Racconto di Domenico Mancusi

(Terza pubblicazione)

 

La ragazza lì dentro era a suo agio, sembrava sguazzasse nel suo elemento naturale. Articolava belle frasi con disinvoltura, replicava colpo su colpo agli attacchi di una comitiva di giovani amici che, con battutine e provocazioni, cercavano di arginarne il carisma. Era sempre lei a spuntarla, riduceva tutti al silenzio con frasi a effetto. Aveva fatto suo il motto: agisci come una signora, pensa come un capo. Appariva chiaro che il vecchio bistrot rappresentava per lei un luogo speciale, tanto esclusivo da renderla invincibile.

All’altro capo del locale l’uomo sfogliava un vecchio quaderno di quelli con la copertina nera; sui tre lati dello spessore il quadernetto esponeva un’evocativa tonalità di rosso, e le sottili righe verticali che delimitavano i margini delle pagine avevano gradazione viola, come si usava una volta. Lo poteva tenere in tasca senza che si sciupasse: amava portarlo con sé.

Non gli mancava neppure l’intestazione, al libricino di quinta elementare. All’interno di una forma ellittica, di colore bianco che interrompeva il nero della prima di copertina, su tre righe, campeggiava l’intestazione che aveva dato luogo alla compilazione del quaderno: ricette antiche della Lucania.

Vi era, al lembo inferiore della copertina, finanche la classica orecchia: una piegatura, quest’ultima, per la quale si prendevano solenni sgridate dalla maestra. Anche l’uomo che leggeva il quaderno amava il locale per gli arredi in legno massiccio e le penombre che un poco lo nascondevano alla vista degli altri avventori.

L’uomo, mentre lanciava fugaci e ripetute occhiate alla ragazza di fronte, sorrise al pensiero della donna che, tanto tempo prima, si era colmata di pazienza per mettere nero su bianco tanta conoscenza: all’interno, scritte a mano, in stile sobrio, diverse ricette antiche della cucina della terra lontana della madre, tanto semplici da corrispondere in tutto e per tutto allo stile minimale del libretto, che, per forza, le doveva sottrarre alla dimenticanza. Sorrise ancora più, l’uomo, al pensiero che chi aveva scritto il quaderno potesse essere stata oggetto di rimproveri per la piegatura della copertina: non era da lei, ma pensò che in fondo fosse stata pur sempre una bambina quando il padre o la madre le imposero di riportare su quella antesignana guida gastronomica il sapere dei sapori antichi della famiglia.

La ragazza -la splendida ragazza di fronte- aveva passo morbido, ma avanzò con piglio deciso. Ne ebbe abbastanza di essere fissata. L’ incedere determinato, per giunta, accresceva il suo potere attrattivo. Andò incontro all’uomo, anche lui giovane, sebbene avesse almeno una decina d’anni in più di lei.

Disse: «Guardi ormai l’ho notato! Lei, anche se di nascosto, mi osserva con insistenza ogni volta che ci incontriamo in questo bistrot. Non sarebbe ora di smetterla?». Si rese conto subito di essere andata giù dura… e alleggerì il carico: «Sono certa, tuttavia, che lei non è persona da provarci con le ragazze. Mi mette però a disagio. Mi domando allora se c’è un motivo particolare a spingerla a fissarmi!».

L’uomo emise un mezzo sorriso. Forse anche meno. Era stato colto in fallo anche se, a sua volta, aveva messo in luce una labilità della disinvolta ragazza, ma forse era quello che cercava. Abbassò gli occhi: non riusciva a sostenere lo sguardo fermo della giovane. Poi con lentezza richiuse il vecchio quaderno, infilò una mano nell’interno della giacca, sfilò il portafogli, lo aprì, estrasse una vecchia foto e la tese alla ragazza senza formulare una sola parola.

La ragazza prese la foto e la guardò. Subito dopo i lineamenti del suo volto, un attimo prima carichi di veemenza, si distesero: il disagio si era impadronito di lei. Dopo alcuni secondi di smarrimento, abbassò gli occhi verso l’uomo e disse: «Chi è?».

«Chi era… andrebbe meglio.»

La ragazza sostituì l’imbarazzo con un’espressione di quasi dolcezza, ma non riuscì a replicare.

L’uomo, allora: «Era mia madre… Trova anche lei che le somigli molto o è solo una mia fissazione?».

Intanto gli amici della ragazza, a una decina di metri di distanza dov’era il bancone del bar, cominciarono a rivolgere l’attenzione verso i due, dalle loro espressioni si capiva che commentavano qualcosa a riguardo.

La giovane restituì la foto all’uomo dopodiché fu lei a fissarlo per alcuni interminabili secondi. Poi fece un impercettibile cenno di assenso con la testa, girò i tacchi e cominciò ad allontanarsi.

Ma l’uomo trovò il coraggio di dirle: «Mi scusi se l’ho messa a disagio… davvero non era mia intenzione. Cercherò -ove la incontrassi- di ignorarla. E se lei mi sorprendesse a guardarla… la prego, faccia finta di niente, mi alzerò e me ne andrò».

«Non è necessario… davvero non è necessario, mi creda. Semmai dovremmo rivederci… mi offra qualcosa da bere e poi… mi dica di sua madre.»

-°-

https://www.ibs.it/racconti-di-vita-quasi-vissuta-ebook-domenico-mancusi/e/9788859150404