo viaggio.

Pensavo che il tentativo fosse andato a buon fine, però la coscienza di Zana non ha dato segnali di sussistenza nella Tecnomente.

E da allora sono solo.

Zana è chiusa in questa stasi biologica, affinché un giorno io possa trovare il modo di riportarla in vita.

Ci riuscirò, devo riuscirci, perché altrimenti, in caso contrario, anche porre termine alla propria esistenza è una condizione migliore della eterna solitudine.

Intanto, ho dovuto evitare di fare la sua stessa fine e, per questo motivo, ho dovuto modificare radicalmente la struttura del mio DNA.

Adesso, però, non riesco nemmeno a guardare la mia immagine riflessa attraverso il vetro della camera di conservazione di Zana.

Vedere ciò che sono diventato mi riesce difficile.

Delle volte, nei lunghi interminabili periodi vissuti in silenzio, mi rivolgo, con la mente, a riflettere sulla possibile esistenza di un Creatore.

Egli dovrebbe correre in aiuto di una sua creatura perduta nel buio infinito.

Egli dovrebbe mostrare la strada al suo figlio che si è smarrito.

Però finora non ho percepito alcunché.

Delle volte penso che, forse, Egli lo stia già facendo.

Ed allora mi perdo a riflettere sul modo nel quale si esprimerebbe un’entità che ha creato il Tutto e che forse è la sostanza di ogni cosa che esiste.

Forse sono anche io parte di esso?

Ed allora è inutile cercare un segno esteriore della presenza del Determinatore.

Egli, forse, si esprime attraverso la sua stessa essenza, della quale io faccio parte.

La sua voce, allora, sovviene dal dentro della mia stessa coscienza.

Può mai un Creatore, però, dirmi di fare quello che sento di dover fare in questo momento?

E’ possibile tutto questo?

Davvero egli mi sta chiedendo di accettare lo stesso Fato di Zana e di tutti gli altri esseri umani?

Può mai egli chiedere ad una vita, da esso stesso creata, di spegnersi?

Non so se sia questo quello che il Creatore mi sta spingendo a fare.

In me ci sono delle spinte contrastanti e divergenti, da una parte della mia essenza c’è qualcosa che mi dice di fermarmi, qui, adesso e per sempre.

Dall’altra, c’è una voce lontana e remota che mi dice di proseguire, di continuare a viaggiare e di continuare a sperare.

Quale di queste è la voce del Determinatore?

Talvolta chiudo gli occhi e percepisco che la voce che sento più lontana e flebile, non è la mia.

E’ quella di Zana.

Ed, allora, io la vedo ancora sorridere felice e piena di vita, mentre dona significato e ragione ad ogni mio respiro.

Forse è questo il modo che ha Creatore di parlare ai suoi figli?

Ricordare a noi che è solo nella gioia di chi amiamo che risiede la nostra stessa felicità?

Non sono più sicuro di nulla.

Ma forse ciò è normale per l’ultimo esemplare di una specie ormai estinta.

Ed allora mio Creatore, essendo io l’ultimo della mia razza, lascerò a Te l’ultima mossa.

Decidi Tu cosa deve essere. Io mi fermo qui.

Credo di chiamarmi Hor.

Forse nacqui 304 anni fa su Ganimede, Luna di Giove.

Forse 160 anni fa partii insieme a mia moglie Zana per sfuggire alla imminente esplosione della nostra stella.

Forse 70 anni fa, mia moglie Zana si spense.

Da allora sono solo.

Ora io mi addormenterò insieme a lei, chiederò alla Tecnomente del mio vascello di interrompere il viaggio e di fermarsi alla deriva nel Cosmo.

Allorquando l’onda di Super Nova ci raggiungerà, forse ci distruggerà.

O comunque danneggerà in maniera irreversibile la coscienza della nave ed i suoi parametri vitali.

Sarai Tu, dunque, a decidere, infine, ciò che sarà, Determinatore.

Ascolta, soltanto, l’ultima parola dell’ultimo degli uomini e tienila per sempre con Te, negli Universi che verranno.

Essa è…Zana…

Noi due, piccoli ed insignificanti esseri umani persi nell’Infinito, abbiamo fatto ciò che abbiamo potuto…fino alla fine.

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