Racconto di Simone Clementi

(Seconda pubblicazione – 31 luglio 2020)

 

 

Daniel si coricò sotto le coperte con ancora la mente turbata e le ultime lacrime che si stavano asciugando lungo il viso. Quel giorno avrebbero compiuto quattro anni di fidanzamento, peccato che quattro mesi prima aveva scoperto che la sua fidanzata coltivava amicizie particolari sul web e nel paese dove viveva. Ora capiva la frase Mai fare le sorprese durante un fidanzamento, ascoltata in una commedia vista al cinema anni prima. Per tutto il giorno era stato con i suoi amici che cercavano, da quattro mesi, di stargli vicino e di fargli superare quella brutta faccenda. Doveva ammettere che ci riuscivano, ma i problemi subentravano quando doveva rimanere da solo. La mente lavorava, i pensieri si conficcavano come aghi nel cervello e nel cuore sconfitto di Daniel. Prese sonno dopo altri venti o trenta minuti di rabbia e pianto, si addormentò per la stanchezza. Ma la mente non smette di lavorare, nemmeno durante il sonno.

Si ritrovò in una foresta fitta e buia, sembrava una di quelle foreste che si trovavano dietro il paese natio della sua ex, sui pendii della grande montagna. Iniziò a camminare cercando di orientarsi in quel mondo cupo di nebbia e umidità. Era inverno e le temperature erano molto basse. Al centro del bosco si estendeva un piccolo sentiero, Daniel non sapeva bene dove portava ma, non avendo molta scelta, iniziò ad incamminarsi. Il buio era fitto e spezzato solo dalla luna che ogni tanto si faceva strada tra le foglie, il silenzio rotto solo dal verso del gufo. Si ritrovò improvvisamente, come in un’apparizione, la sua ex davanti in veste bianca, sembrava emanare luce propria. Daniel ebbe un tuffo al cuore e un mix di emozioni che gli procurò all’istante un forte mal di testa. Una parte di lui credeva di amarla, ne era quasi convinto, ma la parte razionale del suo cervello gli ripeteva ogni giorno che non poteva provare amore per una persona che desideri uccidere da quattro lunghi mesi. Non disse una parola, lei lo guardava con i suoi occhi verdi, sembrava quasi innocente.

<< Amore…>>

<< Non ti azzardare a chiamarmi amore. Cosa vuoi!?>> la zittì subito, sentiva la rabbia salirgli.

<< Ho sbagliato lo so e sono qui per chiederti scusa. Perdonami ti prego, io ti amo!>>

<< Il perdono non so nemmeno dove sta di casa se penso a te e alla schifosa persona che sei. Potevi fare qualsiasi cosa, finire questa storia nei modi più disparati ed uscirne pulita e invece no. Hai scelto il modo più sporco e deplorevole e pensavi anche di farla franca>>.  Lei abbassò leggermente lo sguardo come a vergognarsi ma provò ugualmente a perorare la sua causa.

<< Perdonami amore, ricominciamo da zero e sarà più bello di prima>>

<< Ti ho già detto di non chiamarmi amore, cazzo!! poi fammi capire una cosa, tu hai sguazzato nella merda per chissà quanto tempo ed ora che sei stata scoperta ne vorresti uscire pulita e profumata? Troppo comodo mia cara>>

La rabbia di Daniel era al culmine e sentiva di non poter governare le sue azioni. Lei si avvicinò di un paio di passi ma Daniel si allontanò a sua volta. Non voleva nessun tipo di contatto, desiderava solo andare via da lì e dimenticarsi di tutta quella storia. Notò che anche lei stava cambiando ma non sapeva decifrare bene cosa stesse passando nella sua mente perversa. Abbassò lo sguardo e quando rialzò il viso dopo alcuni minuti, tutto era totalmente cambiato. Non aveva più occhi ma solo un bianco abbagliante che emanava luce dai due fori, sulla faccia dei grossi segni e un colorito verde gli ricordavano la bambina di un famoso film dell’orrore. Dietro alla schiena apparvero due grosse ali nere. Daniel, visibilmente impaurito, iniziò ad indietreggiare ancor di più.

<< Sara, ma cosa fai? >>

<< Sara è morta tesoro, la donna di cui ti sei innamorato non è mai esistita. Io sono Lilith e continuerò a nutrirmi della tua anima, con le buone o con le cattive!>>

Mentre finiva di parlare, era cambiata anche la voce e sembrava quella usata nei film dell’orrore. Lilith fece un grande salto ed aggredì Daniel saltandogli sopra. Lunghi denti cercarono di azzannargli il collo. Daniel riusciva a tenerla a distanza ma la sua forza era enorme. Temeva seriamente per la sua vita e stava per arrendersi quando, al suo fianco, notò un grosso bastone spezzato. Lo prese con forza e con altrettanto vigore cercò di conficcarglielo sotto la gola. L’operazione riuscì per sua fortuna e Lilith, ferita a morte, iniziò ad indietreggiare mentre dalla gola uscivano copiosi fiotti di sangue nero. Daniel si ricordò della sua serie preferita, i due ragazzi protagonisti uccidevano sempre i demoni e i fantasmi dando fuoco al corpo. Si avvicinò al demone che nel frattempo era accasciato a terra privo di conoscenza e in un lago di sangue. Lo guardò esalare gli ultimi respiri mentre dalla sua tasca tirò fuori un accendino Zippo. Prese un altro bastone di legna secca, gli diede fuoco e accese letteralmente quello che rimaneva della sua ex ragazza. Le fiamme cambiarono colore continuamente mentre urli disumani venivano dagli abissi della terra che, squarciandosi, apriva la strada a Lilith per l’inferno.

Daniel si svegliò di soprassalto, urlando e con il respiro affannato, grondava sudore. Guardò l’orologio che segnava le sei del mattino. Scese dal letto e andò di corsa nella sua soffitta insonorizzata. Prese la chitarra ed iniziò a scrivere una canzone. Aveva esorcizzato il suo demone, affrontato e vinto le sue paure e quello era il modo più bello che conosceva per festeggiare il momento. Tornò a sorridere mentre i versi si disegnavano e si univano alle note che uscivano dalle corde.