Racconto di Patrizia Matteucci

(Prima pubblicazione – 29 gennaio 2019)

 

A me gli ascensori.

Voglio dire, ho paura di tante cose, ma gli ascensori…

Specie quelli dei vecchi palazzi. Avete mai fatto caso a come scendono lentamente e al suono basso e cigolante mentre lo fanno?

Sembra il suono di vecchie ossa che stridono tra loro.

E il lamento delle porte quando si chiudono…

Mi fa venire i brividi.

È come se l’anima oscura di qualche perversa entità gioisse per il tuo ingresso.

Io l’ho visto sapete? Il demonio che vive lì, intendo.

Quando ero piccolo amavo il vecchio ascensore del mio palazzo. Ero convinto che spingendo tutti i pulsanti, mi avrebbe portato in un posto fantastico e meraviglioso, e che quando mia madre mi diceva di non entrarci da solo, era solo per impedirmi di divertirmi.

Ma adesso lo so. So che anche lei lo aveva visto. Probabilmente lui aveva anche cercato di prenderla, visto che non voleva mai entrarci da sola.

Una mattina avevo aperta la porta di casa e lui era fermo lì davanti me, con le sue luci soffuse e le sue pareti specchiate. Non seppi resistere.

Misi un piede dentro e lo sentii vibrare. Misi anche l’altro, e subito le porte si chiusero alle mie spalle, senza che io avessi premuto nessun pulsante.

Cominciò a salire piano con quel suo cigolare lamentoso. E mentre mi guardavo attorno estasiato, ammirando la mia immagine riflessa sull’acciaio lucido, improvvisamente lo vidi, mentre si estendeva verso me, con quelle sue lunghe braccia scarne.

Non vedevo il suo viso ma sentivo il respiro graffiante alle mie spalle e l’alone del suo fiato appannare la mia immagine.

Cominciai a urlare e a piangere, chiamando la mia mamma, mentre le sue dita ossute tentavano di afferrarmi per trascinarmi nel suo mondo. Furono attimi infiniti.

Quando finalmente qualcuno chiamò l’ascensore, mi trovarono accucciato in un angolo in stato di shock, con graffi e morsi su gambe e braccia.

Dissero che visto che ero solo, probabilmente erano ferite autoinflitte, ma per fortuna mia madre sapeva che non era così.

Cambiammo subito casa, andando a vivere in una villetta a due piani, e da quel giorno ogni volta che devo andare a trovare qualcuno, mi accerto che non ci siano ascensori.

Voi dovreste fare altrettanto…

Non prendete l’ascensore da soli, e se lo fate, ascoltate bene il lamento quando le porte si chiudono.

Potrebbe essere la sua risata…