Racconto di Myriam Ambrosini

(Terza pubblicazione – 17 giugno 2019)

 

“Non sono più gli uomini di una volta. Non che fossero un granchè neppure prima, ma per gli angeli avevano almeno un po’ di considerazione, forse persino un po’ di meraviglia …”

Sospiro sospirò: <Che nome strano mi è stato assegnato,> pensò, ripiegando un’ala che aveva dimenticato aperta <di questi tempi poi che c’è così tanto da sospirare!> Un tempo amavo molto questo mio nome e mi aggiravo tra l’Umanità leggero e sospeso proprio come si addice ad un simile appellativo: adesso mi pesa, invece, perché ora bisogna fare rumore, darsi assolutamente da fare, imporsi e, se possibile, prevaricare.

Cosa se ne fanno gli uomini di “un sospiro”?

Ricordò che, nei bei tempi andati, quando il buio ed il silenzio erano ancora una realtà, qualcuno era riuscito ad intravedere le sue ali trasparenti ed aveva fissato attonito la polvere d’oro che, scuotendole, da loro si sprigionava e qualcun altro aveva captato i suoi bisbigli, il soffio affettuoso che regalava …

Sospiro sospirò di nuovo, proprio mentre un’automobile, sfrecciando, l’accecò con i sui fari.

Avrebbe voluto fargli una “linguaccia”, ma agli angeli non è permesso un simile gesto così ineducato.

Comunque era stanco, stanco di girovagare, di sussurrare consigli che – nel frastuono e nell’indifferenza – nessuno ascoltava. Era stanco di tentare di dare coraggio e conforto quando tanto orgoglio e protervia li rifiutavano … ed era stanco anche di quelle ali. Con tutto quello “smog” che ormai infettava l’aria, erano divenute troppo pesanti ed inoltre, per mantenerle così trasparenti, era tutto un pulire, un disinfettare, uno strofinare!

Basta: dava forfait, si dichiarava sconfitto. Se ne sarebbe tornato in cielo e, buono buono, si sarebbe ripreso il suo pezzo di azzurro e, addossato alla stella che gli era stata affidata, si sarebbe di nuovo unito ai canti celesti ed alle feste delle alte Entità.

Una lacrima gli corse lungo la guancia: aveva tanto amato gli uomini ed era stato proprio lui a chiedere di scendere tra di loro, e con tutti i più buoni propositi del mondo! Niente “Nefilim”, per carità, e, con tutto rispetto per Michele, nessuna spada fiammeggiante e punitiva …

Sospiro guardò quella campagna addormentata dove si era rifugiato per risparmiarsi almeno un po’ di chiasso e di confusione e sospirò: di notte era ancora così bella, così orgogliosa di ciò che aveva. Ma ancora per quanto? Se le sue ali, in quell’atmosfera avvelenata, si erano così deteriorate, come poteva la Terra uscirne indenne?

Di nuovo i fari di un’automobile fendettero ed aspirarono il buio, ma questa volta Sospiro non vi fece caso: era triste, immalinconito e con un peso sul cuore che pesava più di lui tutto intero e le lacrime seguitavano a rotolargli sul visetto paffuto, eternamente di bimbo.

Ricordò le tante vecchine che, un tempo, aveva salvato, accarezzato, consolato; ricordò lo stupore innocente dei bimbi che aveva cullato, scacciando i sogni più neri, ricordò …

Ma dove erano “le vecchine” di una volta? La vecchiaia pareva non esistere più … bandita per sempre dai “miracoli” chirurgici od altre strambe diavolerie: tutti bloccati ad un’età indefinita, “senza tempo”, senza più passato e con un presente ed un futuro miseramente artefatti. Ed i bambini? Ancora peggio … L’ultimo che aveva visitato – pareva così smunto, debole ed indifeso … – l’aveva preso per un “olo…” “olo …” – com’era quella parola difficilissima? – Ah … ecco “un ologramma”. Cosa poi voglia significare in realtà non lo so neppure ora, ma certamente nulla di buono. La realtà “virtuale” ha ormai sorpassato quella vera e di autentico pare esserci rimasto soltanto il dolore.

Sospiro si rincantucciò nel capiente cespuglio che si era scelto e fu colto da un brivido, anche se gli angeli non avrebbero dovuto avvertire il freddo: ripiegate le ali sul corpicino – a proteggerlo, più che dalla neve che aveva preso a cadere, da quel gelo interno che gli mozzava il respiro -, lasciò che le lacrime si congelassero sul suo volto.

Mentre era ormai prossimo a cadere in quel benefico torpore che l’avrebbe condotto alle soglie del cielo, dietro di lui percepì un fruscio e vide il cespuglio scuotersi debolmente: bianco come la neve e lo sguardo luminoso ed innocente, ne scaturì un cagnolino che, non appena vide l’angelo rannicchiato e mesto dinanzi a lui, nel suo linguaggio canino gli sorrise.

Quella codina minuscola che si agitava era ricolma di significati: l’aveva veduto – pensò Sospiro -, l’aveva riconosciuto e gli dimostrava una gioia vera, sincera, senza richiesta alcuna se non quella di accettarlo – volerlo – come un amico, per sempre.

Abramo aveva chiesto al Signore Iddio se avrebbe arrestato la sua ira per un solo uomo giusto: poteva lui – angelo minore – rivedere la sua posizione a motivo di un buffo cagnolino bianco che chiedeva il suo amore?