Racconto di Vanni Gianluigi Bettega

(Terza pubblicazione – 11 febbraio 2019)

 

La nostra famiglia abitava in un caseggiato prospicente il lago che, per la sua forma allungata viene chiamata la filanda. Filanda , probabilmente ,non è mai stata: sul muro volto a sud campeggiano i resti di una antica scritta che recita “VIVANDIERA CON ALOGIO”. Probabilmente fu usata  come albergo molto economico ai tempi della lingera, quando si stava costruendo la ferrovia, circa centocinquanta anni orsono. Oggi viene utilizzata per qualche mostra ma, quand’ero piccino non si presentava come si presenta oggidì.

A fianco degli orti ancora non c’erano i ripostigli, a nord c’era il pollaio che occupava anche il sottoscala e a sud, alle spalle della scala che scendeva in cantina, il gabinetto. All’interno un asse col foro tondo in mezzo faceva da sedile per gli adulti, noi si facevano i bisogni per terra poi, ogni tanto, la nonna puliva con uno scopino e poca acqua perché l’acqua in casa non c’era e la si andava a prendere alla fontana coi secchi. Al primo piano, dove abitavamo noi il bagno era oltre l’ultima stanza, a cavallo della strettoia che divideva la filanda dal vicino caseggiato e sul cui fondo scorreva un ruscelletto che sarebbe poi sfociato nel lago.

A pianterreno abitavano i nonni con tutta la prole, al primo piano noi, la nonna Teresa, zia Maria con la figlia Resy, al secondo piano c’era il Mando, un clochard che mamma non voleva che lo andassi a trovare per il rischio di prendersi i pidocchi e all’ultimo piano la signora Anna, dai ricciolini bianchi che ogni tanto scendeva a trovare la nonna e, davanti al camino, raccontando dei bei tempi andati, toglieva di tasca una scatoletta di magnesia San Pellegrino e ne asportava un pizzico di tabacco da fiuto, che offriva anche alla nonna. Il bel discorso si trasformava così in una serie di starnuti, alla fine della quale le due donne avevano perso completamente il filo del discorso che stavano facendo! Io comunque da Mando ci passavo spesso. Morì durante l’epidemia di asiatica, sulla lapide della sua tomba ci sta scritto solo la data di morte, nessuno sapeva né dove né quando fosse nato!

 

LA MELA DI MANDO

Mando era vecchio,

Mando era vecchio e solo.

Mando era vecchio, povero e solo .

Mando viveva di carità

E un giorno

Vide noi bimbi

Che giocavam d’intorno:

ci regalò una mela.

Mando viveva coi topi,

viveva coi pidocchi e i scarafaggi,

la mela era piccina,

piccina , gialla e un po’ avvizzita.

Pensai per lui un gran regalo, gli altri ,

girato l’angolo ,

schifati,

buttarono il regalo.

Io ringraziai e mi mangiai la mela.