Racconto di Anna Vascella

(Prima pubblicazione – 15 giugno 2020)

 

In una magnifica casa di fronte al mare, dove le onde si infrangevano delicate lungo la costa, abitava Camelia e sua nonna Violetta. Era una casa con una grande quercia secolare e un piccolo giardino, dove in inverno i fiori non si scolorivano e le rose non perdevano il loro profumo che si spandeva in tutto il villaggio, riempiendo i cuori di gioia a tutti: era prospero e fiorente.

Durante l’inverno, Camelia sedeva accanto al camino, ascoltando le storie che la nonna le raccontava, mentre fuori tutto era gelido: dal mare, ai fiori con la brina.

Un giovane ragazzo attraversò il ponte di legno rimanendo incantato una volta giunto davanti la casa. Tutto infreddolito, bussò al portone picchiando il batacchio. Attese qualche secondo e Camelia gli aprì.

«Buongiorno» la salutò, «il mio nome è Giacomo, sono caduto in una pozzanghera di fango e neve. La mia casa è lontana da qui, potreste indicarmi qualche locanda per poter passare la notte e asciugare il vestito?» chiese lui.

Nel vederlo le suscitò tanta tenerezza, che gli offrì la sua ospitalità. Lo invitò ad accomodarsi vicino al camino della cucina affinché si scaldasse, mentre la nonna stava preparando un buon brodo caldo di verdure e pollo. Aveva il vestito sporco e rotto, gli disse che ci avrebbe pensato lei a dargliene uno pulito e nuovo.

«Grazie!» disse il ragazzo dai grandi occhi neri.

Mentre Camelia era indaffarata a trovare il vestito nell’armadio dei suoi genitori, lui si guardava intorno.

«Prendi sono tuoi!» disse lei dolcemente, quando arrivò in cucina con in mano un paio di pantaloni, un maglione di lana e delle scarpe.

«Grazie della tua bontà!» rispose lui afferrando i vestiti.

«Appartenevano al mio papà, che ora non c’è più» disse Camelia con gli occhi lucidi, «è stato ucciso insieme alla mia mamma, da un ladro che gli ha portato via tutto il ricavato della vendita dei fiori. Tutti i giorni andavano al mercato a vendere i fiori che io coltivo» aggiunse con malinconia Camelia.

«Mi dispiace!» riuscì a dire lui con un filo di voce, «vedo che il tuo giardino è sempre fiorito, anche se siamo a dicembre» si complimentò lui.

«Perché io amo coltivarlo» rispose lei.

Lo accompagnò in bagno, per potersi lavare e cambiarsi il vestito. Dalla finestra riusciva a vedere la vecchia quercia, che coi rami toccava la casa e le radici nodose avevano sollevato il pavimento del vecchio granaio, dove il vento ululava sempre, entrava e usciva perché le finestre e la porta erano sgangherate. Alcuni minuti più tardi, Giacomo si mise al lavoro cercando di sistemarle, lavorando tutto il giorno, per ripagare la loro grande ospitalità. Si vedeva la mano dell’uomo ben precisa per certi lavori.

In quella casa si sentiva la tristezza per la mancanza dei genitori. Anche se Camelia e la nonna sorridevano sempre, le mura sembravano che parlassero consigliando di non essere tristi, perché loro erano insieme in un bellissimo posto proprio come lo erano sulla terra.

La mattina seguente, Camelia era pronta per andare a vendere al mercato i suoi bellissimi fiori. Avvolta nel suo cappotto di lana color malva, il berrettino in testa dello stesso colore, camminava lentamente lungo il sentiero che costeggiava il mare, che in inverno era sempre in burrasca. Mentre i suoi piedi affondavano dentro la neve fresca caduta tutta la notte, lasciando le sue tracce. Nella piazza dove si svolgeva il mercato, lei prese il suo posto che le era stato assegnato. Sistemò sulla piccola bancarella tutti i fiori che era riuscita a raccogliere e, attese che qualcuno glieli comprasse. Era quasi Natale, mancavano pochi giorni, pensò che regalare delle composizioni di fiori in quel periodo era un bel regalo. Mentre attendeva speranzosa come sempre, le venne in mente Giacomo, che era andato via. Più tardi riuscì a vendere tutti i fiori, così tornò a casa gioiosa.

L’inverno era passato lento e, finalmente la bella stagione era arrivata.

Il calore di maggio inondava piacevolmente tutti i prati e i giardini e il sole brillava sulla distesa campagna e sul mare.

Camelia portava tutti i giorni sulla lapide dei genitori dei fiori freschi.

Una mattina, trovò un bel mazzo di ciclamini colorati, che non erano suoi. Si girò guardandosi intorno se riusciva a vedere qualcuno, ma c’erano solo poche signore anziane che pulivano i loculi.

“Sarà stata la nonna” pensò lei sistemando bene il mazzo.

Quando ritornò a casa, trovò Giacomo in jeans e la sua camicia era già sudata, che stava liberando dai rami della quercia la casa. Camelia fu contenta di vederlo.

«Ti è piaciuto il mazzo di fiori che hai trovato al cimitero?» domandò lui, che si fermò un momento per ravvivare i capelli.

«Sei stato tu?» chiese lei entrando dal cancello.

Giacomo abbassò lo sguardo e disse di si.

«Grazie!» rispose lei emozionata e una lacrima spuntò dagli occhi nocciola.

Giacomo mise la mano dentro la tasca del pantalone e tirò fuori una busta bianca. Sollevò la mano destra che la reggeva e gliela porse.

«Questa è per te. Aprila!» disse.

Camelia ebbe un attimo di esitazione, non riusciva a capire quel gesto. Lentamente afferrò la busta e la osservò. Poi, con la punta delle dita, sollevò la linguetta e l’aprì. Con grande stupore vide un po’ di soldi.

Lui riprese a lavorare.

«Puoi essere più preciso?».

«Sono i soldi che mio padre rubò a tuo padre. Io sono il figlio del ladro e assassino dei tuoi genitori. Lui si ammalò gravemente ed è morto nella sua cella, mentre stava scontando la sua pena».

Camelia rimase in silenzio e sulle labbra affiorò un sorriso e disse:

«Hai un cuore d’oro».

«E’ il minimo che io possa fare. Non sono in grado di portare in vita i tuoi genitori, ma ripagare al danno economico, questo si. Aggiusterò anche il pavimento del vecchio granaio» specificò lui, sollevato per la sua buona azione.

Camelia lo ringraziò con un lieve bacio sulla guancia.

La casa sembrava che avesse ritrovato la serenità sparita da tempo.