Di Andrea Ciucci

(Prima pubblicazione – 4 marzo 2021)

 

 

Cento, 19/07/2019

 

Cara zia Paola, è un po’ che non ti scrivo; immagino che sarai contenta di ricevere mie notizie, io sono lieto di sapere che ancora speravi di sentirmi.

Le corrispondenze, soprattutto quelle cartacee, sono l’unica cosa che non aggrava la mia situazione fisica e mentale.

Da qualche tempo mi hanno diagnosticato una malattia per colpa della quale non mi riuscirà più di essere lo stesso; babbo dice che ne esistono soltanto tre casi in tutta Italia. Si sa com’è papà, esagera sempre, gliel’abbiamo sempre rimproverato.

Ricordi quando diceva che nonno Lambe era uno dei tre migliori professori d’Italia?

Ti raccontavo, questo morbo mi terrà inchiodato ad una sedia a rotelle per il resto dei miei giorni, esclusi quelli in cui riuscirò a scappare da questa grave situazione attraverso la forza della mia mente.

Fortunatamente ricevo assistenza da un amico che sta facendo il tirocinio nel settore sanitario, si chiama Leonardo e sta studiando per diventare educatore; sono convinto che ne uscirà a pieni voti, quale esame potrebbe essere più difficile di sopportare un malfermo come me?

Tutti dicono che questa condizione mi rende un ragazzo speciale. Io, di speciale, in me, non trovo proprio niente. Se davvero così fosse, sarei ancora più sfortunato: chi potrebbe mai innamorarsi di una persona speciale in questo mondo corrotto?

L’unica fortuna è che, non avendo nessuno al mio fianco, posso sognare di stare con chi pare a me. Ogni giorno scelgo qualcuno diverso. Significa forse che sono sempre più solo?

Forse siamo davvero soltanto tre casi in Italia. Magari in tutto il mondo.

Ogni tanto piango e mi consolo con questa lettera che ti sto scrivendo, ci sto mettendo un’infinità. Circa 9 anni.

La mia condizione migliora a vista d’occhio da quando anche altri amici mi fanno visita più spesso: Luca, Michele, Andrea e a volte anche altri. Forse al loro fianco mi sento davvero quello che sono veramente.

I sogni solo l’unico modo per far volare gli ammalati della vita; sicché si capisce, a questo punto, che la mia malattia non è un problema reale del mio organismo – oppure è il problema di ogni individuo.

E allora forse invidio te, l’unica vera sana in questa vita; anche se sei seduta su una sedia a rotelle.

Con questa lettera voglio solo chiederti scusa se ho trascurato la tua infermità nel corso di tutto questo tempo e ricordarti che sei fortunata a non soffrire della malattia che soffriamo io e tutti gli altri.